I vescovi italiani e la solidarietà: la colletta del 31 maggio
Dalla crisi si esce con uno stile di vita più sobrio e solidale. E bisogna sperare che le cose tornino non “come prima” ma che tutti “siano più saggi, avendo fatto tesoro degli errori di cui tutti subiamo le conseguenze”. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, lo ripete con convinzione. Il tema della crisi ha preso quasi il sopravvento durante i lavori della 59° Assemblea generale della CEI su quello proposto della emergenza educativa. Anche il papa giovedì mattina nel suo intervento nell’ aula del Sinodo in Vaticano dove si riuniscono i vescovi, aveva posto in evidenza la necessità di un ulteriore passo avanti nell’impegno per sostenere le realtà più fragili.
“Nonostante le misure intraprese a vari livelli – ha detto il papa – gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie.” E l’arcivescovo di Genova, tracciando un primo bilancio degli interventi dei vescovi, ha rilanciato la necessità di altri interventi oltre quelli del Libro Bianco pensati dal governo. Misure che “rivestono notevole interesse per affrontare la questione delicata del lavoro” ma che non bastano a rimettere al centro dell’attenzione “la persona con il suo valore secondo la dottrina sociale della Chiesa.” I lavoratori non sono “zavorra” di cui liberarsi, aveva detto in apertura dei lavori il cardinale Bagnasco. “O la persona, ha spiegato, è al centro o tutto diventa strumentale.” E aggiunge che “ il termine per contrasto vuole richiamare proprio il valore della persona”.
Parole che riecheggiavano quelle che a poca distanza dall’aula ripete il papa nella Sala Clementina ricevendo otto nuovi ambasciatori . Quella che viviamo è una crisi che tocca anche il ceto medio, ricorda Benedetto XVI, le persone cioè che “vivevano fino ad oggi in maniera decente”. Una crisi che, dice, genera “sfiducia”, e per questo i paesi sviluppati devono “ ritrovare il senso della misura e della sobrietà nell’economia e nello stile di vita”.Temi che si dovrebbero ritrovare nella sospirata lettera enciclica sociale di Benedetto XVI, rimandata proprio per la crisi, che sarà forse firmata il 29 giugno. La solidarietà intanto i vescovi italiani la rendono concreta con il “Prestito della Speranza”, il fondo di garanzia sostenuto da una colletta in tutte le chiese italiane domenica prossima 31 maggio. Destinatarie sono le famiglie senza reddito, con almeno tre figli o un disabile. Quasi trenta mila nel nostro paese. Istituito con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), che costituisce un capitale di garanzia, il fondo affianca, senza sostituirla, l’attività svolta abitualmente dalle Caritas diocesane.
Un prestito da restituire appena si ritrova lavoro e comunque non prima di uno o due anni, e che avrà la durata massima di cinque anni con un tasso di interesse del 50 % del livello medio attuale (TAEG del 4,5%). Per crearlo servono trenta milioni di euro da raccogliere con la colletta e con offerte libere. E per saperne di più 50mila manifesti e un milione di pieghevoli saranno in tutte le città italiane. Una iniziativa apprezzata da tutti. Del resto, ha ricordato ieri Bagnasco, la Chiesa viene osannata quando parla di solidarietà e bersagliata di critiche quando parla di verità e valori non negoziabili, “ma, dice il cardinale, si dimentica che sono due elementi inscindibili dello stesso messaggio”. E comunque “noi vescovi a causa delle critiche non ci sentiamo incompresi ma stimolati a un maggiore sforzo per farci capire”. Anche questa è la sfida educativa alla quale la Chiesa italiana vuole rispondere nei prossimo 10 anni.