Il papa rilancia il dialogo tra religioni e chiede ai cristiani di rimanere in Terra Santa
E’ quasi vuota la città vecchia di Gerusalemme. Molti negozi arabi sono chiusi. Sanno che oggi ci saranno pochi pellegrini in giro perchè i cristiani si preparano alla messa del pomeriggio nella valle di Josafat celebrata dal papa. Le viuzze, le stazioni della ” Via dolorosa”, il Santo Sepolcro sembrano irreali senza nessuno. Soldati e poliziotti controllano le porte, alcune, come quella di Jaffa, sono chiuse. Qualche suora e alcuni frati mostrano un biglietto per una cerimonia con il papa, ma gli accessi sono pochi e si è costretti a lunghi giri. Come sempre del resto in queste occasioni. “Ma il papa intanto dov’é?”, si sente chiedere tra e bottegucce aperte che tentano di vendere i soliti souvenir di Terra Santa.
Benedetto XVI, dopo aver dedicato la giornata di ieri alla Gerusalemme israeliana, oggi arriva nella città vecchia. Sulla spianata delle Moschee, sulla roccia del monte Moriah. Per entrare nella Cupola della Roccia questa volta si toglie le scarpe, visita il monumento, riflette. Pochi minuti e poi l’ incontro con il Gran Muftì. Nella città vecchia, nelle bottegucce, qualcuno tiene accesa la tv. Tutto in diretta sulla rete nazionale. Il papa nel suo discorso ufficiale chide di mettere da parte i conflitti del passato e di “impegnarsi in un dialogo sincero” senza “riluttanza o ambiguità”. Il papa teologo ancora una volta soprende perchè non fa politica e a chi gli chiedeva di intervenire per “mettere fine all’aggressione in corso contro la nostra gente” da parte israeliana,risponde con un discorso sulle tre religioni per cui Gerusalemme è santa.
La sfida è “impegnarsi per superare incomprensioni e conflitti del passato e a porsi sulla via di un dialogo sincero finalizzato alla costruzione di un mondo di giustizia e di pace”. Il Papa sa che “può esserci la tentazione di impegnarsi in tale dialogo con riluttanza o ambiguità circa le sue possibilità di successo”, tuttavia “possiamo cominciare col credere che l’Unico Dio è l’infinita sorgente della giustizia e della misericordia”. No guardare indietro ma avanti. Anche ai rabbini capo di Israele, il sefardita Shlomo Amar e l’ashkenazita Yona Metzger, incontrati poco dopo nella sede del Rabbinato chiede una sempre più convinta cooperazione fra le nostre comunità nel condannare odio e persecuzione in tutto il mondo” e ha auspicato che “sia possibile a cristiani ed ebrei lavorare insieme per accrescere l’apprezzamento della società per i contributi caratteristici delle nostre tradizioni religiose ed etiche”. Nel discorso del papa entra un tema a lui caro: il relativismo morale.
Ma è il dialogo, quello profeticamante intrapreso da Giovanni Paolo II ad essere nel cuore del papa. “L’amicizia fra la Chiesa Cattolica e il Gran Rabbinato continuerà in futuro a svilupparsi nel rispetto e nella comprensione” e la Chiesa è “irrevocabilmente impegnata sulla strada decisa dal Concilio Vaticano Secondo per una autentica e durevole riconciliazione fra cristiani ed ebrei”. Il momento più commovente ma nchee più difficile per l’ inevitabile paragone con la visita di Giovanni Paolo II, al Muro Occidentale.Il Papa ha letto in latino il salmo che chiede “pace su Grusalemme”. Accompagnato dal Rabbino di New York Arthur Schneier il papa ha deposto la preghiera nella fessura del Muro. Un gesto che vuole anche diminuire lo scontento di chi ha giudicato il discorso a Yad Vashem, poco incisivo ed elusivo. Se Ratzinger non ricordato ancora una volta le sue origini tedesche, ha spiegato il direttore della Sala stampa della Santa Sede Federico Lombardi, è perchè lo ha fato altre volte.
Come a Colonia e al campo di concentramento di Auschwitz. A favore del papa anche Mordechai Lewy, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede: “Il Papa non è un politico e non è qui per rispondere a certe aspettative. Il discorso di Yad Vashem è quello dell’aeroporto devono essere letti insieme”. La mattina del papa si concude con la recita della preghiera del Regian Coeli nel Cenacolocon gli Ordinari di Terra Santa. A loro il papa chiede che la comunità cristiana si impegni a “superare la tentazione di ripiegarci su noi stessi nell’egoismo o nell’indolenza, nell’isolamento, nel pregiudizio o nella paura, e a donarci generosamente al Signore ed agli altri”. Ed aggiunge che la presenza cristiana in Terra Santa “è di importanza vitale per il bene della società nel suo insieme”. I cristiani nel Medio Oriente “stanno contribuendo, come cittadini leali e responsabili, nonostante le difficoltà e le restrizioni, alla promozione ed al consolidamento di un clima di pace nella diversità”.
Il papa con il seguito pranza al patriarcato, e intanto già da qualche ora , seminaristi, suore e famiglie si avviano alla valle che si apre tra la città vecchia e il monte delgi ulivi. Qualche migliaio di persone con bandierine bianche e gialle, cappellino con lo stemma pontificio e sedie pieghevoli. L’ attesa sarà lunga, ma per molti è l’ unica occasione per vedere il papa.