La disfida di Gratteri – punto di riferimento della Calabria onesta e silente, che esiste – riuscirà ad essere vinta?

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Il Procuratore Nicola Gratteri “Uomo dell’Anno”
Eroe italiano nella lotta contro la ‘ndrangheta


Persone come Dott. Nicola Gratteri, Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro e uomo chiave della lotta internazionale alla ‘ndrangheta, altrove nel mondo avrebbero titoli a 9 colonne su tutti i giornali, come icona della legalità. Su Prima Pagina News del 6 gennaio 2020 Pino Nano, in lungo articolo da cui cito, ha scritto:

In America lo avrebbero già chiamato alla Casa Bianca per conferirgli quella che gli americani considerano il più alto riconoscimento sociale della vita di un uomo, quello di “Man of the Year”, ‘Uomo dell’Anno’, riconoscimento che la società americana a tutti i livelli assegna ogni anno ai grandi protagonisti della storia del Paese. Persino gli italiani d’America, da anni, hanno copiato ormai questa tradizione che era tutta nordamericana, e ogni anno ogni comunità italiana che vive oltre oceano assegna questo riconoscimento ai “migliori della comunità e del gruppo”. È un modo per dire “grazie per quanto hai fatto o realizzato al servizio del Paese”. Se oggi Nicola Gratteri, vivesse a New York, sarebbe stato certamente indicato dai grandi giornali degli States “Man of the Year”, “Uomo dell’Anno”, se non altro per lo spessore e le dimensioni della sua ultima maxi operazione anti ndrangheta che il 19 dicembre ha portato all’arresto di 334 persone, operazione che fatte salve le garanzie della difesa e degli indagati ha decapitato la più potente organizzazione criminale oggi esistente in Calabria, quella dei Mancuso di Limbadi, lambendo i “fili dell’alta tensione” del potere politico, chiamando in causa oltre 35 aziende diverse dedite al malaffare, e dimostrando con una serie di arresti “eccellenti” come il confine tra mafia società civile e potere politico sia davvero così labile da permeare profondamente un intero sistema sociale, puntando infine l’attenzione e il dito contro le logge massoniche deviate che da anni sono al servizio della Ndrangheta. (…)
È la disperazione dei nostri paesi e della nostra gente che porta a rivolgersi alla ‘ndrangheta, e la ‘ndrangheta questo lo ha capito bene, e sfrutta questa subalternità e questo bisogno da parte della gente comune di avere comunque delle risposte a suo beneficio”. Un meccanismo assolutamente bestiale che dovrebbe far riflettere ognuno di noi. Torniamo alla provocazione iniziale, “Gratteri Man of the Year”, se non lo faranno altri, lo farà PPN-News, proponendo al Presidente della Camera per il magistrato calabrese un “Premio alla Carriera” come Icona della legalità in questo Paese dove il dibattito sul diritto e sulla giustizia rischia di arenarsi oggi sulla “Riforma Bonafede”.

Coloro che hanno ancora una voce libera in Italia, hanno l’obbligo morale di sostenere la stampa calabrese onesta, a far girare la notizia di quello che sta facendo Dott. Nicola Gratteri a rischio della sua stessa vita. Non è tollerabile che vengano emarginizzati e isolati.

Risulta significativa la lettura dei giornali calabresi, in riferimento alle questioni giudiziarie connesse con la ‘ndrangheta. Nel contempo è incoraggiante scoprire, che ci sono ancora giornalisti, che fanno loro mestiere come rappresentanti del Quarto Potere.
Questo in un mondo che si è capovolta, in cui “giornalisti” invece di pensare a fare bene il loro lavoro – di ricerca della verità e di INFORMARE – pensano che la loro missione sia quello di INFLUENZARE – e non si tratta di trasmettere il virus dell’influenza o quello di Wuhan – diventando “propagandisti”.
Nel confronto di questo tipo di “giornalisti” in realtà “propagandisti”, pipistrelli e serpenti sono molto meno nocivi.
L’ha dimostrato la strapagata “autorevole inviato RAI” Giovanna Botteri da New York il 12 novembre 2016, quando – rossa non solo dalla rabbia – si dimostrò per quello che è: una politicante con il cervello annebbiato dalla sconfitta di Hilary Clinton (di cui aveva dato per scontato la vittoria) e l’elezione di Donald Trump a Presidente USA. Invece di dimettersi dalla RAI o, meglio, di abbandonare il mestiere di giornalista, confessò in diretta quale è la sua vera occupazione e come “i grandi media” cercano di plagiare la gente, non riuscendoci, rosicando:

«Che cosa succederà a noi giornalisti? Non si è mai vista come in queste elezioni una stampa così compatta ed unita contro un candidato… che cosa succederà ora che la stampa non ha più forza e peso nella società americana? Le cose che sono state scritte, le cose che sono state dette evidentemente non hanno influito su questo risultato e sull’elettorato che ha creduto a Trump e non alla stampa!».

È esilarante osservare burattini che giocano a fare i burattinai, prendendosi per seri . È preoccupante ascoltare una tale serie impressionante di farneticazioni e imbecillità in diretta. Quando Beppe Grillo disse “voi giornalisti siete morti” (intellettualmente), aveva ragione. Aveva ragione Gaber su questi “giornalisti”… non si salvano. Lenti e arroganti non influenzano più, perché sono distaccati dalla realtà. Non hanno capito Trump e con la loro arroganza pretendono pure a spiegarcelo, mentre la gente non gli crede più.
Nel 1787, nella Camera dei comuni del Parlamento del Regno Unito, il deputato Edmund Burke esclamò, rivolgendosi ai cronisti seduti nella tribuna riservata alla stampa: “Voi siete il quarto potere!”. Burke si ispirava alla teoria della separazione dei poteri enunciata pochi decenni prima da Montesquieu: legislativo (capacità di creare leggi), esecutivo (capacità di applicare le leggi) e giudiziario (capacità di far rispettare le leggi). Il quarto potere in una democrazia dovrebbe essere un libero e indipendente strumento di ricerca della verità e dell’informazione. Ma nell’oligarchia dominante viene usato per convincere “il popolo” a fargli chiedere determinate leggi, ad eleggere candidati, ed a dare elementi utili affini a chi detiene lo status quo. Ci pisciano addosso e ci dicono che piove. I teorici della Scuola di Francoforte, così come alcuni intellettuali contemporanei come Edward S. Herman e Noam Chomsky, hanno parlato dei mass media come “una fabbrica di consenso”. Essi sono lo strumento attraverso il quale chi detiene il potere politico tiene sottomessi la gente e le nazioni.

Tornando al lavoro dei giornalisti e dell’impegno della stampa locale calabresi, che fanno in modo encomiabile il loro lavoro di ricerca della verità e di INFORMARE, leggo – per esempio su Zoom 24 a firma di Gabriella Passariello e su La Voce della Calabria a firma di Gianfranco Bonofiglio – come sotto la supervisione del Dott. Nicola Gratteri, Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro, a seguito di elaborati indagini, vengono rinviati a giudizio magistrati, avvocati, medici e responsabili di strutture sanitarie… e questa rappresenta solo l’inizio dei una valanga di dimensioni mastodontiche che giudizialmente si sta abbattendo sulla Calabria e sull’Italia intera.

Nei giorni scorsi, Dott. Gratteri ha incontrato a Catanzaro il leader della Lega Matteo Salvini e su questo incontro – in un’intervista ospite a “In mezz’ora” su Rai3 – ha affermato che “queste cose non mi toccano più di tanto. Mi può far piacere, però non cambia nulla nel mio lavoro. Ho conosciuto Salvini, l’ho incontrato, abbiamo fatto due comitati nazionali per la sicurezza, è venuto a trovarmi in ufficio un paio di settimane fa. Io parlo con tutti. Sul mio cellulare chiamano parlamentari da Fratelli d’Italia a Leu. Sono il consulente gratuito di tutti, poi fanno il contrario di quello che io dico. Però per me è normale parlare con tutti, mi posso permettere il lusso di farlo perché non ho mai chiesto nulla per me”.

“Una dichiarazione che rende ancor più chiaro il livello di indipendenza del Dott. Nicola Gratteri dalla politica per come è giusto che sia – commenta la redazione di La Voce della Calabria -. Del resto i politici hanno sempre fatto la gara per elogiare chi combatte la ‘ndrangheta e chi si spende per la legalità. Ovviamente solo a parole, poi, nei fatti, infarciscono le loro liste di portatori di pacchetti di voti, spesso e volentieri, sponsorizzati e finanziati da famiglie di ‘ndrangheta che continuano nella loro azione di infiltrazione della politica. Come sempre le parole sono belle ed anche gli slogan e gli annunci possono fare presa. Nei fatti la politica continua a foraggiare il malaffare e a conviverci. Del resto il denaro e i voti non hanno mai avuto alcun odore. Soprattutto in Calabria”.

Nicola Gratteri durante la XXVII edizione del Salone Internazionale del Libro al Lingotto, Torino,9 Maggio 2014 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

In un articolo “Inchieste sulle ‘Toghe’, dalla Procura di Salerno venti di tempesta” su La Voce della Calabria dell’8 febbraio 2020, Gianfranco Bonofiglio scrive:

La vicenda giudiziaria che ha coinvolto il Presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, potrebbe riservare sviluppi clamorosi e sinora impensabili. Potrebbe aprirsi uno spiraglio di luce su qual mondo di “invisibili” che è sempre stato il vero punto di forza della criminalità calabrese e di quel sistema di corruzione ed illegalità che oramai ha pervaso gran parte della società e del modus vivendi della nostra regione. La vera forza della ‘ndrangheta è la causa del suo travolgente primato fra tutte le organizzazioni criminali operanti in Italia e nel mondo è stata la capacità di permeare ed infiltrare con la forza della corruzione il mondo delle istituzioni e soprattutto il mondo della politica. Non vi è politicante locale o nazionale che non spenda parole quasi sempre inutili sulla necessità della lotta alla ‘ndrangheta lodando magistrati coraggiosi e auspicando grandi cambiamenti per poi, nei fatti, avere nei propri partito o movimenti personaggi al di sopra di ogni sospetto all’apparenza, perfettamente incensurati, ma poi, invece, espressione diretta di potenti casati di ‘ndrangheta. E tutto ciò è stato possibile anche ad alcuni Palazzi di Giustizia sempre più identificabili con i tanti “Porti delle Nebbie” dove i fascicoli di indagini su personaggi di peso sparivano nel nulla, approfittando di quella nebbia così fitta da non poter vedere nulla di nulla, anche quello che per tutti era platealmente evidente. Certamente le indagini del Procuratore capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, hanno alzato il tiro ponendo a rischio anche la sua stessa vita. Si arriverà realmente a far luce su quella borghesia mafiosa, su quel terzo livello di colletti bianchi ed insospettabili che hanno la colpa di aver fatto radicare e crescere un sistema di illegalità diffusa ed ambientale che rende la Calabria il territorio ottimale per tanti faccendieri e personaggi oscuri che tramano nell’ombra conservando ruoli pubblici ed immagini esterne spesso adamantine e senza macchia?. Si arriverà a scoprire quello che non si deve assolutamente scoprire?. Riuscirà Nicola Gratteri ad aprire il vaso di Pandora della corruzione istituzionale che impera, si farà luce su quella massomafia che sempre più decide e condiziona la vita politica, economica e sociale della nostra Calabria? Domande che ad oggi non hanno risposta alcuna. Solo il tempo ci potrà dire se a qualcuna di queste domande vi sarà mai una risposta o se, invece, tutto si normalizzerà e tutto ritornerà come sempre, nella solita logica che sembra che “tutto cambi per poi non cambiare mai nulla” nell’insegnamento sempre valido del bellissimo romanzo “Il Gattopardo” del grande scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

In un articolo “False perizie per scarcerare il boss Mantella, a giudizio medici e avvocati” su Zoom 24 di oggi, 10 febbraio 2020 Gabriella Passariello informa sul lavoro dei magistrati che hanno scoperchiato “un vero e proprio meccanismo facente parte di un più ampio sistema illecito che vede coinvolti medici e avvocati, i quali, si sarebbero adoperati per far ottenere benefici carcerari ai propri assistiti, esponenti di spicco della ‘ndrangheta, trasgredendo le leggi dello Stato e venendo meno alle regole deontologiche che contraddistinguono le professioni mediche e legali”:

Ci sarebbe stato un piano per fare in modo che Andrea Mantella passasse dal carcere ad una clinica esterna rispetto al circuito penitenziario. Un accordo stretto tra avvocati, periti, consulenti tecnici di parte, un “patto” finalizzato a favorire cosche di ‘ndrangheta. Con le ipotesi di accusa, a vario titolo, di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, falsa perizia o interpretazione, falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulle identità e qualità personali proprie o di altri, favoreggiamento personale in concorso, corruzione, reati aggravati dalla mafiosità, il gup distrettuale Teresa Guerrieri ha rinviato a giudizio nove dei tredici imputati che hanno scelto il rito ordinario. (…) Il processo inizierà il prossimo 9 luglio davanti ai giudici del Tribunale collegiale di Catanzaro Domani, invece, inizieranno le discussioni per i quattro imputati che hanno optato per il rito abbreviato (…).
L’inchiesta. Le indagini, condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro coordinate dai pm Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso ed Annamaria Frustaci con la supervisione del procuratore Nicola Gratteri, hanno accertato un vero e proprio meccanismo facente parte di un più ampio sistema illecito che vede coinvolti medici e avvocati, i quali, si sarebbero adoperati per far ottenere benefici carcerari ai propri assistiti, esponenti di spicco della ‘ndrangheta, trasgredendo le leggi dello Stato e venendo meno alle regole deontologiche che contraddistinguono le professioni mediche e legali. Nei guai è finita anche una clinica sanitaria convenzionata per ospitare detenuti gravemente malati “in realtà sanissimi”, che invece – contrariamente ai doveri d’ufficio imposti dal ruolo pubblico – ospitava veri e propri summit degli ‘ndranghetisti, diventando una base operativa dove veniva deciso lo sviluppo della Locale di ‘ndrangheta.
“Le perizie fasulle”. Secondo le ipotesi di accusa i legali Staiano e Di Renzo in qualità di codifensori di Mantella nonché nel ruolo di istigatori, Notarangelo, Cardamone, Rizzo e Scalise quali consulenti tecnici della difesa, Mantella quale beneficiario della condotta, in diversi scritti destinati all’autorità giudiziaria e con più azioni poste in essere in momenti diversi, avrebbero attestato falsamente che lo stesso Mantella sarebbe stato affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il sistema carcerario, indicando come necessaria la sua allocazione in una clinica esterna al circuito penitenziario.
Le istanze di scarcerazione dubbie. Giuseppe Di Renzo, quale legale di Mantella, secondo le ipotesi di accusa, di concerto con il suo assistito, avrebbe depositato il 30 aprile 2007 nella cancelleria del Tribunale di Catanzaro un’istanza di revoca e sostituzione della misura carceraria allegando le false consulenze tecniche di parte finalizzate ad ottenere la scarcerazione di Mantella. Anche Staiano, secondo le ipotesi di accusa, avrebbe, di concerto con il suo assistito, depositato in data 20 agosto 2007 nella cancelleria del gip del Tribunale di Catanzaro un’istanza di revoca della misura cautelare in carcere allegando le false consulenze tecniche di parte di Rizzo e Scalise finalizzate ad ottenere la scarcerazione di Mantella. Consulenze di parte le cui conclusioni risulterebbero non rispondenti al vero in considerazione di quanto dichiarato dalla stesso Mantella all’inizio della sua collaborazione con la giustizia e da quanto riferito dal pentito Samuele Lo Vato, nonché in base a quanto già accertato dal consulente del pm Giulio Di Mizio e dal perito incaricato dal giudice Fernando Roccia. Con l’aggravante per gli indagati di avere agito con la finalità di agevolare la ‘ndrina dei Pardea- Ranisi, attraverso la scarcerazione del suo vertice apicale Mantella, già in precedenza esponente della ‘ndrina Lo Bianco-Barba, divenuto in quel periodo promotore ed organizzatore del gruppo scissionista operante nella città di Vibo a partire dal 9 giugno 2006 fino al 30 aprile 2007 (…).

Tornando a La Voce della Calabria, in un articolo di oggi, 10 febbraio 2020 “Nicola Gratteri e la lotta alla corruzione dilagante”, Gianfranco Bonofiglio scrive:

Negli ultimi tempi anche grazie all’esposizione mediatica del Dott. Nicola Gratteri, in prima linea non solo nella lotta alle mafie, ma anche nell’impegno di far crescere una nuova cultura per la legalità, si discute di come la corruzione e l’intreccio fra criminalità ed istituzioni sia il vero “mostro” da combattere. Il cosiddetto terzo livello, gli “invisibili” da sempre rappresentano la vera forza della ‘ndrangheta che non ha mai optato per la lotta contro lo Stato ma sempre per una strategia silenziosa di “infiltrazione” nello Stato. Sin da quando il capo dei corleonesi, Totò Riina, venne in Calabria per chiedere in un summit di ‘ndrangheta l’appoggio per una strategia stragista contro lo Stato. In molti si opposero a tale richiesta. La ‘ndrangheta ha sempre preferito agire in silenzio, evitare delitti eccellenti, non uccidere magistrati, giornalisti, collaboratori di giustizia, pentiti. Una strategia vincente mirata più a corrompere pezzi dello Stato per addomesticare le sentenze, per facilitare le scarcerazioni, per annullare i potenziali nemici con la strategia dell’isolamento e mai con le armi. Una strategia vincente che negli anni ha ramificato una tela di corruttela e di complicità immensa, capillare, che ha consentito e consente il controllo del territorio, il controllo di una parte del consenso elettorale che vota in blocco e che, anche grazie all’alta percentuale di chi non vota, è poi determinante nelle competizioni elettorali. In questo quadro complessivo si inserisce la novità dell’azione giudiziaria del dott. Nicola Gratteri che in tante inchieste ha reso possibile evidenziare alcuni livelli di corruzione finora rimasti inesplorati, finora rimasti impuniti, ma che tutti sapevano esserci. Chi non ha mai sospettato che alcun sentenze potevano essere pilotate, chi non ha mai sospettato che alcuni concorsi se non quasi tutti, potevano essere già decisi a tavolino, chi non ha mai pensato che l’unico criterio che conduce ad alcune inspiegabili carriere in tutti i campi non siano state o siano frutto di collusioni ed amicizie e non di merito, parola da sempre sconosciuta nelle nostre latitudini. Ebbene, la novità è questa, Nicola Gratteri rompe un assioma consolidato, cioè che a certi livelli si possa fare tutto e che tutto rimanga sempre impunito. ed in fondo così è stato. Finora. Ora il dubbio che assale è il seguente: potrà Nicola Gratteri continuare la sua azione di bonifica rispetto alla corruzione dilagante che impera sovrana da sempre in una società costruita per decenni e decenni sulla corruzione diffusa e potrà tale azione iniziare a modificare la cultura quotidiana dell’illegalità nella quale sono cresciute intere generazioni di calabresi? Potrà avviarsi anche in Calabria una vera e nuova Primavera che in Calabria, a differenza di Palermo o di altre città, non vi è mai stata? La disfida di Nicola Gratteri, divenuto punto di riferimento reale della Calabria onesta che, seppur silente esiste, riuscirà ad essere vinta? Nessuno è in grado di dare una risposta. Solo il tempo potrà darla. Certamente tale sfida è una speranza, forse l’ultima possibile in una terra dove la ‘ndrangheta, la corruzione, la politica collusa e la cultura dell’illegalità hanno sempre regolato il vivere “incivile” di una terra dove il diritto, il dovere, il merito sono solo parole spesso vuote e senza significato alcuno, anzi concetti che per chi li pratica portano e conducono all’emarginazione sociale e all’isolamento dalla comunità.

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