Una volta c’era la (s)comunicazione. Perso di vista la storia della Chiesa, oggi c’è la narrazione, ridotta al “qui e ora”
«DAMMI UN #DICASTERO. Comunque, la vera notizia sulla riforma dei #MediaVaticani è la quantità di ‘fuoco amico’ che sono stati capaci di attirare – e ancora attireranno – tutti coloro che si sono avvicendati alla guida dei vari settori (ieri, oggi e domani). Ma secondo voi, alla gente che è fuori della #bolla, quanto gliene può importare di caselle da riempire, organigrammi e strategie? Il #fuocoamico è soltanto un grande #fallimento, peraltro #fratricida» (Giovanni Tridente).
«Tutti gli uomini del Presidente (in Vaticano). Mattarella va a Messa a Santa Marta per incontrare Papa Francesco e rendere plastico il loro legame. Tra Vaticano e Quirinale c’è uno scambio costante di informazioni, grazie ai “mattarelliani” Paolo Ruffini, Andrea Monda e Francesco Saverio Garofani. La foto diramata da Vatican News li ritrae mentre si stringono la mano soli e sorridenti: brevissimo l’incontro tra Papa Francesco e Sergio Mattarella a Santa Marta (residenza privata del Pontefice) dove il presidente della Repubblica si è recato “in forma privata” per partecipare alla messa quotidiana celebrata da Bergoglio (a proposito: un incontro nella residenza privata del Santo Padre sarebbe il sogno, secondo quanto confidato ad alcuni amici, di Matteo Salvini. Certamente un momento intimo e religioso per il cattolicissimo Mattarella, che come prima richiesta da presidente della Repubblica ha voluto far arrivare al Quirinale un proprio personale inginocchiatoio per la preghiera. Ma anche un modo per rendere plastico ed evidente il legame che stringe Vaticano e Quirinale, con lo scambio costante di informazioni che arriva soprattutto grazie a due “mattarelliani” Doc come Paolo Ruffini e Andrea Monda piazzati dal Papa rispettivamente alla prefettura della comunicazione [Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, V.v.B.] e alla direzione dell’Osservatore Romano, quotidiano ufficiale della Santa Sede. Inoltre, il consigliere più ascoltato da Sergio Mattarella è Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare da anni amico di Ruffini e Monda. I canali informativi, insomma, sono sempre aperti in entrambe le direzioni. Ma una foto insieme da diramare alla stampa serve in questo delicatissimo momento. Perché delicatissimo? Perché alla Segreteria di Stato il dossier Italia si sta arricchendo di nuove e preoccupanti pagine, in mano al sostituto di Parolin, il venezuelano Pena Parra» (Marco Antonellis – Dagospia, 7 aprile 2019).
«Paolo Ruffini (Palermo, 4 ottobre 1956) è un giornalista e dirigente pubblico italiano. Figlio del politico Attilio Ruffini e nipote del Cardinale Ernesto Ruffini e del politico Enrico La Loggia, ha occupato importanti ruoli prima nei quotidiani Il Mattino e Il Messaggero, nella Rai e in seguito direttore di TV2000. Dal 5 luglio 2018 è Prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede» (Wikipedia).
«A volte ci vuole tempo per essere capiti» (Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, 22 ottobre 2019).
È già da un po’ che il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede [1] in carica si è seduto sulla poltrona che fu del primo Prefetto, Monsignor Dario Edoardo Viganò (dimissionato, visto che come bianchettatore aveva fatto un po’ pena), quindi ci ha dato del tempo per capirlo. Già l’anno scorso nostra attenzione era stata attirata da alcune sue esternazioni e ne vogliamo riportiamo due alla memoria, a titolo di esempio.
Il primo esempio
Nel Briefing tenuto al Centro Stampa Atlapa di Panama, assieme alla Direttrice nazionale dei Carceri minorili panamensi, Emma Alba de Tejada e all’Organizzatore locale degli eventi, Edoardo Soto, Paolo Ruffini ha spiegato ai giornalisti il significato della visita di Papa Francesco al Centro de Cumplimiento de Menores Las Garzas di Pacora a Panama, il 25 gennaio 2019: «Una chiave di lettura ai giornalisti e a tutti coloro che stanno cercando di seguire la GMG in tutto il mondo».
Una chiave di lettura, ha spiegato Ruffini, offerta «da un punto di vista diverso dagli altri, che può apparire piccolo per il luogo, poche persone, ma molto significativo perché ci spiega di questo viaggio e della GMG qualcosa di più che ha a che fare con il magistero del Papa in generale e cioè il farsi prossimo guardando negli occhi persone, ragazzi in questo caso, che hanno infranto la legge ma che possono ancora avere una possibilità di riscatto».
Il Prefetto Ruffini (molto commosso nell’essere stato presente all’abbraccio del Papa con i ragazzi del Carcere minorile Las Garzas) non ha perso l’occasione per lanciare una freccia versi i giornalisti, che «nel raccontare la realtà», siano abituati «a pensare che una cosa sia finita, che non ci sia un processo, a dare delle “etichette”, come ha detto il Papa in un altro discorso di questi giorni». E invece, ha sottolineato Ruffini, «dall’incontro con le persone può venire una possibilità di riscatto e questo è quello che il Papa sta cercando di dirci con tutto il suo magistero». Il discorso di Papa Francesco – ha evidenziato – è finito dicendo: «Aprite le finestre e guardate l’orizzonte». Un invito che per Ruffini si estende anche agli operatori della comunicazione: «Aprire le finestre e avere uno sguardo lontano, uno sguardo che tiene insieme l’unità delle cose, che non le separa l’una dall’altro». Così, ha concluso, «ci si approssima alla verità e al racconto completo della realtà, tenendo le cose insieme».
In sostanza Rufini ha detto ai giornalisti, che sono alquanto limitati e obiettivamente incapaci di «aprire le finestre e guardare l’orizzonte», che non comprendono cosa precisamente significhi questa frase poetica, perché nella loro ottusità cercano l’analisi che separa e non la sintesi dell’immagine che unifica. Cioè, Rufini fa capire che è lo sguardo che tiene insieme le cose, mica che le cose sono oggettivamente unite nel reale. Lui sì è capace di andare oltre il lirismo jovanottiano. La totalità. Il processo. Solo così si può capire e ammirare l’illuminata azione pastorale del Santo Padre. Questo è inutile esplicitarlo. È il bellissimo messaggio sottinteso di questa garbata e lucida predica.
Per i comuni mortali, c’è il racconto della realtà ed esiste la verità, ed entrambi hanno un loro significato. Per cui il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede ci direbbe, che il racconto della realtà e la verità camminano insieme in una approssimazione continua, un processo che inizia in un gesto e dagli esiti non conoscibili. A nessuno vaticanista, ascoltando questa impostazione è venuta una domanda? Non è quindi più la realtà che si evidenzia e viene giudicata dalla verità dei fatti, cioè da essa scaturisce, ma è la narrazione che si approssima alla verità, restandone comunque monca. Con questo il Prefetto Ruffini al Maestro Jovanotti si fa un baffo: è la narrazione che fa vedere la realtà, la vera verità, l’insieme oltre l’orizzonte.
«La predica di Paolo Ruffini, con una neolingua che dovrebbe imbarazzare innanzitutto lui stesso, è diretta a spostare il piano della considerazione delle parole e delle azioni di Papa Francesco da un piano logico critico ad un piano mitologico-magico, in cui il magistero del Papa è fatto di incontri personali, di volti e di gesti inattingibili da qualsiasi valutazione critica. Papa Francesco è superiore e voi giornalisti non siete alla sua altezza. A meno ovviamente che non lo celebriate. Questa è la sostanza della predica di Ruffini. Che, inevitabilmente, non si può sviluppare con fatti ed argomentazioni razionali, ma con immagini mitico-poetiche che ricordano un po’ Hegel (processi, totalità) ed un po’ Jovanotti (finestre, orizzonti)» (Antonio Caragliu).
Tutto sta nella narrazione (nella “neolingua” della Santa Sede, inaugurata dall’insuperabile predecessore del Dottor Paolo Ruffini, l’indimenticabile Monsignor Dario Edoardo Viganò, fan di Walt Disney… sempre al cinema siamo), che spazza via come in un diluvio universale qualsiasi pensiero critico. Giovanotti è un precursore che ha portato il pensiero hegheliano in orbita intergalattica – quindi, Santo Subito:
«Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa | che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa | passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano | arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano» (Penso positivo).
Tutte le analisi storiche e sociologiche di una certa serietà e consistenza, di questi ultimi anni, denunciano criticamente la metodica della narrazione e questi ci sguazzano dentro “come fosse antani” [2], il sole radioso dell’avvento.
Il secondo esempio
Una riflessione di Paolo Ruffini ci è giunto dopo il dialogo svoltosi il 21 ottobre 2019, a Roma, dal titolo “Dalle Social Network Communities alla Comunità Umana”. Illustri personaggi del mondo della comunicazione della Chiesa si erano confrontati sui temi della 53esima giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. L’agenzia SIR della Conferenza Episcopale Italiana aveva colto questa occasione per riflettere sulla comunicazione di San Francesco, grazie alle parole di Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e di Monsignor Marco Frisina, Direttore del Coro della Diocesi di Roma, illustre compositore che proprio quel giorno aveva ricevuto il Premio Paoline Comunicazione e Cultura 2019: «Due uomini di comunicazione, provenienti da settori differenti. Biografie e percorsi che seppur distanti, sono sfociati nell’importante missione della comunicazione», scrisse SIR, introducendo una loro breve dichiarazione sul tema San Francesco e la comunicazione.
Questo è la dichiarazione del Prefetto Ruffini, diffuso da SIR: «San Francesco è stato sicuramente un grande comunicatore nel suo tempo e rimane tale anche oggi. Perché intanto ha saputo capovolgere i paradigmi del suo tempo, ha saputo restituire l’unità al Creato, ha saputo creare una relazione. San Francesco ha saputo creare una comunità, ha saputo creare qualcosa che rimanesse nel tempo, grazie alla forza del messaggio che comunicava. Messaggio che trova la sua linfa, la sua origine nel messaggio evangelico, nell’essenza di quello che Gesù ci ha insegnato, che è sentirci parte gl’uni degli altri – come dice oggi Papa Francesco – che è sentirsi comunità umana, sentirci noi, creature di Dio, di tutto il Creato e dunque deve essere presente in noi il dovere e responsabilità di rispettarlo, e quindi di amare il mondo che ci ha consegnato, per tramandarlo ai nostri figli e farlo un po’ migliore. Comunicare significa soprattutto testimoniare con la propria vita, perché solo nella verità di una relazione e di un incontro c’è la migliore comunicazione. Questa può essere una delle lezioni più belle che San Francesco ci ha lasciato».
Anche per quest’anno 2020 l’agenzia SIR – fonte importantissima di informazione religiosa, ecclesiale ed ecclesiastica – ci informa che la 54esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali chiuderà la 15esima Settimana della comunicazione organizzata da Paolini e Paoline, che è partita il 4 maggio ed è entrata nel vivo lo scorso 17 maggio.
Il programma della Settimana della comunicazione e del Festival della Comunicazione, che ne rappresenta il focus all’interno di una diocesi italiana, ha visto e vedrà ancora fino a domenica prossima una serie di incontri animati da protagonisti del mondo della comunicazione, che commentano dal proprio punto di osservazione o ambito di competenza le molte sfaccettature del messaggio del Papa, che quest’anno ha come tema la narrazione: “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria (Es 10,2). La vita si fa storia”.
Così apprendiamo che il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede il 24 maggio proporrà un momento di riflessione sul messaggio di Papa Francesco. L’evento congiunto tra Società San Paolo e Figlie di San Paolo, nonostante le difficoltà derivanti dall’emergenza sanitaria, si svolgerà in versione esclusivamente digitale e verrà trasmesso sul profilo Facebook della “Settimana della Comunicazione”.
Paolo Rufini afferma: «Narrare significa fare esperienza. Senza ricondurre l’esperienza all’unità, però, non c’è sapienza e nemmeno conoscenza e tutto si riduce a una mera elencazione di fatti. Questo porta a una comunicazione senza senso e senza condivisione che finisce col divorare se stessa».
Ecco, tutto si riduce a una mera incapacità comunicativa e di gestione. Invece di guardare la pagliuzza nell’occhio altrui, bisogna guardare la trave nel proprio occhio. Praticamente, parlando di «comunicazione senza senso» parla di sé stesso, parla del proprio operato, perché di fatto sta divorando la comunicazione istituzionale della Santa Sede. Dovrebbe spiegare a tutto il mondo cosa sta facendo. Quale è suo scopo comunicativo? Perché, da quando è arrivato, come un “pacco raccomandato” – “raccomandato” in quanto nipote di cardinale e “pacco” come il peggiore affare fatto alle pendici del Vesuvio – la comunicazione istituzionale della Santa Sede di fatto si è vista sprofondare sempre di più nell’abisso, come mai visto prima in questo modo in tutta la sua storia. Non è stata vista mai ad essere divorata in questo modo da chi la gestisce. Qual’è lo scopo comunicativo di tale “precedente laico”, con il quale verranno fatti tutti i paragoni (negativi) dei futuri prefetti laici? Perché, fino a prova contraria, la comunicazione istituzionale della Santa Sede gestita da un laico è stata così negativa mai. E se finora nessun laico l’aveva gestita, forse un motivo c’era.
La comunicazione istituzionale della Santa Sede non è mai stata lasciata andare in questo modo, alla “deriva controllata”, da chi è all’apice della piramide gerarchica. Approdato col sorriso beffardo al Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, come Armstrong approdò sulla luna, come il miglior falso d’autore arrivato nei musei, senza mai una goccia di sudore versato per una comunicazione istituzionale degna di nota. Dirige il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede manco fosse la Costa Concordia arenata al Giglio condotta da Schettino, con l’unica differenza che la Costa Concordia si è arenata per incapacità del suo comandante, mentre la comunicazione istituzionale della Santa Sede è stata mandata alla deriva e non a caso, dai soliti noti.
Come ci si sente ad essere all’apice della montagna del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e di far emettere comunicati e comunicazioni ai giornalisti dettati da altri, come un topolino partorito da una montagna? Gloriosi predecessori – che non avevano neanche tutto quel potere assoluto, su tutti i media della Santa Sede e anche sulla Sala Stampa della Santa Sede, di cui gode il Prefetto con la riforma dei media di Papa Francesco del 27 giugno 2015 – si stanno rivoltando nelle loro tombe, in questa Settimana della comunicazione. A volte ci vuole tempo, anche per capire quando il momento è arrivato a farsi da parte, per quanto possibile in modo rispettoso delle istituzioni. L’unica riflessione che dovrebbe fare il Prefetto è sul come comunicare le proprie dimissioni.
Con l’amico Mario Ponzi penso a Dante Alimenti, Domenico Del Rio, Federico Mandillo, Silvano Spaccatrosi, Orazio Petrosillo, Alexei Bukalov, Giuseppe De Carli, Paloma Gomez Borrero, Arcangelo Paglialunga, Joseph Vandrisse e Benny Lai, per nominare soltanto alcuni tra quelli che non sono più tra noi e penso a tanti, tanti altri valenti e indimenticabili vaticanisti di altri tempi, con i quali abbiamo avuto la gioia di condividere il nostro lavoro.
Additati ovviamente vecchi nostalgici, ricordo con Mario Ponzi e altri colleghi ancora in vita, i tempi passati con gioia e orgoglio. E crediamo fermamente che tanti di quei colleghi – che ci hanno lasciati – oggi farebbero fuoco e fiamme dai loro giornali nel vedere lo stato comatoso in cui verso la comunicazione istituzionale della Santa Sede oggi, nel vedere la misera fine che sta facendo quel glorioso giornale, che era L’Osservatore Romano, atteso ogni giorno alle ore 15.00, dopo 160 anni di storia gloriosa oggi relegato in un piccolo angolo del mondo digitale, gratuito perché tanto pochi lo acquisterebbero, sostituito nella sua “ufficiosa ufficialità “da un’agenzia di stampa, quella si spinta e propagandata, scomparso, forse per sempre, dalle edicole. E oggi? Me lo sono domandato con Mario Ponzi, nei mesi del lock down: «Sono forse rimasto l’unico a rammaricarsi per questa fine ingloriosa cui è stato condannato uno dei più prestigiosi e citati quotidiani del mondo? Possibile che nessuno scriva una riga? Scusatemi… sto farneticando. Forse è colpa del tempo del coronavirus. Speriamo che non faccia vittima anche L’Osservatore Romano».
Poi, c’è da ricordare la soppressione della Radio Vaticana [3] compiuta per opera dell’allora Prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Monsignor Dario Edoardo Viganò, alla fine del 2016 dopo 80 anni di storia. La Radio Vaticana fu inaugurata da Papa Pio XI con il radio messaggio “Qui arcano Dei” il 12 febbraio 1931, inizialmente affidata a Guglielmo Marconi e poi ai Gesuiti, che fino al “Motu Proprio” di Papa Francesco del 27 giugno 2015 ne hanno curato la gestione. L’importanza della Radio Vaticana nel sociale e contro le censure si rilevò fondamentale nel corso della Seconda Guerra Mondiale, quando nonostante il tentativo di ridurla in silenzio da parte del Ministro della propaganda del Terzo Reich Joseph Göbbels, come importante strumento d’informazione: durante gli anni di guerra vennero infatti trasmessi appelli per ritrovare civili e militari dispersi durante il conflitto (si stima che dal 1940 al 1946 furono inviati oltre 1 milione e 200 mila messaggi, pari a più di 12 mila ore di trasmissione. La soppressione della Radio Vaicana, senza pensarci su due volte, ha lasciato davvero allibito il mondo della comunicazione, ma da pochi è stato sottolineato a dovere.
«Per l’Africa c’è allo studio un accordo in dirittura d’arrivo con Facebook che grazie ad una applicazione permetterà alla gente di ricevere messaggi del Papa sul cellulare in 44 Paesi. Visto che al momento non è ancora stato attivato il servizio tramite Facebook, le onde corte continuano ad essere funzionanti almeno per l’Africa» (Il Messaggero, 18 maggio 2017).
Ci ha lasciato allibiti soprattutto la scelta di raggiungere i Paesi del terzo mondo attraverso il web come se il terzo mondo avesse il web e le app a portata di mano. Ricordiamo che un’apparecchio radio ad onde corte si può assemblare con semplici componenti a costi irrisori. Secondo questi geni della comunicazione, dove esistono esseri viventi che non hanno neanche l’acqua da bere, il messaggio del Vangelo può essere trasmesso e soprattutto ricevuto attraverso il web nei Paesi del terzo mondo. Quando San Giovanni Paolo II ha introdotto la Chiesa nel terzo millennio non avrebbe mai e poi mai pensato all’utilizzo del web per inviare la parola di Dio nel terzo mondo. È proprio questo il modo migliore di far progredire la comunicazione del terzo millennio nel terzo mondo? Secondo noi proprio no, ai futuri Prefetti del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede l’ardua sentenza.
«Alcuni giorni fa Papa Bergoglio ricevendo monsignor Dario Viganò, Prefetto della segreteria per la Comunicazione, la persona alla quale ha affidato l’intero maxi progetto, lo ha incoraggiato ad andare avanti, a fare presto, a perseverare. La riforma delle comunicazioni è vitale per il futuro. “Non dobbiamo avere paura della riforma che non è imbiancare le cose, organizzarle in un altro modo. Non lasciamoci vincere dall’attaccamento a un passato glorioso, piuttosto facciamo vivere il gioco di squadra”. Se necessario si può usare persino “un po’ di violenza buona”. Come dire che nella ristrutturazione di un settore cruciale (che già Giovanni Paolo II avrebbe voluto cambiare ma non ebbe fortuna [4]) è bene non indugiare troppo. Il tempo è prezioso» (Il Messaggero, 18 maggio 2017).
Sullo stato comatosa in cui si trova la comunicazione istituzionale della Santa Sede – il risultato di quel «un po’ di violenza buona», che per Papa Francesco si può persino usare se necessario, prima che venne a dirci che «le misure drastiche non sono sempre buone» – stiamo scrivendo da tempo, con parole che si perdono nel deserto mediatico. Ci risulta che lo stiamo facendo come unici più che rari. Ricordiamo ai vaticanisti da doppia spunta blu, che San Giovanni Paolo II ha detto che dovremmo essere pronti a «pagare anche di persona se necessario». Vaticanisti che si dicono vicini a San Giovanni Paolo II, dovrebbero essere giornalisti scomodi e dovrebbero fare inchieste serie, correndo il rischio di essere visti male dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e da chi li dentro come un burattinaio tira i fili, in camicia bianca e asciutta, picconatore ed asfaltatore pro tempore.
La rottamazione e l’asfaltazione di centosessant’anni di storia della comunicazione istituzionale della Santa Sede è storia recente, con la liquidazione della Radio Vaticana e de L’Osservatore Romano, seguita dallo strangolamento della Sala Stampa della Santa Sede, sempre per opera dei soliti noti. Ormai, sono andati i tempi, quando la comunicazione istituzionale della Santa Sede era ancora «una cosa seria, curata con scrupolo e competenza» (Roberta Carta). E penso di aver titolo di parlare, perché parlo ex professo, con 30 anni “dentro” e 25 anni “dal di fuori, prima e dopo”. Il risultato ottenuto dai picconatori in camicia bianca e asciutta è drammatico, per l’assenza di fonti competenti a cui attingere per conoscere il pensiero della Santa Sede, perché non solo di L’Osservatore Romano o Radio Vaticana si tratta, ma dell’intero sistema informativo della Santa Sede, oggi ridotto alla narrazione di un ufficio marketing per promuovere l’immagine del Papa regnante, e nulla di più.
Grandi uomini hanno reso in passato la comunicazione istituzionale della Santa Sede grande, piccoli uomini l’hanno reso piccolo in tempi recenti. Questo è potuto succedere perché accompagnato dal progressivo e a quanto pare inarrestabile stato comatosa della fede cattolica. Il sempre più diffuso degrado morale e sociale, un malinteso ecumenismo accompagnati da scandalosi comportamenti di parte del clero, stanno portando alla disfatta di un mondo in cui grandi pontefici del passato, anche attraverso la comunicazione della Sala Stampa della Santa Sede e con la voce e le immagini de L’Osservatore Romano, della Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano e del Servizio Fotografico de L’Osservatore Romano, rappresentavano un faro sicuro, un invalicabile baluardo. È come lo specchio dei tempi. I pochi comunicatori validi che sono rimasti, soli e isolati, non hanno più la forza e l’impatto di un tempo, perché non sostenuti come una volta dalla Segreteria di Stato, come professionisti competenti della comunicazione istituzionale. Vale per il sistema informativa pontificio, come lo è per tanti altri ambiti della realtà mediatica anche in campo laico. Basta guardare al livello dei grandi quotidiani nazionali, che sono diventati inaffidabili, fonti di fake news al servizio della propaganda politica e del chiacchiericcio, del gossip e delle maldicenze, gestiti da gente del calibro da Grande Fratello come il responsabile della comunicazione di Palazzo Chigi.
* * *
[1] La Segreteria – oggi Dicastero – per la Comunicazione della Santa Sede è stata istituita da Papa Francesco con Lettera apostolica in forma di Motu proprio del 27 giugno 2015. Al nuovo Dicastero della Curia Romana fu affidato il compito di ristrutturare complessivamente, attraverso un processo di riorganizzazione e di accorpamento, «tutte le realtà che, in diversi modi, fino ad oggi, si sono occupate della comunicazione», al fine di «rispondere sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa». In tal modo si intendeva ripensare il sistema comunicativo della Santa Sede. Con tale ristrutturazione la Sede Apostolica intendeva avvalersi del Dicastero come referente unitario della comunicazione, sempre più complessa e interdipendente nell’attuale scenario mediatico.
Le realtà coinvolte in tale processo – che in realtà è diventato un’operazione di rottamazione e di asfaltazione – sono, insieme al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che fu soppresso: Radio Vaticana, L’Osservatore Romano, Libreria Editrice Vaticana, Centro Televisivo Vaticano, Servizio Fotografico de L’Osservatore Romano, Servizio Internet Vaticano, Tipografia Vaticana.
In questo processo è stato coinvolto pure – malauguratamente, in assoluta negazione della storia, della competenza dell’istituzione e della lungimiranza – la Sala Stampa della Santa Sede. Questo organismo propriamente non è un “organo di media” (come lo sono gli altri enti) e quindi dovrebbe ritornare ad essere “lo speciale ufficio” dipendente dalla Prima Sezione della Segreteria di Stato”, che pubblica e divulga “le comunicazioni ufficiali riguardanti sia gli atti del Sommo Pontefice sia l’attività della Santa Sede” come stabilito da San Giovanni Paolo II al N. 43 della Costituzione apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana del 28 giugno 1988 (mai abrogato e mai sostituita da una nuova Costituzione apostolica, semplicemente rottamata con una serie di “Motu proprio” del Papa regnante). Inoltre, la Sala Stampa della Santa Sede ha anche il compito di accreditare i giornalisti presso la Santa Sede e di pubblicare il Bollettino, mentre il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede è il Portavoce della Santa Sede.
Papa Francesco stabilì con il Motu proprio del 27 giugno 2015, che gli organismi elencati dovevano essere accorpati secondo i tempi prestabiliti, continuando nel frattempo a svolgere le proprie attività, attenendosi da subito alle indicazioni date dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. Con il predetto Motu proprio, il Santo Padre disponeva inoltre che, in accordo con la Segreteria di Stato, il nuovo Dicastero assumeva «il sito web istituzionale della Santa Sede: www.vatican.va e il servizio Twitter del Sommo Pontefice: @pontifex».
Possiamo dire che l’estromissione della Segreteria di Stato dall’ambito della comunicazione istituzionale della Santa Sede fu una sciagura, non solo per quanto riguarda la Sala Stampa della Santa Sede, e che la scelta dei Prefetti – e di qualche “sottoposto” – per il nuovo Dicastero per la Comunicazione ha solo aggravato la situazione disastrosa.
Da sempre il nostro pensiero è rivolto ai giovani, bravi, attenti, preparati funzionari della Sala Stampa della Santa Sede, che hanno un burattinaio da camicia bianca e asciutta a gestirli, a imbavagliarli per bene e a legarli in modo accurato, affinché non si possano liberare. Guardando l’organigramma del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede non è difficile a capire di chi si tratta e a chi deve piegarsi pure il Prefetto.
La nostra rassegna sullo stato comatoso della comunicazione istituzionale della Santa Sede, mentre indica le responsabilità di chi sta al “apice della piramide”, punta la lente in particolare su chi opera nell’oscurità e all’ombra di alcuni “parafulmini”, strategicamente posizionati accuratamente in posti esposte per subire gli attacchi, che andrebbero indirizzati altrove, proprio su chi invece si nasconde dietro tali “parafulmini”.
Ci sta particolarmente a cuore dire – con il beneficio di colleghi che vedono ma non guardano oltre il “smoke screen” (la cortina di fumo) – che il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede Dott. Matteo Bruni paga colpe non sue e da noi sarà sempre sostenuto e incoraggiato, in quanto è chiaro che c’è “qualcuno” a livello editoriale, che lo imbavaglia e lo priva della leadership e della autonomia, che dovrebbe avere un “Portavoce”. Invece, evidentemente imbavagliato e legato, gli viene esclusa la possibilità di portare la voce istituzionale, secondo le prerogative che gli competono.
Recentemente abbiamo già evidenziato un Editoriale rivelatore di Vatican News, riguardante il Crocifisso di San Marcello al Corso, lasciato ore sotto la pioggia sul sagrato della Basilica Papale di San Pietro [Crocifisso miracoloso di San Marcello al Corso sul Sagrato della Basilia di San Pietro danneggiato dalla pioggia ieri – 28 marzo 2020]. Proprio in quella occasione “qualcuno” si è mosso in prima persona, firmando un Editoriale a difesa dell’operato del responsabile che ha esposto il Crocifisso alle intemperie, senza pensarci su due volte. Secondo fonti interne attendibili, il responsabile di tale posizionamento del Crocifisso era Mons. Guido Marini, il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. In quella occasione, colui che è a capo della Direzione editoriale del Dicastero per l’Informazione della Santa Sede è dovuto uscire dal buco del ragno. Quindi, la pistola fumante in questo caso non ha potuto nascondere, poiché abbiamo seguito tutta la vicenda del Crocifisso sino a risalire alle responsabilità – mai ufficialmente annunciate pubblicamente – di colui che ha esposto l’opera d’arte in questione alla pioggia incessante per ore. C’è stato un tempo in cui Vatican Insider era molto seguito tra gli addetti ai lavori, ma da quando il personaggio in questione è passato dalla parte che prima criticava, ora è divenuto di fatto molto vatican e per nulla insider. È proprio il caso di dire, che troppa gente troppo spesso diventa ciò che in passato ha criticato. In questo caso, il percorso è molto chiaro e quando l’obiettivo istituzionale fu raggiunto, la Direzione editoriale della comunicazione della Santa Sede si è allineata al regime. Se per l’uomo che veste di bianco le misure drastiche non sono sempre buone, anche per la Direzione editoriale, ovviamente, i giornalisti troppo drastici non sono più buoni.
Per fortuna e grazie al Signore, noi siamo liberi e incorruttibili. Da ora in poi sotto la nostra lente verrà posta una Direzione editoriale che si occupa anche di passare sottobanco veline pontificie (anche “vaticanistopoli” esiste e l’abbiamo sotto la nostra lente), che si occupa anche di insabbiare le verità scomode, ma soprattutto che si occupa all’occorrenza anche di avvocatura difensiva editoriale d’ufficio, manco fossimo a Berlino Est al Ministero della Cultura della DDR. E pensare che San Giovanni Paolo II nel 1981 ha quasi perso la vita in un attentato, perché voleva abbattere il muro dell’omertà di regime comunista. Invece, nel 2020 omertà e regime ce lo ritroviamo dietro le mura che circondano lo Stato della Città del Vaticano.
Organigramma del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede
Membri
Eminentissimi Cardinali:
– Béchara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano)
– John Njue, Arcivescovo di Nairobi (Kenya)
– Chibly Langlois, Vescovo di Les Cayes (Haiti)
– Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon (Myanmar)
– Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali
– Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero
– Thomas Aquino Manyo Maeda, Arcivescovo di Osaka (Giappone)
Eccellentissimi Monsignori:
– Diarmuid Martin, Arcivescovo di Dublin (Irlanda)
– Gintaras Grušas, Arcivescovo di Vilnius (Lituania)
– Marcello Semeraro, Vescovo di Albano (Italia)
– Stanislas Lalanne, Vescovo di Pontoise (Francia)
– Pierre Nguyên Van Kham, Vescovo di My Tho (Vietnam)
– Ginés Ramón García Beltrán, Vescovo di Guadix (Spagna)
– Nuno Brás da Silva Martins, Vescovo tit. Elvas, Ausiliare di Lisboa (Portogallo)
Illustrissimi Signori:
– Dott.ssa Kim Daniels, Consulente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America per la Commissione ad hoc sulla libertà religiosa
– Dott. Markus Schächter, Professore di etica nei mass media e nella società presso la Facoltà di Filosofia S.I. di München (Germania)
– Dott.ssa Leticia Soberón Mainero, psicologa ed esperta di comunicazione, già Consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (Messico e Spagna)
Superiori
– Prefetto il Dottor Paolo Ruffini
– Segretario il Reverendo Monsignore Lucio Adrian Ruiz
– Direttore della Direzione per gli Affari Generali il Dottor Paolo Nusiner
– Vice Direttore della Direzione per gli Affari Generali il Dottor Giacomo Ghisani
– Direttore della Direzione Editoriale il Dottor Andrea Tornielli
– Vice Direttore della Direzione Editoriale il Dottor Alessandro Gisotti
– Vice Direttore della Direzione Editoriale il Dottor Sergio Centofanti
– Direttore della Sala Stampa della Santa Sede il Dottor Matteo Bruni
– Vice Direttore della Sala Stampa della Santa Sede la Dott.ssa Cristiane Murray
– Direttore della Direzione Tecnologica l’Ing. Francesco Masci
– Direttore della Direzione Teologico-Pastorale la Dott.ssa Nataša Govekar
Consultori
– Rev.do Sac. Ivan Maffeis, Sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana
– Rev.do Sac. José María La Porte, Decano della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce
– Rev.do Sac. Peter Gonsalves, S.D.B., Decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale della Pontificia Università Salesiana
– Rev.do P. Eric Salobir, O.P., Promotore Generale per le comunicazioni sociali dell’Ordine dei Frati Predicatori
– Rev.do P. James Martin, S.I., Jesuit Magazine America
– Rev.do P. Jacquineau Azétsop, S.I., Decano della Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana
– Dott. Paolo Peverini, Docente di Semiotica presso la LUISS Guido Carli
– Dott. Fernando Giménez Barriocanal, Presidente e Consigliere Delegato di Radio Popular-Cadena COPE
– Dott.ssa Ann Carter, Rasky Baerlein Strategic Communications
– Sig. Graham Ellis, Vice Direttore di BBC Radio
– Dott. Michael P. Warsaw, Chairman of the Board and Chief Executive Officer di EWTN Global Catholic Network
– Dott. Dino Cataldo Dell’Accio, Chief Information Officer (CIO) of the United Nations Joint Staff Pension Fund (UNJSPF), New York
– Dott. Michael Paul Unland, Direttore Esecutivo del Catholic Media Council (CAMECO)
– Dott. Jean-Marie Montel, Direttore Generale aggiunto del Gruppo Editoriale Bayard e Presidente della Fédération des Médias Catholiques
[2] Un testo propedeutico alla lettura di questo pezzo: “Haccene più di millanta, che tutta notte canta”. La supercazzola e il gobbledygook. “Come fosse antani”. Il quadro è tondo – 22 maggio 2020
[3] Smontata la grande antenna della Palazzina Leone XIII. Via le onde corte dai Giardini Vaticani
Faro di Roma, 25 ottobre 2018
Papa Francesco ha fatto smontare il trasmettitore in onda corta da 10 Kw (che veniva utilizzato sui 4005 khz o sui 5885 khz) dalla Palazzina Leone XIII dei Giardini Vaticani. Veniva utilizzata dalla Radio Vaticana per le sue emissioni in onde corte. Si trattava di una antenna log-periodica rotativa della Coel e un dipolo a larga banda. In onde medie per la diffusione locale venivano utilizzate invece delle antenne marconiane longwire stese per i giardini vaticani.
Già da alcuni mesi, il centro di controllo della Radio Vaticana è stato trasferito dalla palazzina Leone XIII nella sede di Vatican Media in via del Pellegrino, sempre all’interno della Città del Vaticano, dove si trova già la centrale di controllo video. Audio e video procederanno quindi congiunti con la totale digitalizzazione del controllo. La palazzina Leone XIII sarà ristrutturata come centro di produzione.
Come riferisce Radio Vaticana Italia si tratta di un ulteriore tassello del processo di adeguamento tecnologico in modo che da un unico punto sarà possibile smistare in tutto il mondo e ricevere da tutto il mondo segnali audio e video. Secondo Francesco Masci, Direttore della Direzione Tecnologica della Segreteria per la Comunicazione: “All’integrazione tra audio e video si aggiunge anche l’unificazione del personale con la creazione di un’unica struttura. Questo permette a quanti lavorano nella sezione audio e a coloro impegnati in quella video “di contaminarsi” e di integrare le conoscenze.
Intanto alla palazzina Leone XIII saranno realizzati lavori di ristrutturazione per accogliere le divisioni che si occuperanno della produzione audio, video e foto.
Media vaticani: Ruffini, “tutta la parte giornalistica si trasferirà a Palazzo Pio”
Sir, 30 aprile 2019
Tutta la “parte giornalistica” che fa riferimento ai media della Santa Sede – Osservatore Romano, Radio Vaticana, Ctv e Vatican News – si trasferirà a Palazzo Pio, e dunque fuori dalle Mura Leonine. Lo ha annunciato ai giornalisti il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, precisando che “si tratta di un pezzo logistico della riforma dei media vaticani, che non riguarda solo l’Osservatore Romano”, come hanno scritto oggi alcuni organi di stampa: “Stiamo cercando di riorganizzare i nostri spazi”. “Il trasferimento non sarà immediato, sarà operativo tra circa un anno, per l’estate prossima”, ha precisato Ruffini: “Lo abbiamo annunciato ieri, a Palazzo Pio, ai giornalisti e adesso ai redattori dell’Osservatore Romano”, il quotidiano della Santa Sede che trasloca per la prima volta dopo 90 anni. Gli amministrativi e i tecnici si sposteranno nella Palazzina Leone XIII, dove è nata la Radio Vaticana e dove sono stati appena ultimati i lavori. A Palazzo Pio, ha annunciato il prefetto, “ci saranno degli spostamenti di piano” e ogni redazione sarà organizzata per “hub linguistici”, con redattori della Radio Vaticana che collaboreranno con i redattori dell’Osservatore Romano delle rispettive sezioni linguistiche. Sono 34 le lingue “coperte” dalla Radio Vaticana, che stanno per diventare 35 con l’arrivo della sezione linguistica macedone.
[4] La riforma dei media – programmata da una commissione con esperti esterni instaurata nei primi anni ’80 dalla Segreteria di Stato, sotto la guida dell’allora Capo del Servizio di Informazione e Documentazione della Prima Sezione Mons. Crescenzio Sepe, del servizio diplomatico della Santa Sede, oggi Cardinale e Arcivescovo metropolita di Napoli – era pronta nel 1985. Sono entrato in servizio alla Santa Sede in questo ambito, ma non se ne fece nulla e nel frattempo ero stato assegnato come Assistente alla Sala Stampa della Santa Sede, su richiesta dell’allora Direttore, Dott. Joaquín Navarro Valls.
Foto di copertina: Affresco raffigurante Papa Gregorio IX che scomunica Federico II, opera di Giorgio Vasari conservata nella Sala Regia del Palazzo apostolico vaticano.