L’unità d’ Italia e il retto vivere: Bagnasco interviene all’Ambasciata d’ Italia presso il vaticano

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In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Angelo Bagnasco, prende parte all’incontro, organizzato dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede “La Chiesa, lo Stato, le Regioni e l’Unità d’Italia”. “Il contributo decisivo dei cattolici all’Unità dell’Italia – dichiara Bagnasco nel corso del suo intervento – è ormai riconosciuto da storici ed uomini di cultura” e la Chiesa una presenza quasi “molecolare” che si identifica con l’anima profonda del nostro popolo. Il presidente dei Vescovi italiani ricorda che “non è lo Stato come tale ad essere all’origine di un popolo, ma il sentire profondo nei confronti della vita, degli altri, del mondo. In una parola, è il patrimonio valoriale e culturale che delinea un comune destino e sprigiona il senso di comune appartenenza”. Un tema questo che la Chiesa annuncia attraverso il Vangelo; ed è proprio attorno al Vangelo, specifica l’Arcivescovo di Genova, che “si è formato e si alimenta quel pensare di fondo e quel sentire umanistico che ispira l’ethos popolare, vera anima della Nazione”.

Nel nostro Paese la Chiesa ha sempre rappresentato, e ancor oggi viene riconosciuta, come un fattore di umanizzazione senza del quale il panorama sociale e culturale, oltre che spirituale, sarebbe ben diverso. L’unità del Paese, prosegue Bagnasco, può realizzarsi solo attorno al “retto vivere”. La comunità cristiana vuole farsi fermento nella pasta, accanto alla gente, “è questo patrimonio vissuto e arricchito dalla testimonianza silenziosa di innumerevoli persone che dà vita ad un popolo che cresce e resiste come anima dinamica dello Stato. Certo la religione non può essere mai ridotta a ‘religione civile’, e tuttavia sono innegabili le sue ricadute nella vita pubblica e nello scenario di una società aperta. In questa gigantesca ed entusiasmante opera educativa la Chiesa, non farà mai mancare il suo contributo in continuità con la sua storia millenaria, consapevole di contribuire alla costruzione del bene comune”. A distanza di ventiquattrore, poi, il card. Bagnasco ritorna ad affrontare la delicata questione morale e sociale dell’Italia. Solo un intreccio fecondo di evangelizzazione e di cultura, di valori umani e insieme cristiani, possono consentirci di uscire dal tunnel di quella cultura che il presidente dei Vescovi non esita a considerare “del nulla”, vagamente radicaleggiante, che è l’anticamera di una diffusa “tristezza”.

“Siamo ormai messi di fronte ad una situazione seria e grave, la cui severità richiede di correggere abitudini e stili di vita. Se non si riesce a far emergere le condizioni per un patto intergenerazionale che metta i giovani nei pensieri e nel cuore degli adulti, sarà veramente difficile aprirsi al futuro, atteso il crollo demografico, la cui portata etica e sociale è stata troppo a lungo disattesa”. A conclusione del suo discorso mons. Bagnasco fa riferimento alla questione delle Regioni, sottolineando la sussidiarietà come parte integrante del patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa insieme al principio di solidarietà, e a tal proposito afferma: “La sussidiarietà rappresenta una forma di solidarietà in senso verticale perché consente condivisione a partire dalle possibilità di ciascuna realtà regionale, garantisce una maggiore aderenza al vissuto, e una più efficace mobilitazione delle energie presenti ovunque. Le Regioni, dunque, non devono essere viste come un modo surrettizio per tornare a forme preunitarie di campanilismi anacronistici, ma devono garantire una vicinanza più efficace ed efficiente dello Stato al territorio”.

 

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