Il Papa con i sindaci del mondo contro la tratta e a difesa del creato
Un vero happening per i sindaci di tutto il mondo che hanno raccontato le loro storie cittadine con un tono epico a volte o più concreto in altri casi.
“Schiavitù moderna e cambiamenti climatici: l’impegno delle città” è stato il tema del laboratorio di due giorni al quale ha partecipato il Papa.
Sindaci che si sono posti in ascolto anche se parecchi di loro sembravano più che altro voler approfittare della grande presenza dei media di ogni part del mondo per presentare i loro risultati politici e i loro programmi.
Bellissime invece le testimonianze di Karla e Anna Laura, vittime dello sfruttamento sessuale, recuperate alla vita e oggi in prima linea per evitare che altre donne siano vittime.
Molti sindaci latinoamericani hanno insistito sulla necessita di dare più potere ai popoli, ma altri sindaci del nord Europa hanno sinteticamente dimostrato come sia la forza della legalità che può fare davvero la differenza.
E in questo senso la chiave di tutto è l’educazione che si può fare solo attraverso le scuole.
La chiave delle educazione è quella che per secoli ha animato i missionari cristiani e cattolici che hanno costruito scuole ed ospedali, hanno strutturato progetti di micro sviluppo che hanno spesso cambiato il volto di una nazione.
“La cura dell’ ambiente è una ecologia umana è quello che volevo scrivere nella Luadato sì” ha detto il Papa nel suo saluto in spagnolo.
Nessun testo come sempre, per spiegare che la Laudato sì non è una enciclica verde ma una enciclica sociale. Una cura del “creato” dice il Papa usando la parola italiana.
Quando l’ambiente non è curato si vede dalla crescita smisurata delle città, spiega il Papa, e parla delle villas miserias parte del fenomeno migratorio, la gente va nelle grandi città perché non ha altra scelta. Il Papa ricorda i temi della Laudato sì, ripropone il tema della disoccupazione giovanile in Europa, con i drammi che ne nascono.
Parla dei problemi creati per la salute dall’inquinamento, della deforestazione, della desertificazione e di quando incidono sulla migrazione il rischio è quello del lavoro nero, senza contratto, una vera schiavitù, come ad esempio nel lavoro delle miniere.
Anche le Nazioni Unite dovrebbero prendersi cura di questo fenomeno, dice augurandosi che l’incontro di Parigi possa essere significativo. E il lavoro dei sindaci è quello di rendere consapevoli e responsabili tutti, soprattutto le periferie che devono prendere coscienza del problema della distruzione del creato perché non abbiamo una ecologia umana, conclude Francesco. Un lungo applauso poi la firma della dichiarazione comune. E la prima firma è stata quella del Papa.
L’impegno è quello di costruire “nelle nostre città e insediamenti urbani, facilitazioni per i poveri e persone in situazioni marginalizzati” e a “ridurre la loro esposizione a eventi legati al clima e ad altri shock e disastri economici, sociali e ambientali.” I sindaci dichiarano che “il riscaldamento globale indotto dall’uomo è una realtà scientifica,” affermano che le città hanno un ruolo vitale in “questo spazio morale centrale” e che i poveri non hanno molto impatto sulla degenerazione del clima, ma che “allo stesso modo affrontano difficili sfide” a causa proprio del cambiamento climatico. Si tratta un po’ di agenda delle Nazioni Unite mischiata con la grande proposta di Paolo VI nella Populorum Progressio di ridurre le spese militari. L’obiettivo è puntato all’incontro sul cambiamento climatico di Parigi di dicembre. Una firma che è anche un riflesso della giornata. In un certo momento, sembra di rivivere il primo viaggio di Papa Francesco, quello a Lampedusa, perché parla Giusi Nicolini, sindaco dell’isola che molti volevano candidare Nobel per la pace per l’accoglienza, e sul tavolo dei relatori c’è il Cardinal Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ma conosciuto da tutti come “il cardinale di Lampedusa” perché è lì che va molto del suo impegno. C’è Enzo Bianco, sindaco di Catania, che cita l’arabo ‘miskìn’ e sottolinea che “la radice la troviamo in diverse lingue, dal turco al portoghese, dallo spagnolo al francese al siciliano.” Con questo termine “si indica una persona ridotta alla miseria più assoluta, senza più nulla da perdere se non la propria vita.”
Ma c’è una persona davvero in miseria, ed è Ana Laura Perez Jaime. Ha 23 anni, e i segni di 60 cicatrici sulla schiena. È stata vittima di tratta delle persone, racconta le privazioni psicologiche che le sono state fatte, e dice che non può stare in silenzio, deve denunciare.
Sul fronte ecologico, è il sindaco di New Orleans Mitch Laundrie quello che ha più cose da dire. Perché lì, sulle rive del Mississippi, dove la pesca fornisce un quarto del fabbisogno americano, ci sono anche i giacimenti di gas e petrolio che più riforniscono la nazione, ancora di più dell’Arabia saudita. Eppure cinque anni fa c’è stato il più grande disastro ecologico americano, proprio in Louisiana, con il petrolio della British Petroleum che è salito su dal golfo del Messico. E prima ancora c’era stato il disastro naturale, l’uragano Katrina, dieci anni fa. Le esperienze di vita e concrete si incrociano con dei piccoli manifesti elettorali. La cosa bella è che sono tutti insieme, lì, l’uomo politico con il turbante proveniente da Teheran così come le donne sindaco di città come Stoccolma. Alla fine, si percepisce la voglia di ‘hacer lio’, nello spirito di Papa Francesco.