Nizar Lama lancia un appello per i cristiani della Terra Santa

Condividi su...

“Betlemme, la città che ha visto la nascita di Gesù, oggi vive sotto l’ombra di un assedio che dura ormai da 18 mesi. Da quando è iniziata la guerra a Gaza, la città ha subito un blocco totale da parte di Israele, che ha paralizzato ogni aspetto della vita quotidiana. Le strade sono chiuse, l’acqua e l’elettricità sono controllate e distribuite in modo irregolare, Le scuole sono state chiuse, e i nostri bambini hanno perso un anno scolastico. Gli ospedali stanno affrontando difficoltà nel trovare il supporto necessario, e sia le scuole che gli ospedali soffrono una costante mancanza di risorse e di personale”.

Questa è stata la testimonianza di Nizar Lama, guida biblica e  turistica professionista cattolica a Betlemme, incontrato nel monastero cistercense dell’Abbadia di Fiastra, situato ai confini dei comuni di Tolentino ed Urbisaglia, nella provincia di Macerata, invitato da don Rino Ramaccioni in collaborazione con le organizzazioni di volontariato Sermit di Tolentino, Sermir di Recanati ed Azione Cattolica Italiana della diocesi di Macerata.

Nel suo racconto c’è la realtà di chi è stremato da questi mesi di guerra: “La maggior parte della popolazione di Betlemme, che una volta viveva grazie al turismo, è ora costretta ad affrontare una disoccupazione devastante. Oltre il 90% della gente è senza lavoro, mentre i pochi che riescono a sopravvivere lo fanno con fatica, sperando che la situazione migliori. Le tradizioni e la cultura che hanno reso Betlemme famosa nel mondo sono ormai in pericolo, minacciate dalla difficile realtà economica e sociale”.

Come si vive a Betlemme dopo 18 mesi dal 7 ottobre?

“A distanza di 18 mesi dalla guerra a Gaza le famiglie di Betlemme soffrono molto, in quanto il 90% dei cittadini viveva di turismo religioso ed ora sono a casa senza lavoro, perché alberghi, ristoranti e negozi di souvenir sono chiusi. La gente fa fatica a sopravvivere ed a trovare le cose necessarie per vivere”.

Come vivono i cattolici in Terra Santa?

“Rappresentiamo l’1% della popolazione e viviamo con molte difficoltà. Cerchiamo di seminare la pace nei cuori delle persone; preghiamo per la pace e desideriamo vivere in pace”.

Quindi una minoranza che lotta per non scomparire?

“E’ la verità: in tutto questo, come cristiani, ci troviamo in una posizione di minoranza in una terra che non smette di cambiare. Nonostante le difficoltà, cerchiamo di adattarci a questo nuovo mondo, cercando di seminare la pace nei cuori delle persone. La nostra speranza non è ancora svanita, e continuiamo a credere che la luce della nostra fede possa un giorno risplendere anche nelle ombre più oscure.

Oggi stiamo affrontando una lotta per la nostra esistenza, dobbiamo scegliere se restare e resistere o andarcene e che tutto finisca. Oggi, come cristiani, siamo circondati dall’estremismo islamico e dal sionismo estremo, e credimi quando dico che non è facile convivere con queste due forze che dominano la nostra regione”.

Insomma quello di Nizar è stato un appello per non essere dimenticati dai cristiani europei: “Sono arrivato da voi portando con me il dolore e la sofferenza delle persone nella mia città, Betlemme. Ogni giorno, le persone lottano per la sopravvivenza in una realtà che sembra non lasciare spazio alla speranza. Cerco di consolarle, di ascoltarle e con ogni forza che ho, fare tutto ciò che posso per aiutarle a resistere, anche se solo un po’.

Non sappiamo quando finirà questa guerra; non sappiamo quale sarà il nostro destino in Cisgiordania. La paura per il futuro è sempre più presente, soprattutto per i nostri bambini. Ogni giorno camminiamo verso un cammino incerto, pregando che la pace arrivi presto, prima che tutto ciò che amiamo sia consumato dalla violenza e dalla disperazione”.

Però ogni giorno papa Francesco ha sempre telefonato al parroco di Betlemme: come avete sentito questa ‘vicinanza’?

“La abbiamo sentita molto intensa. Prima che papa Francesco morisse faceva tutti i giorni videochiamate con i parrocchiani della Santa Famiglia. La Chiesa cattolica sta cercando di sostenere le famiglie, ma purtroppo il conflitto è politico”.

Al termine della testimonianza è giunto l’appello per sostenere le famiglie cristiane che vivono in Terra Sana: “Attraverso questo giornale voglio lanciare un’iniziativa umanitaria per aiutare le famiglie cristiane bisognose di Betlemme. Grazie alla collaborazione con il parroco della nostra comunità, abbiamo identificato 60 famiglie che sono in urgente necessità di sostegno. Il mio desiderio più grande è quello di riuscire ad aiutare ogni persona che soffre nella mia città, con il vostro aiuto  e con il vostro continuo supporto”.

Non avete mai pensato di migrare?

“Spesso ma la nostra presenza in Terra Santa è essenziale per proteggere i luoghi santi e per garantire che la nostra voce non svanisca. Perché il nostro esistere li è una testimonianza di speranza, di fede e di perseveranza, ma per farlo, abbiamo bisogno del vostro sostegno continuo.

Vi chiedo, con il cuore aperto, di unirvi a noi in questa lotta quotidiana, affinché possiamo continuare a vivere ed a sperare per un futuro migliore per tutti, senza paura, senza disperazione, ma con una luce di speranza che possa illuminare il nostro cammino. La vita in Terra Santa è dura, ma la nostra resistenza è forte, e continuiamo a lottare per la dignità, la giustizia e la speranza di un futuro migliore per tutti”.

Per aiutarvi?

“Vi chiedo prima di tutto di pregare per la pace e di sostenere le famiglie più bisognose, perché la gente soffre per sopravvivere. IBAN EURO: PS66ALDN048410024940430061001”. Oppure al Sermit: IBAN IT09F0100569200000000002001 – Con la causale: Nizar

151.11.48.50