Volevo essere o… Sono un duro

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Quest’anno, le canzoni di Sanremo sono importanti per il valore dei testi. Possono non piacere, ma ci sono alcuni pezzi che, se presi solo per le parole, fanno immedesimare e riflettere. Da millennials a millennials, Lucio Corsi, che non conoscevo nemmeno, ha saputo dare importanza ad alcuni pensieri: ‘Volevo essere un duro è una ballata, la forma di canzone a cui sono più legato: mi consente di utilizzare parole in comodità, considerando la ricchezza della nostra bella lingua italiana’, dice Lucio in un’intervista.

Il testo della canzone racconta il desiderio del protagonista di essere un ‘duro’, una persona forte e senza paure. Quando si rende conto di non esserlo, cerca in tutti i modi di essere come  figure  ricche di forza e coraggio, come un lottatore o uno ‘spaccino’, alla fine si accetta per quello che è: vulnerabile, con paure e debolezze. Il testo porta a riflettere sulla difficoltà della vita, sul confronto con le proprie fragilità e sull’importanza di accettarsi per ciò che si è.

Si potrebbe dire, vedendolo in maniera duplice (positiva e negativa), che il significato sia solo  una resa a sé stesso: ‘Non sono altro che Lucio’. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Chi è Lucio e ognuno di noi che si rivede in questa canzone? Un perdente che non realizzato i suoi sogni, o il vero duro che è riuscito quindi a ottenere ciò che voleva? Tutto sta a cosa si intende per duro.

In questa società che tende all’omologazione del pensiero e delle emozioni grazie alle modifiche  del comportamento,alla moda ecc., tanto da portare all’intorpidimento della coscienza, essere se stessi richiede coraggio e perseveranza, quindi essere… ma guarda un pò, un duro! Avere un pensiero critico, proprio e autonomo, aderire alla fede, mostrarsi per quel che si è con dubbi e paure, con la consapevolezza di poter sbagliare significa andare controcorrente.

San Paolo ci ha detto: ‘Non conformatevi alla mentalità di questo mondo…’ (Romani 12,2), ma non è  facile se, fin dall’infanzia, ti inculcano che il duro è chi sgomita e vince, chi riesce ad arrivare senza paure perché, gratta gratta, ha le spalle coperte. Se la tua semplicità non viene accettata e chiamata fragilità . Si tratta invece di umanità. Sono rimasta attaccata alla frase: ‘Nessun profeta è ben accetto in patria’ (Luca 4,24). Spesso, per farti capire e accettare devi andare lontano dai posti e dalle persone che conosci, intraprendere un’altra strada. Non è facile essere accettati nemmeno quando si fa davvero il bene degli altri, senza voler riconoscimenti o pubblicità in cambio.

Se si vuole vivere, ma in realtà si tratta di sopravvivere, bisogna adeguarsi al mondo. Viviamo nel mondo e dobbiamo adeguarci a regole e sistemi per arrivare ad avere un minimo di affetti e di attenzione. Alla fine, soli e distratti dalle false luci proposte dai social ci sentiamo semplicemente ciò che siamo. È questo il momento di agire. Siamo fragili e ci sentiamo solo noi stessi. Magari detestiamo dircelo e odiamo pure il nostro nome, vorremmo essere un altro, ma è questo il bello: essere ancora se stessi.

La nostra anima è ancora viva, attenta e non ha paura proprio perché ne ha. Non è un controsenso. Chi non teme nulla, o ha le spalle coperte od è ‘anestetizzato’ da tutti i bombardamenti di informazioni, parole, social… Se la paura è uno stimolo per capire noi stessi e trovare  la strada, il futuro, il nostro posto e le persone da tenere accanto, non è negativa. Se siamo ancora noi stessi, anche soli, sappiamo perché abbiamo fatto una scelta e possiamo davvero valutarne gli errori.

Se agiamo per il contentino del mondo, saremo sempre affannati per seguire le nuove tendenze, i cambiamenti di un’ideologia… Non avremo un nostro pensiero e anche spiritualmente seguiremo ciò che ci viene più comodo. Perché la crisi dei valori? Proprio per questo. La moda del mondo ci fa credere che sia giusto essere duri schiacciando l’altro, essendo importanti e famosi, non perché abbiamo edificato una casa sulla roccia, aiutiamo il prossimo e non pensiamo solo ad arricchirci. Il vero duro è quello che resiste alle avversità.

Quello che alcuni chiamano eroe non è altro che un duro che ha vissuto paure, gioie, dubbi… Ma che è rimasto se stesso. Perciò, l’essere se stessi, il “nient’altro che Lucio” è ciò che dobbiamo auguraci, sostituendo a ‘Lucio’ il nostro nome. Solo così, guardando il nostro passato, potremo sorridere e dire: “Ricomincio da me. Perché io sono un duro che, anche se ha paura del futuro, lo affronta con crisi, alti e bassi, ma sempre restando me stesso  e senza piegarmi all’omologazione.

Siamo tutti uguali perché esseri umani, fatti a immagine e somiglianza di Qualcuno e torneremo là da dove veniamo. Per questo abbiamo pari diritti e dignità, ma non siamo fatti con lo stampino. Questo  proprio perché nella logica della fede tutti sono utili e indispensabili, a differenza del detto dove tutti sono utili ma nessuno è indispensabile”. Si può solo augurare ad ognuno di scoprire se stesso perché ogni ‘Lucio’ è utile al cielo e anche ai fratelli in terra.

(Foto: Vanity Fair)

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