Immigrazione, dall’integrazione all’interazione
Mentre in Parlamento si incomincia a discutere del ‘pacchetto sicurezza’ ed il presidente della Repubblica ha detto di fare una legge giusta, si registrano diverse prese di posizione rispetto agli ultimi episodi di stupro accaduti in questi giorni. Mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione Migrantes ha affermato che occorre continuare a “lavorare assieme perché non sia un traguardo lontano quella convivialità delle differenze, sogno tanto caro a Giovanni Paolo II”.
Mons. Saviola ha ricordato che il primo dei venti messaggi di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale dei migranti è stato dedicato al “diritto dei fedeli migranti alla libera integrazione ecclesiale”, quasi a dire “che al vertice delle attenzioni e preoccupazioni della Chiesa nel campo della pastorale migratoria sta appunto l’integrazione ecclesiale”. L’integrazione, per essere “autentica ed effettiva, si deve tradurre in interazione, ossia in una dinamica spirituale e culturale”. Parlando di “integrazione”, ha detto, “ci si trova di fronte non soltanto ai destinatari di questo processo integrativo, i migranti e le loro comunità, ma pure agli operatori pastorali e socio-pastorali interessati al fatto migratorio. Sarebbe assurdo che ognuno andasse per la strada propria ignorando gli altri operatori. Occorre dunque un’azione concorde e convergente, come in questi anni tante volte abbiamo sentito raccomandare e ci siamo ripetuti tra noi”.
Da parte sua, Franco Pittau, responsabile del settore immigrazione della Caritas, sostiene che lo sgombero dei campi nomadi che si sta mettendo in atto a Roma non è di per sè una cosa negativa in quanto “le condizioni di questi campi nomadi sono disastrose: non c’è luce, c’è fango, e i bambini passeggiano in mezzo ai topi”. Così “se questo provvedimento serve per sistemare quelli che hanno diritto a stare in Italia, sarebbe una cosa buona. Però nasce un altro problema: come possiamo pensare di sistemare questa gente senza fare una politica per la casa, quando negli anni 2000 sono entrati circa 2 milioni di persone in Italia?… C’è una forma di intolleranza verso l’immigrato. Io vivo in mezzo a loro, li interrogo e li ascolto: gli immigrati hanno paura, il desiderio di ordine e di sicurezza è anche il loro desiderio. Noi iniziamo a fare paura agli immigrati, non agli immigrati disonesti perchè quelli fanno lo stesso quello che vogliono, ma a quelli onesti. Sulla sicurezza raramente si interviene con una vera conoscenza dei dati. Si dice: l’immigrazione è un fattore che incide direttamente sull’aumento della criminalità: questo è completamente sbagliato e non c’è uno studioso che lo dica”.
E ancora Filippo Rossi scrive sul web di Fare Futuro, la Fondazione vicina a Gianfranco Fini: “La peggiore politica è quella che, sotto la spinta della rabbia, ne approfitta per lanciare slogan utili solo a un’eterna (e dannosa) propaganda elettorale. La peggiore politica è quella che, con la scusa della paura, gioca a spararla più grossa, senza nemmeno cercare di fare un respiro profondo, senza nemmeno contare fino a dieci. È il vizio dell’urlo e del comizio al posto dell’approfondimento e dell’analisi. Inutile fantasticare: la decisione senza confronto, senza approfondimento, non sarà, mai, una buona decisione politica. E così il dibattito rischia di fermarsi a un eterno parolaio che non porta a nulla. Si limita a un infinito faccia a faccia tra posizione specularmente impolitiche. È il caso – giusto per fare un esempio di stringente attualità – della proposta della castrazione chimica per chi si macchia di reato di stupro. Ed è anche il caso dell’utilizzo su larga scala delle ronde di cittadini contro la criminalità. L’effetto annuncio prende così il sopravvento su quello della reale efficacia delle misure proposte… E a nessuno sembra importare se quelle stesse ronde, qualora utilizzate un passo oltre il ruolo del lattaio di quartiere, rappresentano una vera e propria ammissione di fallimento da parte dello Stato che abdica così al proprio ruolo di controllo del territorio. Le forze dell’ordine sono quelle che salvano il presunto criminale dal linciaggio. Non quelle che partecipano al linciaggio. A nessuno, invece, sembra importare dei rischio che l’attività di ronda si possa trasformare in una caccia al presunto delinquente, magari in base a un affrettato identikit. Del rischio che le ronde possano diventare spedizioni punitive contro qualcuno, immigrato o italiano che sia… Un respiro profondo, quindi. Pensare prima di decidere: questo è il compito di una politica che voglia fare veramente il suo mestiere. Anche e soprattutto quando il paese vive una sensazione, reale o presunta, genuina o indotta, di emergenza. Per non rischiare, nella notte della paura e dell’irrazionalità, di ululare inutilmente alla luna”. Infine secondo il segretario della CEI, mons. Mariano Crociata, lo sviluppo di ogni autentico incontro interculturale e interreligioso è subordinato ad “una sorta di principio: conoscersi e conoscere. Solo dove si avvia un tale processo la convivenza diventa ambiente di crescita di sviluppo, non solo per la pace sociale, ma anche per l’identità di ciascuna cultura e religione, e, per la fede cristiana e la Chiesa, spazio adeguato di compimento della missione evangelizzatrice”.