Un sediario pontificio racconta il suo rapporto speciale del Papa con i malati

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Dal 1964 Massimo Sansolini è sediario pontificio. Un titolo che sa di antico e anche un po’ misterioso. In effetti significa aver vissuto quasi mezzo secolo all’ombra dei Papi e aver incontrato quasi tutti i loro ospiti. Una diecina di anni fa Sansolini raccolse in un libro andato subito esaurito aneddoti e curiosità, oggi ripropone un diario in cui permette a tutti fedeli di rivivere, attraverso i suoi ricordi, gli intensi attimi del trasferimento delle spoglie di Giovanni Paolo II dal Palazzo Apostolico alla Basilica Vaticana. Con un valore aggiunto: la descrizione degli incontri, durante le udienze pontificie, tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e gli ammalati. Mezzo secolo di vita vaticana vissuta dal di dentro Che cosa è un sediario pontificio? La parola stessa esprime velatamente per le persone che non conoscono questa Roma meravigliosa e incredibile è la persona addetta al trasporto della sedia gestatoria Era quella poltrona che veniva portata da 12 persone e sulla quale sedeva il Papa nelle cerimonie più importanti. Ne esistevano due tipi, una con 12 persone una per gli ambienti più piccoli con otto persone (veniva chiamata la sediola).

Oggi però la Sedia gestatoria non si usa più? Che cosa fa oggi un sediario?

A parte l’idea che forse un giorno potrà venire usata di nuovo, non sono il solo ad auspicarla, e per una ragione precisa. La sedia gestatoria dava a tutti particolarmente la possibilità di vedere il Papa. Per cui c’era un senso direi di “sedia ostentoria” faceva vedere il Vicario di Cristo a tutti i fedeli. Ora le nostre mansioni, tolta la sedia gestatoria, sono e stesse di un tempo. Abbiamo a disposizione la prima delle sale dell’ appartamento ufficiale di Sua Santità ( sala dei Sediari nella seconda loggia del Palazzo Apostolico), la sala attraverso la quale dopo la Sala Clementina passano gli ospiti che sono diretti ad una udienza con il Papa. Si tratta ogni giorno dei collaboratori stessi del Papa, e poi ci sono i visitatori per udienze particolari e i capi di stato, i regnati, gli ambasciatori e le personalità del mondo.

Siete voi quindi che date il benvenuto a casa del Papa agli ospiti ?

Si, in un certo senso. Noi lo facciamo in forma privata quando si tratta di poche persone. Quando gli ospiti sono rappresentativi della loro funzione politica allora si forma un vero e proprio corteo che accompagna l’ospite dal Papa. Noi sediari apriamo questo corteo, poi ci sono gli Addetti di anticamera e poi ci sono i Gentiluomini di Sua Santità.

Un mondo da scoprire con storie da studiare?

Si. E con la Pontificalis domus di Papa Paolo VI venne modificata la antica “corte” pontificia, cioè il gruppo di laici che collabora con il Papa. Trasformata ma non annullata quindi. E oltre alla Famiglia pontificia, esiste anche la Cappella pontificia che è l’insieme degli ecclesiastici addetti all’anticamera. Di tutto questo e di molto altro lei parla nel libro “Io sediario pontificio”. Due i momenti speciali che lei racconta: gli indimenticabili funerali di Giovanni Paolo II e i malati che sono presenti ogni mercoledì all’ Udienza Generale del Papa. Il commiato dal Palazzo Apostolico lo avete dato voi al Papa. Per me non era la prima volta. Ho avuto l’onore e ho sentito il dolore di portare la bara e il feretro di Paolo VI e Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II e anche l’urna di Giovanni XXIII alla beatificazione.

I giovani come hanno vissuto questo momento?

Le tre ore più lunghe di tutto il periodo della preparazione delle esequie solenni, sono state quelle che hanno preceduto il trasporto della salma prima a vista, e poi della bara dalla basilica a alla piazza e viceversa. Ma con la salma a vista siamo scesi dalla Sala Celementina dove il Papa era esposto, preceduti dal Collegio cardinalizio e poi siamo usciti in Piazza. Sono stati due momenti tra i più tristi e dolorosi della mia vita e penso che lo sia stato sempre per tutti i sediari pontifici nella storia. E’ quello il momento in cui ci rende conto che il Papa è morto, la persona sacra alla quale si è dedicata la vita, e si sente un dolore come per una persona di famiglia. Noi del resto sappiamo tutto del Papa. Un suo movimento ci dice le sue emozioni le gioie e i dolori. Siamo le persone più vicine nell’ Appartamento di Sua Santità esclusi alcuni collaboratori diretti che vivono con il Papa.

Nei momenti finali della vita del Papa lei come ha vissuto?

Certo non vivo in Vaticano, ma non seguivo le notizie solo dai bollettini ufficiali. C’era un’ansia continua, telefonate, scambi di informazioni, di sensazioni e di momenti in cui potevamo accedere a vivere la situazione attimo per attimo. Siamo stati vicini al Papa fini all’ultimo.

E lei oggi è vicino ogni mercoledì ad un gruppo molto particolare: gli ammalati. In Aula Paolo VI o in Piazza San Pietro. Come vive questa realtà?

É una parte molto significativa della mia vita. Spesso sono 20-30 carrozzine, ma a volte si arriva anche oltre le 200. Ma la cosa meravigliosa è che i malati non vengono a chiedere una grazia. Vengono a chiedere conforto, conforto visivo, un conforto che riempie il loro animo. Se vedono il Papa da vicino o anche da lontano. L’essenziale è che possano vederlo. Nelle figura del Papa vedono la Salvezza che ci porta Cristo. Il Papa è tutto per loro. Una esperienza che è stata anche una maturazione delle sua vita. Lei si occupa di molte cose concrete in campo caritativo. Ma questa volta c’è stata quasi una “vocazione inaspettata”. Nel libro parlo di questa improvvisa chiamata a queste spiritualità che mi fa sentire vicino ai malati. Ricordo che ero con un gruppo di malati in carrozzina. Eravamo ad una celebrazione eucaristica. Al Vangelo fui l’unico a potermi alzare e alla Consacrazione l’unico a potersi inginocchiare. E mi sono reso conto che loro non potevano farlo. Allora ricevetti la Comunione anche io seduto. Da quel momento io ho cambiato profondamente il modo di accogliere i malati. Ora mi sento uno di loro. E ringrazio il Signore che mi ha fatto uomo e mi ha fatto “malato con i malati”. La considero una grazia perchè io possa servirli meglio.

Del pontificato di Benedetto XVI che è ormai al suo ottavo anno che cosa può raccontarci?

Questo Papa è una figura meravigliosa che va conosciuta con delicatezza. Ma questo Papa è un Papa forte, sacerdote prima di tutto. E’ un profondo teologo come raramente può accadere oggi. Ciò che mi colpisce è che in ogni udienza e specialmente in Piazza, al termine dell’udienza si avvicina con la papamobile in piedi e io preparo qualche malato anche con i segni della malattia piuttosto marcati, e il Papa bacia ognuno come fosse una reliquia. Bacia la loro sofferenza e questo è una cosa davvero grande che non ci aspettavamo da una persona riservata come lui. In queste occasione si manifesta la sua grande paternità.

C’è una cosa molto singolare che noi vediamo alle udienze e non solo. La passione per i copricapi. Indossa tutti quelli che gli regalano e poi ha indossato il camauro o il saturno con naturalezza…

Si, ma certo! Quale papà non si è messo in testa qualcosa che un figlio gli ha porto con dolcezza? Ogni genitore lo fa e il Papa è un genitore per eccellenza. E ricordiamo che le sua origine in quella terra meravigliosa che è la Baviera da un carattere a chi c’è nato di grande umanità e di propensione al sorriso pur essendo di grande spiritualità e di pensiero profondo. Un modo di sentire molto vicino a quello italiano.

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