Sacerdoti 20 anni dopo la Pastores dabo vobis

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«C’è una fisionomia essenziale del sacerdote che non muta: il sacerdote di domani, infatti, non meno di quello di oggi, dovrà assomigliare a Cristo». È racchiusa in questa espressione, che Giovanni Paolo II proferì durante l’Angelus del 14 gennaio del 1990, il senso ultimo della Pastores dabo vobis, esortazione apostolica post-sinodale promulgata dal Pontefice polacco II il 25 marzo 1992. Vent’anni dopo la Pontificia Università Lateranense torna sui contenuti e sui principi di un documento che risulta ancora oggi nevralgico per la formazione e l’identità del presbitero organizzando un convegno il 28 marzo a cui hanno partecipato il Rettore dell’Ateneo, il vescovo Enrico dal Covolo, il Prefetto della Congregazione per il Clero, cardinale Mauro Piacenza, Libero Gerosa, Direttore del DiReCom della Facoltà di Teologia di Lugano e Fabio Rosini, Direttore del Servizio per le vocazioni del Vicariato di Roma.

Dal Covolo ha voluto iniziare i suoi saluti leggendo la preghiera che conclude l’esortazione, dedicata a Maria «Madre di Gesù Cristo e Madre dei sacerdoti», a cui Giovanni Paolo II si affida per proteggere la loro crescita e accompagnarli nella loro vita e nel loro ministero. Il presule ha poi continuando citando ancora il punto 5 del documento che a sua volta attinge dalle parole di Wojtyla: «Anche nel Duemila la vocazione sacerdotale continuerà a essere la chiamata a vivere l’unico e permanente sacerdozio di Cristo. Da parte nostra – auspicava il Papa – dobbiamo perciò cercare di aprirci, per quanto possibile, alla superiore illuminazione dello Spirito Santo, per scoprire gli orientamenti della società contemporanea, riconoscere i bisogni spirituali più profondi, determinare i compiti concreti più importanti, i metodi pastorali da adottare, e così rispondere in modo adeguato alle attese umane».

Vent’anni dopo queste parole risultano profetiche alla luce degli stravolgimenti sociali e culturali del mondo che hanno influito certamente sulle vocazioni e richiamano alla necessità di rivedere le pratiche e i formati di una formazione sacerdotale che rischia di essere fagocitata da una dimensione sociologica e manageriale a scapito di quella teologica e spirituale. Propria nella prospettiva di un rinnovamento delle azioni formative che riguardano il sacerdote si è collocato l’intervento del Cardinale Piacenza. Il Prefetto della Congregazione per il Clero ha auspicato a un bilanciamento tra la formazione iniziale e la formazione permanente del presbitero.

«Entrambe – ha ribadito il porporato – sono fondamentali così come è necessario che al centro di ogni discorso educativo rimanga ben salda l’identità del sacerdote».

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