Venezia: il Rapporto dell’industria cinematografica suona l’allarme

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Al Festival di Arte Cinematografica di Venezia ha vinto il Leone d’Oro il film ‘Pietà’ del regista coreano Kim Ki-duk, mentre ancora nessun film italiano è entrato nel palmares; al film ‘The Master’ di Paul Thomas Anderson è andato il Leone d’Argento) ed il regista del film ‘Paradise: Faith’, Ulrich Seidl, si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria. E la giuria del SIGNIS (Associazione Cattolica Mondiale della Comunicazione) ha assegnato il premio della 69° edizione della Mostra di Venezia, attraverso le mani del Patriarca di Venezia, a ‘To the Wonder’ del regista Terrence Malick: “La ricca messa in scena, la regia solida e l’uso della luce uniti agli elementi del divino e dell’umano del racconto creano un’atmosfera sacramentale che rivela il dono di Dio come amore incondizionato”; e ‘La lanterna magica’, è stata assegnata dai Circoli Socioculturali giovanili, associazione culturale salesiana, al film a ‘L’intervallo’ dell’esordiente regista italiano Leonardo di Costanzo: “per la capacità di raccontare l’adolescenza prigioniera di situazioni sociali ed ambientali difficili, soprattutto nel confronto con il mondo degli adulti che sembra essere responsabile di gabbie e carceri non solo materiali”.

 

 

Anche da Venezia è arrivato un campanello d’allarme per il cinema italiano che ancora non riesce a vedere la luce della crisi, come è dimostrato dal rapporto sull’andamento della scorsa stagione, in cui sono stati prodotti 155 film, uno dei traguardi più elevati degli ultimi 30 anni, seconda solo al record degli anni ’60, di cui i film al 100% nazionali sono stati 132; a questo dato si è aggiunto anche un record assoluto di investimenti privati italiani nella storia del nostro cinema: 333.000.000 di euro nel 2011, l‘88,8% delle risorse totali; mentre continua a calare il sostegno del Fus (fondo unico dello spettacolo) alla produzione, comprensiva degli stanziamenti comunitari del programma Eurimages: oggi toccano appena il 7,1%. Sale anche il numero degli occupati: rispetto al 2007 il progresso registrato nelle attività cinematografiche è pari addirittura a 12.232 occupati (+16,8%) e rappresenta oltre la metà (53,5%) dei posti di lavoro in più accumulati (22.840) nello stesso arco temporale da tutto il settore dello spettacolo. L’analisi si snoda attraverso sette capitoli dedicati alle diverse anime del cinema italiano: la mappa delle aziende e la composizione societaria, la comunità professionale alle prese con un mercato flessibile e frammentario, i business futuri legati alla digitalizzazione delle sale, il ruolo sempre più marginale del contributo pubblico e i tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo.

Nell’introduzione del rapporto il presidente della Fondazione dell’Ente dello Spettacolo, mons. Dario Edoardo Viganò, ha spiegato: “Se il 2010 aveva visto il cinema italiano tornare al successo al botteghino, nel 2011 il comparto ha cercato, sulla spinta della crescita, di risolvere gli annosi problemi legati al finanziamento delle produzioni, alla lentezza del processo di digitalizzazione, alla chiusura delle sale dei centri storici, strozzate dall’impossibilità di essere riconvertite in multisale. Così anche se gli esiti al box office sono stati meno eclatanti, il cinema italiano, con la produzione di 155 opere, è tornato ai livelli degli anni Sessanta, confermando l’impressione di una conquista di importanti quote di mercato”.

Comunque nessuno parla di superamento della crisi cinematografica, perché se per il box office cinematografico il 2011 è finito male, il 2012 è incominciato peggio, con un crollo del 45% per la settimana che separa gli incassi del primo dal secondo weekend di gennaio: erano stati 16.456.000 gli euro raccolti nei giorni tra il 6 e l’8 gennaio, scesi nel fine settimana successivo a 9.180.000, secondo i dati Cinetel. Quindi il 2011 ha chiuso con 73.657.501 euro in meno rispetto al 2010. Una voragine più larga di 30 milioni di euro rispetto alle stime di Cinetel.

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