Il papa: pregare per l’unità spirituale ma anche sociale e storica dei cristiani

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Una preghiera non solo per l’unità spirituale ma anche sociale e storica. Il papa conclude a San Paolo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani e chiede la riconciliazione in Terra Santa. Il papa ha spiegato il passaggio di Ezechiele scelto dai fratelli della Corea.


Essi, ha detto, “si sono sentiti fortemente interpellati da questa pagina biblica, sia in quanto coreani, sia in quanto cristiani. Nella divisione del popolo ebreo in due regni si sono rispecchiati come figli di un’unica terra, che le vicende politiche hanno separato, parte al nord e parte al sud. E questa loro esperienza umana li ha aiutati a comprendere meglio il dramma della divisione tra cristiani.” La riflessione del papa in occasione della celebrazione dei secondi vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo parte dalla lettura biblica di Ezechiele proposta per la riflessione della Settimana di preghiera per l’ Unità dei cristiani e spazia attraverso i testi paolini. Unità storica quindi e non solo spirituale: “L’unità che Dio dona alla sua Chiesa, e per la quale noi preghiamo, è naturalmente la comunione in senso spirituale, nella fede e nella carità; ma noi sappiamo che questa unità in Cristo è fermento di fraternità anche sul piano sociale, nei rapporti tra le nazioni e per l’intera famiglia umana.”

Per questo “la preghiera che eleviamo in questi giorni, riferendosi alla profezia di Ezechiele, si è fatta anche intercessione per le diverse situazioni di conflitto che al presente affliggono l’umanità. Là dove le parole umane diventano impotenti, perché prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace. Perciò la nostra preghiera per l’unità e per la pace chiede sempre di essere comprovata da gesti coraggiosi di riconciliazione tra noi cristiani. Penso ancora alla Terra Santa: quanto è importante che i fedeli che vivono là, come pure i pellegrini che vi si recano, offrano a tutti la testimonianza che la diversità dei riti e delle tradizioni non dovrebbe costituire un ostacolo al mutuo rispetto e alla carità fraterna. Nelle diversità legittime di posizioni diverse dobbiamo cercare l’unità nella fede, nel nostro “sì” fondamentale a Cristo e alla sua unica Chiesa.” “La risurrezione di Cristo estende il perimetro dell’unità: non solo unità delle tribù di Israele, ma unità di ebrei e pagani unificazione dell’umanità dispersa dal peccato e ancor più unità di tutti i credenti in Cristo”. Insomma “la conversione di san Paolo ci offre il modello e ci indica la via per andare verso la piena unità. L’unità infatti richiede una conversione: dalla divisione alla comunione, dall’unità ferita a quella risanata e piena.”

Questa conversione è dono di Cristo risorto, come avvenne per san Paolo.” Benedetto XVI nella celebrazione ecumenica condivisa con i rappresentanti del Patriarcato ecumenico, della Comunione Anglicana , della Chiesa Evangelica e con i rappresentati di molte confessioni cristiane con tutti coloro che nella Chiesa cattolica si occupano del dialogo ecumenico. “La conversione di san Paolo, ha spiegato il papa, non fu un passaggio dall’immoralità alla moralità, da una fede sbagliata ad una fede corretta, ma fu l’essere conquistato dall’amore di Cristo: la rinuncia alla propria perfezione, fu l’umiltà di chi si mette senza riserva al servizio di Cristo per i fratelli. E solo in questa rinuncia a noi stessi, in questa conformità con Cristo siamo uniti anche tra di noi, diventiamo “uno” in Cristo. E’ la comunione col Cristo risorto che ci dona l’unità.” La riflessione del papa si è conclusa con il ricordo dell’ indizione del Concilio Vaticano II 50 anni fa da parte di Giovanni XXIII. “Da quella provvida decisione,ha detto il papa, suggerita al mio venerato Predecessore, secondo la sua ferma convinzione, dallo Spirito Santo, è derivato anche un fondamentale contributo all’ecumenismo, condensato nel Decreto Unitatis redintegratio.”

Il papa ha ricordato che “i frutti dei dialoghi teologici, con le loro convergenze e con la più precisa identificazione delle divergenze che ancora permangono, spingono a proseguire coraggiosamente in due direzioni: nella ricezione di quanto positivamente è stato raggiunto e in un rinnovato impegno verso il futuro.” Certo , “rimane aperto davanti a noi l’orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: “che tutti siano uno, affinché il mondo creda”.”

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