Il papa termina la visita a Betlemme. Ai palestinesi: “Abbattere i muri, anche nei cuori”

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“Anche se i muri possono essere facilmente costruiti, noi tutti sappiamo che non durano per sempre. Essi possono essere abbattuti. Innanzitutto però è necessario rimuovere i muri che noi costruiamo attorno ai nostri cuori, le barriere che innalziamo contro il nostro prossimo”. Benedetto XVI ha concluso la visita di oggi, giornata “memorabile”, nei territori palestinesi, e con queste parole ha ribadito il concetto di vicinanza alla popolazione palestinese, rivolgendosi direttamente al  presidente Mahmoud Abbas. Nel suo discorso conclusivo, dopo la visita la palazzo dell’Autorità nazionale palestinese di Betlemme, il papa ha ripercorso alcuni momenti della sua intensa giornata, durante la quale ha celebrato la messa, ha visitato la grotta della natività, l’ospedale per bambini e il campo dei rifugiati, parlando proprio a due passi da quel muro di divisione tra Israele e territori palestinesi.

 

“Con angoscia, – dice il papa al presidente dell’Autorità palestinese – ho visto la situazione dei rifugiati, ho visto il muro che si introduce nei vostri territori, separando i vicini e dividendo le famiglie, circondare il vicino campo e nascondere molta parte di Betlemme”. Una vista, quella al muro, che ha riportato il Pontefice “ai tristi ricordi del muro” in Germania. ”Venti anni fa, nel 1989 – ha affermato il Papa – quel muro venne giù, e così le divisioni che l’avevano provocato finalmente furono superate. L’esperienza di Berlino sia una fonte di speranza per i popoli di queste terre. Benchè differenti fossero le circostanze, gli eventi del 1989 sottolineano il fatto che i muri non durano per sempre. Essi possono essere abbattuti. Innanzitutto però e’ necessario rimuovere i muri che noi costruiamo attorno ai nostri cuori, le barriere che innalziamo contro il nostro prossimo”.

Il papa ha esortato il raggiungimento di una pace vera, libera dall’”intolleranza e dall’esclusione”, e ha annunciato “come importante passo in questa direzione” che “la Santa Sede desidera stabilire presto, in accordo con l’Autorità Palestinese, la Commissione Bilaterale di Lavoro Permanente che e’ stata delineata nell’Accordo di base, firmato in Vaticano il 15 febbraio 2000”.

Momento emblematico della giornata, la visita al campo dei rifugiati “Aida” dove il papa è stato accolto dalle musiche e dalle danze dei giovani, che su un piccolo palco proprio sotto il muro, hanno fatto festa a Benedetto XVI.
Qui l’appello forte del papa, che ha notato come “in un mondo in cui le frontiere vengono sempre più aperte, al commercio, ai viaggi, alla mobilità della gente, agli scambi culturali, è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri. Quanto aspiriamo a vedere i frutti del ben più difficile compito di edificare la pace! Quanto ardentemente preghiamo perché finiscano le ostilità che hanno causato l’erezione di questo muro!”

Ringraziando la famiglia francescana, che da anni si spende per quello e per altri campi di rifugiati, il papa ha esortato i presenti ad essere “strumenti di pace”, come Francesco d’Assisi.

“Voi ora vivete in condizioni precarie e difficili, con limitate opportunità di occupazione. – ha detto il papa ai rifugiati – È comprensibile che vi sentiate spesso frustrati. Le vostre legittime aspirazioni ad una patria permanente, ad uno Stato Palestinese indipendente, restano incompiute. E voi, al contrario, vi sentite intrappolati, come molti in questa regione e nel mondo, in una spirale di violenza, di attacchi e contrattacchi, di vendette e di distruzioni continue.”
Ma “tutto il mondo – ha continuato il papa – desidera fortemente che sia spezzata questa spirale, anela a che la pace metta fine alle perenni ostilità. Incombente su di noi, mentre siamo qui riuniti questo pomeriggio, è la dura consapevolezza del punto morto a cui sembrano essere giunti i contatti tra Israeliani e Palestinesi – il muro.”

Una soluzione resta sempre possibile fa capire Benedetto XVI, a patto che “da entrambe le parti del muro” ci sia il “necessario grande coraggio per superare la paura e la sfiducia, se si vuole contrastare il bisogno di vendetta per perdite o ferimenti. Occorre magnanimità per ricercare la riconciliazione dopo anni di scontri armati.”

In tutto questo, una parte importante spetta alle nuove generazioni. “A tutti i giovani qui presenti dico: rinnovate i vostri sforzi per prepararvi al tempo in cui sarete responsabili degli affari del popolo Palestinese negli anni a venire.”

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