Giornata missionaria: le periferie sono il cuore della missione

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Nel messaggio per la Giornata missionaria, che si celebra oggi, papa Francesco scrive: “oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata ‘in uscita’. La Giornata Missionaria Mondiale è un momento privilegiato in cui i fedeli dei vari continenti si impegnano con preghiere e gesti concreti di solidarietà a sostegno delle giovani Chiese nei territori di missione. Si tratta di una celebrazione di grazia e di gioia”.

Partendo da qui abbiamo chiesto al presidente della ong ‘Apurimac’, che è nata nel 1992 per affiancare la missione agostiniana italiana che opera dal 1968 nella regione peruviana dell’Apurimac, padre Pietro Bellini, di delinearci le periferie odierne: “Periferia è ciò che è più lontano dal centro, da dove abita il potere, la ricchezza, il benessere. Quanto più ci si allontana dal centro, tanto più la città diventa caotica, sporca, povera… e ribelle alle regole del buon vivere imposte dai benestanti.

Per rispondere alla domanda, è sufficiente dare uno sguardo alla vita e all’insegnamento di Gesù. La periferia della società del tempo di Gesù erano i pubblicani (i pubblici peccatori, che non osservavano i precetti dei virtuosi farisei), le prostitute, i lebbrosi, i malati nel corpo e nello spirito: costituivano la periferia umana del popolo d’Israele.

Gesù non fa distinzione tra buoni e cattivi (‘io non sono venuto per condannare’ diceva), ma tra sani e malati, o meglio tra malati che riconoscevano la loro situazione e chiedevano aiuto al Signore, e malati che si credevano a posto, sani, e quindi rifiutavano la mano che Gesù tendeva loro (‘io non sono venuto per i sani, ma per i malati’).

Ai nostri giorni, solo chi è cieco nel cuore e nella mente non si accorge delle tantissime periferie umane che vivono mescolate a noi. Un recente libro, intitolato ‘Esclusi. Nelle periferie esistenziali con Papa Francesco’, è una delle tante testimonianze di questo fenomeno, che la potenzialità mediatica del nostro tempo ci sbatte quotidianamente davanti agli occhi e alla coscienza”.

Perché la Chiesa è per sua natura missionaria?
“La Chiesa, intesa nel significato più ampio (e più pieno), cioè la comunità dei discepoli di Gesù, è stata costituita dal Maestro perché possa continuare nello spazio e nel tempo, ‘fino alla fine del mondo’, la sua missione, che è stata quella di annunciare che il regno di Dio è vicino (anzi, che ‘il regno di Dio è in mezzo a voi’) e guarire i malati che incontrava, andare incontro alle necessità dell’umanità.

Oggi si direbbe che la missione ha due obiettivi ugualmente importanti: l’evangelizzazione e la promozione umana. Evangelizzare è annunciare che Dio si è fatto prossimo all’uomo, essere vicino all’uomo e ‘promuoverlo’ è dare la prova concreta di quello che si annuncia. La Chiesa è per sua natura missionaria perché deve fare quello che ha fatto Gesù. Ma essere missionaria significa ambedue le cose: annunciare e promuovere. Una comunità cristiana che annunzia soltanto non è missionaria; una comunità che fa solo promozione umana non è missionaria”.

Quindi quale gioia occorre annunciare?
“Ad ogni pagina del vangelo si parla del ‘regno di Dio’ o ‘regno dei cieli’ che Gesù è venuto a portare. Il regno di Dio è il progetto originario di Dio sull’umanità, è un progetto di amore, di giustizia e pace. Di qui la gioia che Gesù ci porta con l’annuncio del regno di Dio che è arrivato in mezzo a noi. ‘Vi dico questo perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena’. Gioia di che e per che cosa?

Gioia perché la nostra stessa esistenza rallegra il cuore di Dio. Gioia perché Dio è il nostro padre che ci ama e ci perdona. Gioia perché lui non ci abbandona mai. Gioia perché lui sa cambiare in gioia i nostri momenti di tristezza e le nostre sofferenze. Gioia infine perché possiamo sperare in un mondo che sia più umano, più giusto, più pacifico di quello in cui che stiamo vivendo. Il Vangelo non è l’illusione dell’età dell’oro che tutte le culture hanno sognato, che è solo nostalgia, un bel desiderio destinato a rimanere tale.

Il seme del mondo nuovo è stato già seminato, è una pianticella, delicata sì, ma viva: che ha bisogno di cure e di impegno, ma che crescerà e diventerà un albero, una realtà. E’ una visione, quella del Vangelo, che in ogni epoca è stata messa a dura prova, e lo è tuttora, dalle vicende storiche dei popoli e delle nazioni, che raccontano di violenze, sopraffazioni, ingiustizie. Ma è stata la visione cristiana, negli ultimi duemila anni, a tracciare il cammino dell’umanità in tutte le sue migliori espressioni e valori. Questa è la gioia e la speranza che si annunciano quando si annuncia Cristo”.

Quale è la mission della ong Apurimac?
“La regione dell’Apurimac, una regione delle Ande peruviane che si eleva dai 3.000 ai 5.000 metri di altezza sul livello del mare, è una delle regioni più isolate e povere del continente latinoamericano. E’ una delle estreme periferie del pianeta, sia in termini geografici che di condizioni umane. Dal 1968 gli agostiniani italiani hanno assunto l’impegno della cura pastorale di una prelatura: 8.000 kmq di alta montagna, abitata da circa 90.000 indios dell’etnia quechua, disseminati in circa 300 villaggi.

Nel 1991 è sorta in Italia l’Associazione Apurimac con lo scopo di affiancare i missionari nella loro attività, aiutandoli a portare avanti la dimensione missionaria della promozione umana, lasciando specificamente ad essi quella dell’evangelizzazione. I campi di intervento sono stati e sono quello primario dell’assistenza alimentare e sanitaria in situazioni di sopravvivenza, e una volta superate queste situazioni , affiancare le strutture e le istituzioni esistenti per sostenerle e incrementarle, nei settori più disparati:

scuola, formazione professionale, diritti civili, la situazione dei bambini, delle donne, degli anziani, la costruzione di cappelle nei villaggi, progetti riguardanti l’agricoltura, l’allevamento di bestiame, la banca dei poveri, il microcredito. Abbiamo costruito un policlinico e un collegio, che ora stanno continuando la loro attività tramite personale e dirigenti locali.

La nostra attività si è specializzata in campagne sanitarie ambulanti, portando attrezzature, medici medicine di villaggio in villaggio, raggiungendo così anche le popolazioni più isolate e meno servite dalle strutture pubbliche. Oltre all’Apurimac, che in questi ultimi anni sta uscendo poco a poco da una situazione secolare di emergenza, l’Associazione si è aperta ad altri Paesi del mondo, per affiancare e appoggiare altre realtà missionarie.

In Nigeria siamo presenti nella zona più ‘calda’ del paese, dove la popolazione sta subendo le conseguenze nefaste dell’estremismo islamico. In Algeria stiamo affiancando le suore missionarie e la Caritas in progetti a favore delle ragazze e delle donne. Progetti di sviluppo a sostegno dei poveri sono stati realizzati anche in Kenya a e Cuba. Tutto ciò lo possiamo fare grazie all’entusiasmo e alla collaborazione di tanti volontari che ci aiutano sia nelle iniziative che facciamo in Italia, sia mettendo a disposizione se stessi e il loro tempo da vivere nelle missioni”.

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