Il Papa: nessuna “tattica” per cambiare la Chiesa, ma “demondanizzarla”

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Se diminuisce la pratica religiosa non significa forse che la Chiesa deve cambiare? A questa domanda ha risposto oggi il Papa nell’ ultimo e attesissimo discorso della sua visita in Germania. Ai cattolici impegnati nella società Benedetto XVI rispiega cosa c’è da cambiare nella Chiesa con le parole di Madre Teresa di Calcutta: Lei ed io. Nella magnifica Sala Da Concerti capace di più di 1500 posti, molte le personalità presenti tra cui il Presidente Federale Wulff. Il Papa è stato accolto da una calorosa standing ovation. Dopo una esecuzione musicale della Orchestra Filarmonica di Friburgo e il saluto del Vescovo di Friburgo Robert Zollitsch, che ha ripercorso le tappe del viaggio e presentato gli ospiti del mondo della cultura, il Papa ha tenuto il suo discorso davanti ad una platea particolarmente attenta. La Chiesa siamo noi, ha ricordato, tutti i battezzati non solo le gerarchie, e siamo chiamati alla conversione continua, cioè al cambiamento. Che non è però come “ritinteggiare uno stabile”, ma essere fedeli alla missione che le ha affidato Cristo, che seguendo il Vangelo “si basa sull’esperienza personale: “Voi siete testimoni” (Lc 24,48); si esprime in relazioni: “Fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19); trasmette un messaggio universale: “Proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15).” Una testimonianza offuscata dalle “pretese” e dai “condizionamenti del mondo” e “ vengono alienate le relazioni e viene relativizzato il messaggio.”

Cita Paolo VI per dire che la Chiesa deve “essere demondanizzata”. Perché la missione della Chiesa, e dei credenti, ha la sue radici nel “mistero del Dio uno e trino” e nel “mistero del suo amore creatore”. E cita i Padri della Chiesa e il “commercium”, lo “scambio tra Dio e gli uomini, in cui ambedue, anche se in modo del tutto diverso, danno e prendono qualcosa, danno in dono e ricevono come dono. La fede cristiana sa che Dio ha collocato l’uomo in una libertà, in cui egli può veramente essere un “partner ” ed entrare in uno scambio con Dio. Al tempo stesso, l’uomo è ben consapevole che tale scambio è possibile soltanto grazie alla generosità di Dio che accetta la povertà del mendicante come ricchezza, per rendere sopportabile il dono divino, che l’uomo non può ricambiare con nulla di equivalente.” La Chiesa non “possiede niente di autonomo di fronte a Colui che l’ha fondata. Essa trova il suo senso esclusivamente nell’impegno di essere strumento della redenzione, di pervadere il mondo con la parola di Dio e di trasformare il mondo introducendolo nell’unione d’amore con Dio.” C’è però una tendenza storica contraria, “una Chiesa che si accomoda in questo mondo, diventa autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo. Essa dà così all’organizzazione e all’istituzionalizzazione un’importanza maggiore che non alla sua chiamata all’apertura. Per corrispondere al suo vero compito, la Chiesa deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi dalla mondanità del mondo”. La purificazione è questo e “la testimonianza missionaria di una Chiesa “demondanizzata” emerge in modo più chiaro. Liberata dal suo fardello materiale e politico, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo. Può nuovamente vivere con più scioltezza la sua chiamata al ministero dell’adorazione di Dio e al servizio del prossimo.”

Il compito della Chiesa non è “ottenere l’adesione degli uomini per un’istituzione con le proprie pretese di potere, bensì per farli rientrare in se stessi e così condurli a Colui del quale ogni persona può dire con Agostino: Egli è più intimo a me di me stesso (cfr Conf. 3,6,11). Egli, che è infinitamente al di sopra di me, è tuttavia talmente in me stesso da essere la mia vera interiorità.” E come aveva già detto del cammino ecumenico, non si tratta di “trovare una nuova tattica”, ma di deporre tutto ciò che è soltanto tattica e di cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità sono convenzioni ed abitudini.” E’ lo scandalo della fede: “Che il Dio eterno si preoccupi di noi esseri umani, ci conosca; che l’Inafferrabile sia diventato in un determinato momento afferrabile; che l’Immortale abbia patito e sia morto sulla croce; che a noi esseri mortali siano promesse la risurrezione e la vita eterna – credere questo è per noi uomini una vera pretesa.” E dopo aver incontrato le vittime degli abusi sessuali da parte del clero Benedetto XVI ripente con forza che questo “scandalo” è stato “messo in ombra proprio recentemente dagli altri scandali dolorosi degli annunciatori della fede. Si crea una situazione pericolosa, quando questi scandali prendono il posto dello skandalon primario della Croce e così lo rendono inaccessibile, quando cioè nascondono la vera esigenza cristiana dietro l’inadeguatezza dei suoi messaggeri.” Allora occorre togliere “coraggiosamente ciò che vi è di mondano nella Chiesa.”

Ma questo, secondo le parole del Vangelo “non vuol dire ritirarsi dal mondo”, anzi. Senza elementi mondani la Chiesa ha più forza nella carità che non è “assistenza sociale”, ma “espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” Un richiamo per Chiesa che in Germania ha grandi ed efficienti strutture che devono continuamente “prestare attenzione all’esigenza di un adeguato distacco dal mondo per evitare che, di fronte ad un crescente allontanamento dalla Chiesa, le loro radici si secchino. Solo il profondo rapporto con Dio rende possibile una piena attenzione all’uomo, così come senza l’attenzione al prossimo s’impoverisce il rapporto con Dio.” La conclusione è quasi uno slogan, poche parole da portare a casa. “Essere aperti alle vicende del mondo significa quindi, per la Chiesa “demonadanizzata”, testimoniare, secondo il Vangelo, con parole ed opere qui ed oggi la signoria dell’amore di Dio.” Compito affidato ai singoli e alla comunità quello di vivere la “semplicità di un grande amore che, nel mondo, è insieme la cosa più facile e più difficile, perché esige nulla di più e nulla di meno che il donare se stessi.”

Poco prima di arrivare alla Konzerthaus di Friburgo dove si è svolto l’incontro, il Papa aveva ricevuto nell’ Auditorium del Seminario i 16 Giudici della Corte Costituzionale Federale. Un omaggio del di Benedetto XVI alla Carta fondamentale della Germania rinata dopo la II Guerra Mondiale, che pone al centro del suo primo articolo la dignità dell’uomo.

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