Il Papa lascia Cuba con l’augurio che si eliminino le posizioni inamovibili

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Hasta siempre Cuba! Il saluto del Papa all’ Isola del Caribe che nonostante la rivoluzione castrista ha ricevuto la vista di due pontefici è tradizionale e per certi aspetti commovente. L’ ultimo incontro di Benedetto XVI a Cuba è stato quello con Fidel Castro, anziano, malato, ma ancora un mito. Un uomo che rivolge le sue domande al Papa che ha parlato per tre giorni nella terra della Rivoluzione, di verità e carità. All’aeroporto c’è il presidente Raul a salutare il Papa che inizia il suo discorso rendendo grazie a Dio “che mi ha permesso di visitare questa bella Isola, che ha lasciato un segno così profondo nel cuore del mio amato Predecessore, il beato Giovanni Paolo II, quando venne in queste terre come messaggero della verità e della speranza.” Verità che Papa Benedetto ha presentato in tutte le occasioni pubbliche e private. Pellegrino di carità, non solo in senso fisico, ma anche di quella carità intellettuale che è la evangelizzazione. Dopo tante giornate di festoso sole ora piove, un acquazzone accompagna il percorso della papamobile verso l’ aeroporto, ma nessuno dei tanti che si assiepano lungo la strada si allontana. La visita di Benedetto è stata un po’ un come un acquazzone che pulisce l’aria e irriga la buona terra per renderla fertile. La cerimonia viene ritardata e si svolge al coperto invece che sulla pista dell’ aeroporto José Marit, dipinto di blu e arancio, nel suo discorso di saluto Raul, dopo una battuta sulla pioggia, parla di bene comune e di Felix Varela, di valori spirituali, del valore della famiglia, dei bambini e dei giovani. Poi riparte il comizio a parla della strumentalizzazione politica dell’ emigrazione e dei nemici di Cuba, ma alla fine il grazie sembra davvero profondo e sincero.

Benedetto parla della Madonna del Corbe che “infonde coraggio a tutti i cubani, affinché, dalla mano di Cristo, scoprano il vero senso delle ansie e dei desideri che annidano nel cuore umano, e abbiano la forza necessaria per costruire una società solidale, nella quale nessuno si senta escluso.” Giustizia, libertà, e serena fraternità, le parole chiave che il Papa lascia a Cuba: “ Il rispetto e la cura della libertà che palpita nel cuore di ogni uomo è imprescindibile per rispondere in modo adeguato alle esigenze fondamentali della sua dignità, e costruire così una società nella quale ciascuno si senta protagonista indispensabile del futuro della propria vita, della propria famiglia e della propria patria.” Quello del Papa è un richiamo a tutta la comunità internazionale, quasi lo sviluppo dello slogan di Giovanni Paolo II “ Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. “L’ora presente- aggiunge Benedetto XVI in perfetta continuità – reclama in modo urgente che, nella convivenza umana, nazionale ed internazionale, si eliminino posizioni inamovibili ed i punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l’intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione. Le eventuali discrepanze devono essere risolte ricercando, senza stancarsi, ciò che unisce tutti, con un dialogo paziente e sincero e una volontà sincera di ascolto che accolga obiettivi portatori di nuove speranze.” E aggiunge: “Cuba apri il tuo cuore al suo Vangelo per rinnovare in modo autentico la vita personale e sociale.” Il Papa ripete, come aveva fatto a Friburgo, “Cristo, che è risorto dai morti, brilla in questo mondo, e lo fa nel modo più chiaro proprio là dove secondo il giudizio umano tutto sembra cupo e privo di speranza.” Che speranza devono avere i cubani? Quella che porta il Papa “come testimone di Gesù Cristo, nella ferma convinzione che, dove Egli arriva, lo scoraggiamento lascia il posto alla speranza, la bontà allontana le incertezze, ed una forza vigorosa apre l’orizzonte a inusitate e benefiche prospettive.”

Benedetto XVI incoraggia i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i fedeli laici, “affinché, intensificando la loro dedizione a Dio negli ambienti di vita e nel lavoro, non si stanchino di offrire con responsabilità il loro apporto al bene e al progresso integrale della patria.” Cristo non costringe, ma porta un autentico sviluppo. “ La luce del Signore,- dice il Papa- che ha brillato con fulgore in questi giorni, non si spenga in chi l’ha accolta ed aiuti tutti a rafforzare la concordia e a far fruttificare il meglio dell’anima cubana, i suoi valori più nobili, sui quali è possibile fondare un società di ampi orizzonti, rinnovata e riconciliata.” E per fare questo tutti devono avere la possibilità di farlo senza essere limitato nelle “proprie libertà fondamentali, né si senta esonerato da esso, per negligenza o carenza di mezzi materiali.” Arriva così l’accenno all’ embargo, l’unico in tutto il viaggio, ma messo in relazione con la mancanza di libertà oltre che di mezzi. Una “situazione che risulta aggravata quando misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese pesano negativamente sulla popolazione.” Poi conclude affidando i cubani a Nostra Signora della Carità del Cobre “che protegga col suo manto tutti i cubani, li sostenga in mezzo alle prove e ottenga dall’Onnipotente la grazia che maggiormente desiderano.”

Il viaggio più impegnativo di Benedetto XVI è terminato. Ma ora inizia per il Messico e soprattutto per Cuba il vero lavoro di riflessione. Benedetto XVI non è uomo da gesti eclatanti, ma è il pastore che ama parlare con chi chiede di sapere. Così ha fatto con i fedeli di Cuba, e con il loro mito: Fidel. Anche i dissidenti hanno capito. E se non c’è stato un incontro vero, se le “dama de blanco” non hanno avuto una udienza speciale, il Papa però ha consegnato al presidente Raul una lista di prigionieri di cui si chiede il rilascio. Ha chiesto al Governo cubano di fare di più per il rispetto dei diritti umani: tutti. Soprattutto ha portato ancora una volta la parola di Dio nelle piazze, ha detto che se si estromette Dio dal mondo questo diventa un luogo inospitale per l’uomo. Ha detto ai fedeli che conosce la fatica di esserlo in questo momento storico.

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