Il Papa in Emilia: la sicurezza che ci da la fede è quella del bambino che si sente amato

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In Emilia lo aspettavano da un mese, da quella notte in cui la terra ha iniziato a tremare e ancora non ha smesso. E oggi il Papa è arrivato. Anche per lui l’attesa è stata grande. “ Quando ho visto che lappavo è diventata più dura ho sentito in modo semore più forte il bisogno di venire di persona in mezzo a voi”. Le sua parole consolano, ma con la forza della dignità e del coraggio della gente di una terra che non si abbatte. E per questo racconta un po’ di se stesso, della giornata di un sacerdote che legge e medita il breviario e si imbatte in una frase letta “innumerevoli volte, sono 61 anni che sono sacerdote” che adesso diventa qualcosa di nuovo, “danno voce ad una esperienza” che è quella che vive la gente in Emilia ma anche “tutti quelli che pregano .” Spiega che cosa è la fede il Papa. Avere fede in Dio, non temere “se la terra trema” non vuol dire essere “super- uomini che non sono toccati da sentimenti normali”. Gesù ha provato la paura e l’ angoscia ma lui aveva la certezza che “Dio è con me”. Questa è la certezza che ci rende forti, sicuri, che ci fa vincere le paure “come il bambino che sa sempre di poter contare sulla mamma e sul papà, perché si sente amato, voluto, qualunque cosa accada.”

La sfida della società che si allontana da Dio è questa. Sapersi amati e voluti e per questo sicuri. “Così siamo noi rispetto a Dio- dice il Papa alla migliaia di persone che lo ascoltano sottoil sole impietoso della Bassa-piccoli, fragili, ma sicuri nelle sue mani, cioè affidati al suo Amore che è solido come una roccia. Questo Amore noi lo vediamo in Cristo Crocifisso, che è il segno al tempo stesso del dolore e dell’amore. E’ la rivelazione di Dio Amore, solidale con noi fino all’estrema umiliazione.” Benedetto XVI sa che ci vuole anche la forza per rimboccarsi le maniche, con l’aiuto di tutti, e fa un salto indietro nella storia per guardare avanti: “Sulle macerie del dopoguerra – non solo materiali – l’Italia è stata ricostruita certamente grazie anche ad aiuti ricevuti, ma soprattutto grazie alla fede di tanta gente animata da spirito di vera solidarietà, dalla volontà di dare un futuro alle famiglie, un futuro di libertà e di pace.” La fede della gente di 60 anni fa, una fede da recuperare insieme alla “umanità e socievolezza” alla “laboriosità unita alla giovialità.”

Il Papa arriva alle 10 e mezzo con l’elicottero che lo porta al Campo sportivo di Carpi, poi in auto verso Rovereto. Li è morto don Ivan. Sulla facciata della Chiesa c’è un manifesto con la foto che lo ricorda. Tutto intorno, per le strade, nelle piazze, sotto gli alberi, ci sono tende e roulotte. Case devastate e cordoni rossi e bianchi che delimitano zone di pericolo. Mentre si aspetta il Papa il cardinale di Bologna parla con i giornalisti: ”la visita del Papa e’ importante per dare ancora di piu’ la voglia di ricominciare da capo, ci sono beni umani che nessuno distrugge. Un bambino, qualche giorno fa, mi ha detto: ‘nelle nostre case ci sono tante crepe ma nessuna nel nostro cuore”’. Quel bambino, dice il cardinale Caffarra, ”ha capito tutto”. Di bambini ce ne sono tanti tra le gente che attende il Papa a Rovereto. Anche piccolissimi, in braccio alle mamme che nonostante tutto hanno voluto esserci. Non importa il caldo e il sole, il Papa è venuto da noi, si sente dire in giro.La gente ha in mano la foto di don Ivan, un simbolo per molti. Sceso dall’ elicottero il Papa è salito su un pulmino della Protezione Civile con il seguito. Il primo a salutarlo è il vescovo di Carpi, Francesco Cavina, che ha organizzato il lavoro di volontariato delle Guardie Svizzere pontificie nelle scorse settimane. Un percorso lento tra le macerie di una comunità che vuole rinascere. Lo sportello è aperto, il Papa saluta passando tra due ali di folla, una strada che lo porta alla “zona rossa”. Macerie e vuoto. Come in Abruzzo, nel 2009.

Al posto del fango il sole, invece del fuoristrada che arriva tra le macerie un pulmino che passa davanti alla chiesa simbolo di questa tragedia del 2012. Qualcuno addirittura comincia a scandire a gran voce: Be-ne-detto. Davanti alla chiesa di Rovereto c’è ala statua della Madonna che don Ivan voleva recuperare. Ora è lì con un mazzetto di fiori davanti per accogliere il Papa. Quando Benedetto arriva si canta e si battano le mani. La fede ti fa affrontare tutto con la certezza che non finisce tutto sotto le macerie. Il Papa recita il Padre Nostro, il Gloria, e l’ Ave Maria. Vorrebbe andare in Chiesa, lo fermano, non è sicuro. Poi va dalla gente e saluta i fotografi. Il vescovo presenta i collaboratori della parrocchia, le catechiste si fermano a parlare con il Papa. “Il Signore da la forza!” Dice il Papa ala fratello di don Ivan, “questa cosa non si può credere”. Poi sulla jeep scoperta il Papa arriva nella piazza creata per l’ occasione vicino al centro sportivo. alla gente che lo aspetta da ore sotto il sole ripete che tutto è “messo a dura prova da questa situazione, ma essa non deve e non può intaccare quello che voi siete come popolo, la vostra storia e la vostra cultura. Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno.”

Non solo parole, ma la promessa dell’ aiuto concreto della Chiesa tramite la Caritas che “si impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie.” Dalla folla si alza un canto alla Madonna Immacolata, si confonde con le voci, i volti anziani con le rughe che sembrano crepe. Gente forte e fiera quella della pianura modenese, che non vuole essere compatita. “La mia presenza in mezzo a voi – dice il Papa- vuole essere uno di questi segni di amore e di speranza. Guardando le vostre terre ho provato profonda commozione davanti a tante ferite, ma ho visto anche tante mani che le vogliono curare insieme a voi; ho visto che la vita ricomincia, vuole ricominciare con forza e coraggio, e questo è il segno più bello e luminoso.” La gente grida: grazie! Lo dicono anche le autorità che salutano il Papa sul piccolo palco in mezzo alla strada. Una comunità che vuole essere solidale e non cedere allo sconforto, che dice grazie al lavoro di un prete, della Chiesa. E al nome di don Ivan tutti applaudono. Vasco Errani presidente della Regione Emilia Romagna dice il suo grazie ai volontari e alla Protezione Civile e chiede che le scuole e il lavoro ripartano per prime.

“Lavorando alla luce del sole con il governo nazionale a cui non chiediamo assistenza ma collaborazione” dice Errani, una sfida da vincere. “La sua concreta e generosa solidarietà per cui la ringrazio e la sua visita ci confortano” dice al Papa. Poi il saluto del cardinale di Bologna che parla delle comunità da sostenere nella fede. Il discorso del Papa è interrotto spesso dagli applausi. “Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, insiste il Papa- e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno.” E’ circa mezzogiorno quando il Papa riparte per il Vaticano, dopo aver stretto mani e accarezzato bambini, dopo aver indossato i cappellini dei volontari. Una visita breve ma che ha dato l’opportunità alla gente emiliana di non essere dimenticata e al Papa di far vedere che cosa significa essere cristiani.

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