Siria: invito alla pace

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La Siria è ormai alla guerra civile: gli sfollati interni sono circa 1.500.000 e le persone fuggite nel Libano sono oltre 47.000; in Giordania se ne contano 36.000, ma altre decine di migliaia sarebbero presenti; in Turchia il numero di rifugiati siriani registrati è di oltre 44.000. Alcune fonti missionarie hanno riferito: “Da almeno 15 giorni il flusso degli sfollati provenienti dai villaggi attorno alla città è aumentato con immediate conseguenze sul piano umanitario”. Gli sforzi condotti da gesuiti e società civile risultano orami insufficienti per rispondere all’emergenza. Un testimone importante, quale padre Paolo Dall’Oglio, gesuita fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa, che ha lavorato per anni a favore del dialogo islamo-cristiano e per l’armonia tra le comunità in Siria, ha tenuto un incontro all’Auditorium San Fedele dei Gesuiti milanesi, ha ribadito che: “Non è certo un nazionalismo gretto e bigotto ciò di cui ha bisogno la Siria di domani,  ma di una grande civiltà in cui c’è posto per tanti, con una Costituzione pluralista, e in cui le differenze religiose sono una ricchezza”.

 

 

Insieme al gesuita espulso dalla Siria, perché indesiderato, hanno portato la propria testimonianza  la scrittrice Rasha Omran, di Tartus, appartenente alla minoranza islamica alauita (la stessa degli Assad), Aboulkheir Breigheche, presidente della Comunità islamica del Trentino Alto Adige ed esponente dei Fratelli musulmani (sunniti), e George Sabra, cristiano, portavoce del Consiglio nazionale siriano, concordi nel rifiutare alcuni capisaldi della propaganda del regime, per cui il movimento popolare per la libertà sarebbe frutto di un complotto straniero e non una sollevazione di popolo: “Negli ultimi mesi il regime ha mostrato il peggio di sé, annienta i diritti dell’individuo, semina corruzione, paura e disinformazione… Dopo l’attentato di oggi ci vuole un cambiamento, un nuovo inizio dove la democrazia prenda piede. In questo senso i paesi stranieri devono intervenire, finora a parte la vicinanza affettiva non hanno fatto nulla di concreto”.

Nel corso della serata padre Dall’Oglio ha ripetuto che il mondo deve aiutare la Siria: “Sulla base delle notizie drammatiche che giungono da Damasco, è necessario che si operi immediatamente per ottenere un accordo russo e cinese a un impegno preciso dell’Onu per un cessate il fuoco effettivo sul terreno, con particolare riguardo alla capitale Damasco e alla zona tra l’Oronte e la costa (il territorio a maggioranza alauita). E’ necessario ottenere l’accordo israeliano e quello iraniano alla mutazione democratica siriana. Si decida subito che i siriani hanno diritto a una mutazione democratica non sanguinosa. Ne va degli interessi economici, politici e morali di tutti i partner regionali. Se la guerra, che è guerra di liberazione e guerra civile nello stesso tempo, dovesse prolungarsi ancora, la società internazionale si macchierebbe di un nuovo orrendo crimine contro l’umanità. Si arrivi dunque subito, stasera stessa, nella riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a decidere per un invio dei caschi blu sul territorio siriano. La soluzione che si è avuta in Libia non è adatta al tessuto sociale e confessionale siriano. Non è immaginabile una soluzione senza presenza dei caschi blu, sulla base di un accordo di fondo nel quale il primo principio è l’autodeterminazione consensuale del popolo siriano, garantita dalla buona volontà della comunità internazionale”.

Poi  padre Paolo Dall’Oglio ha raccontato la realtà siriana: “Sono sconvolto. Pensavo che Assad traghettasse la Siria verso le libertà che sono riusciti a prendersi gli altri paesi della primavera araba. Invece è andato tutto sempre peggio, fino ad arrivare alla tortura, alla menzogna, alle violenze che sta perpetrando oggi il regime, altro che complotto straniero… ho visto un padre di famiglia che aveva già perso due figli, nella martoriata Homs (città martire che conta 7000 morti dopo 35 giorni di bombardamenti), che nel seppellire 15 compaesani esortava i loro famigliari a non cedere all’odio, ho saputo di una coppia di operai che conoscevo uccisi di ritorno dal lavoro , con una fucilata in faccia da soldati dell’esercito regolare. Ancora, un ragazzo ucciso poco dopo essere tornato dagli Stati uniti per la sua Siria, giovani arrestati davanti a Chiese le cui porte non si sono aperte, che sono stati poi torturati, e non si sa più nulla di loro”.

Infine ha tracciato un possibile scenario per superare la guerra civile e il ruolo dei cristiani: “Per prima cosa bisogna dire che dopo 40 anni di regime non si può evitare questa guerra senza dare i diritti a tutti i segmenti della società siriana e senza tener conto delle preoccupazioni delle minoranze, in particolare la minoranza sciita, rispettando i curdi e le altre religioni. Solo così la Siria può arrivare alla libertà e alla democrazia, al punto di essere federalista e coesa per arrivare a una democrazia matura… I cristiani avrebbero dovuto fare di più. Dovevano essere il ponte di comunicazione e servire la riconciliazione nazionale, ma questo purtroppo non è avvenuto, o per meglio dire, non è stato fatto abbastanza . Mi appello ai cristiani in ogni luogo in Siria e fuori della Siria affinché svolgano un ruolo più attivo nel dialogo siriano- siriano. Noi abbiamo provato a organizzare un incontro a Ginevra, a Parigi e ora anche a Roma. Non è facile, ma non demorderemo”.

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