In Italia preoccupazione per il calo delle nascite

In Italia lo scorso anno ha evidenziato una dinamica demografica per molti versi in continuità con quella dei recenti anni post-pandemici. Insieme ad un calo contenuto della popolazione residente, che peraltro continua a invecchiare, alla conferma di una dinamica naturale fortemente negativa, i cui effetti vengono attenuati da una dinamica migratoria più che positiva, e alla progressiva contrazione della dimensione media delle famiglie, il 2024 ha aggiunto elementi la cui portata va sottolineata, tra cui il minimo storico di fecondità, la speranza di vita che supera i livelli pre-pandemici, l’aumento degli espatri di cittadini italiani, il nuovo massimo di acquisizioni della cittadinanza italiana a cui si affianca comunque l’importante crescita della popolazione straniera residente.
Il calo di popolazione non coinvolge in modo generalizzato tutte le aree del Paese: mentre nel Nord la popolazione aumenta dell’1,6 per mille, il Centro e il Mezzogiorno registrano variazioni negative rispettivamente pari a -0,6 per mille e a -3,8 per mille. Nelle Aree interne del Paese l’Istat osserva una perdita di popolazione più intensa rispetto ai Centri (-2,4 per mille, contro -0,1 per mille), con un picco negativo per le Aree interne del Mezzogiorno (-4,7 per mille). A livello regionale, la popolazione risulta in aumento soprattutto in Trentino-Alto Adige (+3,1 per mille), in Emilia-Romagna (+3,1 per mille) e in Lombardia (+2,3 per mille). Le regioni in cui si riscontrano le maggiori perdite sono invece la Basilicata (-6,3 per mille) e la Sardegna (-5,8 per mille). Nel 2024 le nascite si attestano a quota 370mila, registrando una diminuzione sul 2023 del 2,6%.
Nel 2024, secondo i dati provvisori, i nati residenti in Italia sono 370.000, in diminuzione di circa 10.000 unità (-2,6%) rispetto all’anno precedente. Il tasso di natalità si attesta al 6,3 per mille, contro il 6,4 per mille del 2023 . I nati di cittadinanza straniera, il 13,5% del totale, sono quasi 50.000, circa 1.500 in meno rispetto all’anno precedente e la fecondità è stimata in 1,18 figli per donna, sotto quindi il valore osservato nel 2023 (1,20) ed inferiore al precedente minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. La contrazione della fecondità riguarda in particolar modo il Nord e il Mezzogiorno. Infatti, mentre nel Centro il numero medio di figli per donna si mantiene stabile (pari a 1,12), nel Nord scende a 1,19 (da 1,21 del 2023) e nel Mezzogiorno a 1,20 (da 1,24).
Il calo delle nascite, oltre ad essere determinato dall’ulteriore calo della fecondità, è causato dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, a sua volta risultato del calo del numero medio di figli per donna registrato nei loro anni di nascita. La rilevanza dell’aspetto strutturale è ben evidente: considerando che la popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (15-49 anni) è passata da 14.300.000 di unità al 1° gennaio 1995 a 11.400.000 al 1° gennaio 2025.
Adriano Bordignon, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, ha espresso preoccupazione per il saldo negativo delle nascite: “Stiamo sprofondando nelle sabbie mobili ed è evidente che quanto stiamo mettendo in campo, come sistema-Italia, è del tutto insufficiente per garantire un minimo equilibrio demografico…
Da anni chiediamo una rivoluzione che il nostro Paese non è ancora disposto ad assumere, vittima di priorità che sono sempre altre, di mancate convergenze transpartitiche, di fragilità di alleanze tra politica, amministrazione locale, lavoro associazionismo e scuola. Ma anche politiche asfittiche e vincolate a patti di bilancio stringenti che invece si fanno flessibili per altre urgenze”.
Inoltre Adriano Bordignon ha evidenziato anche l’aspetto migratorio per mancanza di politiche di sostegno alla famiglia: “L’anno della famiglia sembra sempre essere il prossimo in agende ormai attanagliate da crisi mondiali che oggi ci portano anche a parlare di guerra, militare o di dazi, come una possibilità di scenario ordinario. Cresce anche il numero di italiani che lasciano il Belpaese.
Nel 2024 sono stati 156.000, un +36,5% con un impatto ancora più significativo per il Mezzogiorno, gravato anche dal fenomeno delle migrazioni interne: -52.000, mentre il Nord guadagna 47.000 residenti grazie ai trasferimenti da altre aree del Paese. L’Istat ci dice che il numero medio di componenti per famiglia è sceso a 2,2, rispetto ai 2,6 di 20 anni fa”.
L’ultima sottolineatura è riservata alle famiglie monogenitoriali: “ Stiamo consumando il futuro in un’epoca che si fa vanto di cercare sempre la sostenibilità. Urgono politiche strutturali, generose ed universali orientate a famiglia e giovani. Serve il coraggio, l’unità e la capacità di programmare per fare, da subito, le scelte operative conseguenti, considerando la spesa per far crescere il figlio, non come un costo individuale ma come investimento per il futuro dell’intera comunità. Occorre cambiare cultura e supportare la famiglia come soggetto sociale che, se messo nelle condizioni, è capace di generare benessere per tutto il Paese”.
Mentre il presidente della Fondazione per la natalità, Gigi De Palo, ha evidenziato la mancanza di politiche serie per la famiglia: “Purtroppo i dati Istat odierni non fanno che confermare quello che stiamo dicendo ormai da parecchi anni: o iniziamo seriamente a fare delle politiche impattanti, concrete e durature nel tempo oppure la partita della natalità e quindi della crescita economica, della coesione sociale, della solidarietà intergenerazionale, del mantenimento del sistema sanitario, del mantenimento del sistema pensionistico sarà persa”.
La statistica evidenzia due dati negativi, che chiedono coesione: “Colpiscono due dati in particolare: il tasso di natalità ai minimi storici e il fatto che i nostri giovani preferiscono andare all’estero per realizzare i loro sogni lavorativi e familiari. Fino a quando la nascita di un figlio sarà una delle prime cause di povertà, non cambierà nulla a livello demografico nel nostro Paese.
Qui non si tratta di trovare un colpevole, non si tratta di dare la responsabilità a questo Governo o al precedente, qui si tratta di fare squadra tutti insieme perché stiamo giocando la partita più importante del nostro Paese. Servono urgentemente politiche capaci di impattare drasticamente e in maniera concreta sul tema della natalità, non bastano più bonus o parcellizzazione di bilanci nazionali. Serve dedicare i prossimi 10 bilanci del Paese a questa tematica perché altrimenti viene giù tutto”.
Ed ecco la proposta: “Occorre lavorare contemporaneamente su due filoni: politiche familiari che facilitino le scelte dei giovani di fare famiglia e una via italiana all’immigrazione. L’una non può e non deve escludere l’altra. Facciamo lo ius familiae, rendiamo il nostro Paese ambito non solo per gli stranieri che cercano lavoro, ma anche per chi desidera stabilità. In questo modo diamo un segnale di sicurezza e di futuro. Non è più il tempo di giocare in difesa, ma di fare proposte innovative che vadano oltre la gestione del presente. Il futuro possiamo ancora scriverlo, ma dobbiamo farlo tutti insieme”.