L’approfondimento. Conferenza di Lambeth: a rischio il dialogo tra cattolici e anglicani?

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Nuova tappa della conferenza di Lambeth, l’assise della chiesa anglicana in corso a Canterbury. Dopo la marcia dei vescovi contro la povertà svoltasi nei giorni scorsi per le strade di Londra, è stata la volta dell’intervento del cardinale Cormac Murphy O’Connor, primate cattolico di Inghilterra. Riferimenti alle divisioni in seno alla comunione anglicana sui temi delle donne vescovo e degli omosessuali, ma anche l’occasione per fare il punto sul dialogo con i cattolici.

“Alla nostra Chiesa – ha detto il porporato – non fa nessun piacere vedere le tensioni che esistono nella vostra comunione. Ci siamo impegnati a percorrere un viaggio verso l’unità e le nuove tensioni, anche se riguardano questioni molto importanti, rallentano soltanto il progresso che possiamo fare”. Insomma, il dialogo deve andare avanti, sebbene le questioni morali sollevate dagli anglicani siano difficili da aggirare. Dietro ogni problema, ha sottolineato il cardinale, è l’ecclesiologia: “Come interpretiamo la Chiesa? Dove si trova? E’ una federazione blanda con una storia comune e una parentela famigliare? E’ un ente più compatto con strutture di autorità ben sviluppate? Soprattutto con quali strumenti lo Spirito Santo consente alle chiese di raggiungere le decisioni piu’ importanti?”. “Queste domande – ha sottolineato – sono emerse nella maggior parte dei nostri dialoghi ecumenici e sono diventate sempre più urgenti nella vita ecclesiale dei nostri compagni di dialogo”.

LE TAPPE DEL DIALOGO. Un discorso appassionato quello del primate di Inghilterra, impegnato da oltre 20 anni nel dialogo ecumenico, consapevole delle convergenze possibili su molti aspetti dottrinali. Del resto, non è un mistero che negli anni ’80 chiesa cattolica e chiesa anglicana fossero più vicine, grazie al disgelo avviato da papa Paolo VI che nel 1966 incontrò l’allora arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, donando al primate anglicano il suo anello. Da quel momento iniziò un confronto teologico a tutto campo nell’ambito di una commissione mista internazionale (Arcic), nata con l’obiettivo di approfondire le relazioni, attraverso la discussione delle differenze dottrinali. Nel 1981, l’organismo presentò un documento finale che rappresenta tuttora una pietra miliare, specie riguardo le dichiarazioni sull’eucaristia, sul ministero dei sacerdoti e sull’autorità del papa. Altro passo in avanti, fu il pronunciamento della conferenza di Lambeth del 1988 che considerò la dottrina cattolica sull’eucaristia e sul ministero, sostanzialmente in armonia con la fede degli anglicani.

Sul tavolo, rimanevano ancora motivi di disaccordo sul rapporto fra Scrittura, Tradizione e l’esercizio dell’autorità di magistero; la collegialità, conciliarità e ruolo dei laici nel processo decisionale; ministero petrino del primato universale in relazione a Scrittura e Tradizione. Nonostante tutto, dopo 11 anni di studio, dalla seconda tornata della commissione mista anglicano-cattolica del 1999 uscirono delle conclusioni molto interessanti che smussarono ancora di più le differenze. Un cammino in discesa, insomma, che tuttavia fu interrotto dalle posizioni in campo etico e morale, con la riforma del sacerdozio femminile e poi, la consacrazione di vescovi dichiaratamente omosessuali. Il dialogo comunque non si è fermato e da parte anglicana non è mancata la volontà di rafforzare i legami con Roma, come dimostrano anche la scelta di invitare esponenti cattolici all’attuale conferenza di Lambeth e gli incontri tra l’arcivescovo di Canterbury e il papa.

Sul piano teologico, le discussioni formali condotte dalle due chiese nell’ambito della commissione internazionale per i rapporti tra anglicani e cattolici sono continuate a livello informale sotto l’auspicio del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei Cristiani e nel maggio del 2005, l’Arcic ha pubblicato il documento “Maria: grazia e speranza in Cristo”. Una riflessione sul posto della Madonna nella dottrina e nella vita della Chiesa, senza sottrarsi ai nodi dei dogmi cattolici dell’Immacolata Concezione (1854) e dell’Assunzione di Maria (1950). Con una conclusione: quando Maria è chiaramente vista in relazione a Cristo e alla Chiesa, senza per questo diminuire, ma sottolineando l’unico ruolo salvifico di Cristo, la devozione a lei non costituisce un ostacolo per le relazioni cattoliche-anglicane.

“Da uno sguardo retrospettivo – spiega mons. Donald Bolen, segretario del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani – appare evidente che nel 2005 le relazioni cattoliche-anglicane hanno registrato sviluppi positivi e nuove difficoltà. A fronte di queste ultime, il dialogo teologico ha perseverato nei suoi intenti e ci ha dato un importante testo su Maria, che merita di essere oggetto di studio e di riflessione; d’altra parte, gli stretti rapporti e lo spirito di amicizia in Cristo ci permettono di continuare a ricercare i modi di avanzare nelle nostre relazioni. Nella preghiera, la Chiesa cattolica nutre la sincera speranza, che la Comunione anglicana possa resistere alle attuali tensioni, rafforzi i legami d’unità tra le sue Province – un’unità fondata sulle Scritture e sulla fede apostolica – e che sia possibile continuare a progredire nella nostra comune ricerca di quell’unità che Cristo desidera per noi”.

IL FUTURO. Come rispondere dunque, al nuovo scenario apertosi con la decisione di ordinare vescovi donne o omosessuali? E’ ancora presto per dirlo, anche perché tutto dipenderà dalle conclusioni dela conferenza ed è probabile che l’arcivescovo di Canterbury chieda una sorta di moratoria. In ogni caso, ha rimarcato il cardinale O’Connor, “il cammino verso l’unità è una strada senza via di uscita. E’ volontà di Cristo che siamo una cosa sola e, per quanto tempo ci voglia, questo deve essere il nostro obiettivo”. Quanto alle modalità, ha aggiunto l’arcivescovo cattolico di Birmingham, mons. Vincent Nichols, “il dialogo continuerà in qualche forma e, anche se qualche volta troviamo difficile capire come andare avanti, non possiamo abbandonarlo”. Certo, conclude il vescovo, “una comunione anglicana indebolita non aiuta la proclamazione della fede cristiana”.

Per approfondire:
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