L’umanità è una sola famiglia. Il papa: “Non mi sento mai solo”
Tre giorni dopo il suo compleanno, nel quarto anniversario della sua elezione, Benedetto XVI ricorda la festa della Divina misericordia, voluta dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Il papa ringrazia per gli auguri e i segni di vicinanza ricevuti dai collaboratori più vicini e dalle parrocchie più lontane: “Non mi sento mai solo”, dice prima della recita del Regina Coeli. E’ l’amore misericordioso di Dio ad unire saldamente, oggi come ieri, la Chiesa e a fare dell’umanità una sola famiglia”. In chiusura l’appello per mettere fine ad ogni forma di razzismo, discriminazione e intolleranza
Il papa guida la recita del Regina Cæli dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove ha trascorso alcuni giorni di riposo e da dove farà ritorno nel pomeriggio in Vaticano. “Desidero esprimere – dice subito – un “grazie” cordialissimo a tutti coloro – e sono veramente tanti – che hanno voluto farmi pervenire un segno di affetto e di vicinanza spirituale in questi giorni, sia per le festività pasquali, sia per il mio genetliaco – il 16 aprile –, come pure per il quarto anniversario della mia elezione alla Cattedra di Pietro, che ricorre proprio oggi”. “Ringrazio il Signore – afferma – per la coralità di tanto affetto: come ho avuto modo di affermare di recente, non mi sento mai solo. Ancor più in questa singolare settimana, che per la liturgia costituisce un solo giorno, ho sperimentato la comunione che mi circonda e mi sostiene: una solidarietà spirituale, nutrita essenzialmente di preghiera, che si manifesta in mille modi. A partire dai miei collaboratori della Curia Romana, fino alle parrocchie geograficamente più lontane, noi cattolici formiamo e dobbiamo sentirci una sola famiglia, animata dagli stessi sentimenti della prima comunità cristiana”.
Il papa ricorda il dono dell’unità che la resurrezione di Cristo dona agli apostoli, una unità “più forte di prima, invincibile, perché fondata non sulle risorse umane, ma sulla divina misericordia, che li fece sentire tutti amati e perdonati da Lui: è dunque l’amore misericordioso di Dio ad unire saldamente, oggi come ieri, la Chiesa e a fare dell’umanità una sola famiglia; l’amore divino, che mediante Gesù crocifisso e risorto ci perdona i peccati e ci rinnova interiormente”. E qui il papa ricorda Giovanni Paolo II che volle intitolare la domenica dopo Pasqua alla Divina Misericordia “e additò a tutti Cristo risorto quale sorgente di fiducia e di speranza, accogliendo il messaggio spirituale trasmesso dal Signore a santa Faustina Kowalska, sintetizzato nell’invocazione: Gesù, confido in Te!”
Dopo la recita della preghiera mariana, il papa ha rivolto “un cordiale saluto e fervidi auguri ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Orientali che, seguendo il Calendario Giuliano, celebrano oggi la santa Pasqua” e ha poi ricordato l’inizio domani a Ginevra, della Conferenza di esame della Dichiarazione di Durban del 2001 contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e la relativa intolleranza. “Si tratta di un’iniziativa importante – ha commentato – perché ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, si registrano tali deplorevoli fenomeni: la Dichiarazione di Durban riconosce che ‘tutti i popoli e le persone formano una famiglia umana, ricca in diversità. Essi hanno contribuito al progresso della civiltà e delle culture che costituiscono il patrimonio comune dell’umanità… la promozione della tolleranza, del pluralismo e del rispetto può condurre ad una società più inclusiva’”. “A partire da queste affermazioni si richiede un’azione ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza: occorre, soprattutto, una vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti fondamentali”. “La Chiesa, da parte sua, ribadisce – ha continuato il papa – “che solo il riconoscimento della dignità dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, può costituire un sicuro riferimento per tale impegno. Da questa origine comune, infatti, scaturisce un comune destino dell’umanità, che dovrebbe suscitare in ognuno e in tutti un forte senso di solidarietà e di responsabilità”. “Formulo – è la conclusione – i miei sinceri voti affinché i Delegati presenti alla Conferenza di Ginevra lavorino insieme, con spirito di dialogo e di accoglienza reciproca, per mettere fine ad ogni forma di razzismo, discriminazione e intolleranza, segnando così un passo fondamentale verso l’affermazione del valore universale della dignità dell’uomo e dei suoi diritti, in un orizzonte di rispetto e di giustizia per ogni persona e popolo”.