Something is rotten in the state of Vatican. Un inaffidabile viene premiato e confermato Promotore di giustizia

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.04.2024 – Ivo Pincara] – Something is rotten in the state of Denmark (C’è del marcio nello stato della Danimarca) è la frase pronunciata da Marcello nell’Atto I, Scena IV, Linea 90 del Amleto di William Shakespeare, mentre lui e Orazio discutono se seguire o meno Amleto e il fantasma nella notte oscura. La frase si riferisce sia all’idea che il fantasma sia un presagio inquietante per la Danimarca, sia al tema più ampio della connessione tra la legittimità morale di un governante e la salute dello Stato nel suo insieme. Il fantasma è un sintomo visibile del marciume della Danimarca creato dal crimine di Claudio.

È sconcertante costatare il marciume in Vaticano, dove manipolati e manipolatori fanno carriera. Pure le pietre grideranno. Secondo le informazioni non confermate ufficialmente, Mons. Alberto Perlasca (foto di copertina) sarebbe stato reintegrato nel suo incarico di Promotore di giustizia aggiunto al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, cioè la Cassazione vaticana, per ordine del Papa e senza annuncio formale. Mons. Perlasca è il controverso accusatore chiave contro il Cardinale Angelo Becciu nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Si è scoperto durante le Udienze del processo che era manipolato (nel caso migliore) attraverso Genoveffa Ciferri da Francesca Immacolata Chaouqui, per portare il Cardinal Becciu sul banco degli imputati. Ricordiamo, che il successore del Cardinal Becciu a Sostituto della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra, ha detto ai magistrati vaticani, che Mons. Perlasca faceva come gli pareva nella gestione dei fondi come Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato.

La notizia è stata lanciata il 14 aprile 2024 dal sito Dagospia [QUI], dal titolo Il delitto paga sempre (pure in Vaticano): «Monsignor Alberto Perlasca, uno dei protagonisti della scandalosa compravendita del palazzo londinese, testimone chiave del processo Becciu, in ottimi rapporti con le signore Francesca Chaouqui e Genoveffa Ciferri, è stato rinominato promotore di giustizia aggiunto al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, la Cassazione dei tribunali ecclesiastici che funge anche da tribunale amministrativo per tutta la Chiesa.

«Era il posto dove Papa Francesco lo aveva trasferito dopo averlo deposto da responsabile dell’ufficio economico della Segreteria di Stato, quando gli inciuci della compravendita del palazzo londinese stavano venendo a galla. Il fatto curioso è che quando si apprese gli imbrogli in cui era più o meno consapevolmente caduto, la Segnatura Apostolica, per ordine del Pontefice, lo aveva licenziato.

«Il cuore dello scandalo sta tutto in un folle quinquennio (2014-2019) durante il quale l’ingente cassa (600 milioni) del più importante dicastero vaticano, la Segreteria di Stato, è stata gestita come se fosse un hedge fund. Cioè con un approccio altamente speculativo, inconcepibile per chi custodisce i proventi dell’Obolo di San Pietro.

«Ora, una lettera del cardinale Parolin ha comunicato alla Segnatura che monsignor Perlasca “era stato confermato” in quel ruolo: si presume per decisione di Bergoglio. Il promotore di giustizia equivale a un pubblico ministero. Da quel posto, chissà, la sua intesa cordiale con gli inquirenti vaticani avrà modo di rafforzarsi ulteriormente. Dopo il cardinale Becciu, chissà a chi toccherà…».

La notizia è stata ripresa dal sito statunitense Crux, nell’articolo che riportiamo di seguito.

Le informazioni dicono che il testimone chiave nel “processo del secolo” è stato confermato nell’incarico vaticano
Crux, 17 aprile 2024
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Secondo quanto riportato dai media italiani, l’ex testimone d’accusa protagonista del “processo del secolo” del Vaticano per vari crimini finanziari è stato confermato da Papa Francesco nel suo ruolo di pubblico ministero aggiunto presso la Corte Suprema del Vaticano.

Supponendo che le informazioni siano corrette, alcuni osservatori saranno probabilmente tentati di vedere la conferma come una ricompensa per il ruolo svolto da Monsignor Alberto Perlasca nelle condanne del Cardinale Angelo Becciu e di altri otto imputati, nonostante le domande critiche sollevate durante il processo sulla credibilità di Perlasca e il giudizio.

Pubblicate per la prima volta dal sito Dagospia, le notizie suggeriscono che il Cardinale Pietro Parolin ha inviato una lettera alla Segnatura Apostolica, la più alta Corte nel sistema di diritto canonico della Chiesa, indicando che Perlasca “è stato confermato” nel suo ruolo di Promotore di giustizia aggiunto, ovvero di pubblico ministero.

Sebbene la lettera di Parolin apparentemente non lo specifichi, è opinione diffusa che la decisione sia stata presa, o almeno approvata, da Papa Francesco. La conferma era necessaria poiché Perlasca è stato nominato per la prima volta alla Segnatura nel luglio 2019, nel momento in cui era in corso un’indagine interna vaticana su un affare immobiliare da 400 milioni di dollari da parte della Segreteria di Stato a Londra, e tali nomine normalmente hanno una scadenza di cinque anni.

Mentre altri organi di stampa hanno successivamente affermato di aver avuto conferme della notizia, il Vaticano non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale.

Nel suo precedente ruolo di Capo dell’ufficio responsabile dell’amministrazione finanziaria presso la Segreteria di Stato, Perlasca è stato effettivamente l’artefice dell’accordo di Londra e fin dall’inizio è stato considerato un probabile destinatario di un’imputazione. A metà del 2021, tuttavia, Perlasca ha offerto di testimoniare contro Becciu e altri ex colleghi.

Sebbene nessun patteggiamento con il Promotore di giustizia del Vaticano sia mai stato confermato, resta il fatto che Perlasca non fu mai accusato. Nel 2023, il procuratore capo Alessandro Diddi ha descritto Perlasca come “più una vittima che un partecipante, una persona fragile”.

La decisione di confermare Perlasca come pubblico ministero nel sistema legale del Vaticano ha sollevato alcune perplessità a causa del modo in cui le testimonianze durante il processo hanno sollevato dubbi sul ruolo stesso di Perlasca.

Ad un certo punto, un memorandum dell’aprile 2021, preparato per gli investigatori dall’Arcivescovo Edgar Peña Parra, successore di Becciu come Sostituto, in effetti Capo di gabinetto del Papa, ha identificato Perlasca come la figura chiave in un sistema all’interno della Segreteria di Stato, che aveva lo scopo di spingere gli alti funzionari a prendere decisioni affrettate su questioni finanziarie, approvando di fatto le decisioni già prese.

“È un meccanismo in cui il superiore viene messo sotto pressione, spingendolo ad agire rapidamente e prevedendo la catastrofe, del tipo: ‘Se non firmi subito, rischi di perdere molti soldi’, ‘Non abbiamo un alternativa”, “Non preoccuparti, la pratica va bene” e “Questa è solo una formalità””, ha scritto Peña Parra.

Riguardo al testimone chiave, Peña Parra ha detto: “Negli incontri quotidiani con Monsignor Perlasca, in risposta alla mia richiesta di spiegazioni ha fornito informazioni incomplete o parziali che si limitavano a tentativi di giustificare operazioni già in corso”.

Forse la cosa più schiacciante è che in memorandum di Peña Parra affermava che Perlasca stesso aveva firmato due documenti chiave che autorizzavano l’accordo di Londra “prima che la questione fosse sottoposta all’attenzione del Segretario di Stato o del Santo Padre”, il che significa, in effetti, che Perlasca aveva messo il suo superiore davanti al fatto compiuto.

Oltre al memorandum di Peña Parra, al processo è emerso anche che Perlasca si era lasciato istruire nella preparazione della sua testimonianza da altre due figure: Francesca Immacolata Chaouqui, ex consulente di pubbliche relazioni e membro di un organo consultivo vaticano, condannata per fuga di informazioni riservate nello scandalo Vatileaks 2 nel 2015; e Genoveffa Ciferri, una consacrata francescana secolare che un tempo era stata consulente del servizio di sicurezza italiano e che è amica di lunga data di Perlasca.

Secondo Ciferri, Perlasca è stato tenuto all’oscuro del ruolo di Chaouqui, sentendosi dire invece che i suoi consigli provenivano da un “magistrato anziano”. Ad un certo punto, Ciferri ha detto alla Corte che aveva accettato l’inganno perché Chaouqui “è come il carbone: chiunque lo tocchi si sporca”.

Ciferri ha anche affermato che a un certo punto nel 2018 temeva che Becciu volesse far uccidere Perlasca, dopo che a Perlasca erano stati somministrati barbiturici “che lo hanno lasciato come uno zombie per giorni”. All’epoca, in un articolo di Vatican News, l’agenzia di stampa statale, si leggeva che ciò che realmente accadde è che un medico del servizio sanitario vaticano prescrisse alcune gocce di valium a Perlasca dopo una “crisi isterica”.

Molti osservatori hanno percepito che le rivelazioni su Chaouqui e il ruolo di Ciferri hanno minato il valore probatorio della testimonianza di Perlasca, e nelle sue argomentazioni conclusive dello scorso dicembre, anche Diddi sembrava cercare di minimizzarne il significato. Ha insistito sul fatto che le prove di Perlasca non erano la “pietra angolare” dell’accusa, e che Perlasca stesso non era il “super-testimone” o il “grande accusatore” nel caso.

Ora 63enne, Perlasca ha iniziato il suo servizio presso la Segreteria di Stato nel 2003. Dal 2006 al 2008 ha prestato servizio presso la Nunziatura Apostolica in Argentina, quando Papa Francesco era ancora cardinale e l’Arcivescovo di Buenos Aires. Dal luglio 2009 ha lavorato presso l’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, responsabile delle attività finanziarie.

Nel corso degli anni Perlasca è stato anche membro del Consiglio di amministrazione del Fondo Pensioni Vaticano, membro del Consiglio di amministrazione del Fondo a sostegno dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di patrocinio pontificio e membro della Fondazione “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”. Inoltre, è stato anche consultore del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Francesco e il peronismo globale
Caminante-Wanderer, 15 aprile 2024

(Nostra traduzione italiana dallo spagnolo)

Per chi non vive in Argentina, è difficile comprendere il fenomeno del peronismo. Per facilitare il compito, viene comparato ad altre realtà conosciute: il socialismo, la democrazia cristiana, il movimento progressista o qualche variante non ben definita del populismo. D’altra parte, è abbastanza generale considerare l’attuale Papa come un peronista. La conclusione sembra semplice: ci si aspetta che il Papa si comporti come i socialisti, come i populisti, ecc. Tuttavia, quando arriva il momento di confrontarsi con le azioni concrete del Papa, i modelli di altri Paesi si rivelano inadeguati.

La realtà è, che il peronismo è un fenomeno specificamente argentino, che non si identifica con le realtà di altri Paesi. Non è un movimento/partito che confluisce in uno sviluppo concettuale, ma piuttosto un semplice strumento di potere. Una struttura di accesso, uso, conservazione e incremento del potere. Ci sono peronisti di sinistra, di destra e di centro. Ci sono conservatori e ci sono rivoluzionari. Tutti hanno le loro ragioni per considerarsi peronisti, basandosi su momenti della vita di Perón o della storia del movimento o partito giustizialista.

È difficile trovare elementi comuni a tutti coloro che si definiscono peronisti. Ci sono aspetti tipici di molti peronisti, come la tutela dei lavoratori, l’animosità verso gli Stati Uniti, il desiderio di favorire i poveri, la tendenza allo statalismo, ecc. Tuttavia, metteremo l’accento su alcune componenti che non si riferiscono all’aspetto concettuale-affettivo peronista, ma alla realtà del suo funzionamento in quasi tutti i suoi aspetti. Gli elementi sono i seguenti:

  • 1. Il primato del potere.
  • 2. Il disagio con l’eccellenza.
  • 3. La priorità della tattica rispetto alla strategia.

È chiaro che si tratta di una semplificazione e generalizzazione, che non intende esaurire l’intera realtà del peronismo.

L’attuale Pontefice riesce a coniugare nella sua persona il vivace uomo di Buenos Aires, il sinuoso gesuita e il vorace peronista. In questo scritto ci atterremo al suo volto peronista. Nulla verrà detto su altri aspetti della personalità papale, come l’intricata psicologia, l’itinerario formativo, i limiti accademici, le ripetute strategie – di efficacia declinante – o la simpatia per i trasgressori (tra cui, paradossalmente, la FSSPX).

Vediamo il riflesso delle caratteristiche indicate nella personalità di Papa Francesco.

1. Il primato del potere

Sotto questo aspetto, la traiettoria dell’attuale Papa è lineare. La maggior parte delle sue azioni portano ad ottenere, utilizzare, mantenere o aumentare il potere.

Questo va sottolineato, perché spesso l’accento viene posto su alcune contraddizioni concettuali che esso comporta. In altre persone, ciò potrebbe significare profondi conflitti interiori o tradimenti calcolati. Tuttavia, nel caso di Bergoglio, la contraddizione teorica non ha molta importanza. Oggi può dire qualcosa e nel giro di poco tempo assumere, senza troppe difficoltà, un’idea incompatibile con quanto detto prima, purché tutto sia legato ad un unico obiettivo. Lo sviluppo delle idee e degli ideali massonici può essere seguito dalla condanna dei Massoni e, successivamente, dall’autorizzazione ad uno stretto dialogo con loro. Alla critica di certi “sinistri” (ricordiamo cosa disse riguardo al caso accaduto ad Osorno, in Cile), fanno seguito il favore e la simpatia di molteplici personalità di sinistra. In realtà, per chi dà priorità agli obiettivi pratici, questa contraddizione è evidente. Per Francesco ciò che conta non sono le idee, ma le decisioni e le azioni. Non è un teorico, ma un politico. Qui si applica uno dei suoi famosi aforismi: “La realtà è superiore all’idea”. “L’unica verità è la realtà”, disse Perón.

Da questa logica si comprende anche, che il diritto diventa un semplice strumento nelle mani di chi esercita il potere. E questa visione spiega alcuni comportamenti, che irritano un giurista o che rispondono a concezioni giuridiche contradittorie: ad esempio, cambiare le regole procedurali nel mezzo di un processo (ricordiamo cosa accadde durante il processo al Cardinal Becciu); difendere, a seconda dell’imputato, la prescrizione o l’imprescrittibilità di determinati atti criminali; ricevere o nominare giudici che sono difensori dei principi dello Stato di diritto, limitando allo stesso tempo il diritto alla difesa per alcuni imputati. Anche qui prevale il risultato pratico. Le norme giuridiche devono essere invocate quando si persegue un obiettivo specifico. Se ciò che si desidera non viene ottenuto dal diritto, si farà appello alla misericordia o si aggira come se la norma giuridica non esistesse. In ambito giudiziario si cerca di neutralizzare la rischiosa indipendenza dei tribunali, riducendo al minimo il loro funzionamento effettivo, a meno che non ci sia una garanzia per il risultato desiderato. Il diritto, insomma, non può diventare un ostacolo, poiché è uno strumento di potere. Piuttosto, è anche un mezzo di vendetta. Come ha detto Perón: “Al nemico, nessuna giustizia”.

Anche qualsiasi forte organizzazione intermediaria è una barriera per coloro che esercitano il potere supremo. Una fiorente associazione cattolica – in senso lato – prende le sue decisioni interne con relativa autonomia, motivo per cui, nella vita quotidiana, ha su suoi membri un’influenza maggiore di quella del Papa stesso. Pertanto, quando l’allineamento delle autorità delle organizzazioni ecclesiali con il potere vaticano è debole, l’azione quotidiana diventa, di fatto, un limite alla volontà papale. In questo contesto, gli interventi istituzionali (visite apostoliche ai vescovi, commissariamento di congregazioni religiose o movimenti laicali, ecc.) sono un modo importante per porre fine a questa resistenza. Le decisioni papali non dovrebbero passare attraverso il filtro del governo intermedio. Coloro che non sono ancora stati colpiti si sottometteranno, per paura, alle istruzioni di chi detiene il potere. Nella stessa linea vanno intesi il potere di deporre i vescovi e il rifiuto della leadership permanente dei dirigenti delle associazioni cattoliche.

Anche all’interno della struttura ecclesiastica le posizioni subalterne dovrebbero avere la minore autorità possibile. La divisione tra autorità formale e potere reale nel governo intermedio va in questa direzione. Un capo di dicastero potrebbe essere una figura meramente decorativa, perché il contatto diretto con il Papa è tenuto da un subordinato del dicastero e non dal prefetto. Quel subordinato controlla il suo capo, che si ritrova in una situazione scomoda. Il risultato pratico è che le autorità tendono a decidere meno, ad attuare le risoluzioni papali o a portare avanti solo le politiche che sanno con certezza avere la massima approvazione.

Le procedure danno inoltre all’organizzazione un controllo sulla situazione che può essere frustrante per chi esercita il potere supremo. Se un Papa deve scegliere un vescovo da una rosa di nomi che riceve dalle nunziature, diventa ostaggio della struttura. Qualcosa di simile accade con le beatificazioni e le canonizzazioni. Quindi, tralasciando procedure, segni esteriori di autorità o protocolli e cerimonie, è dimostrare che chi detiene il potere non si sottomette a nulla. E questo si maschera da efficacia, da liberazione dei segni del passato o da rinuncia a forme inutili.

Lo stesso si può dire per quanto riguarda la ricompensa del merito. Non esistono sedi cardinalizie, poiché queste condizionerebbero l’elezione papale. Un beneficio ricevuto dal Papa non dovrebbe fondarsi su un diritto. Al contrario, la sua origine risiede nella volontà del sovrano. Quanto più eccentrica sarà la decisione, tanto maggiore sarà il debito che il prescelto avrà nei confronti del Papa.

Inoltre, nessuna situazione è definitiva. Colui che oggi viene promosso cardinale potrebbe presto essere escluso dal Collegio cardinalizio. Tutto è provvisorio. La continua paura di perdere improvvisamente i benefici è un ottimo strumento di sottomissione.

Quando la questione è difficile o complicata, la responsabilità viene trasferita a realtà o organismi impersonali. Un primo esempio è l’insistenza di Francesco nell’affermare che la politica da lui portata avanti si limita a seguire quanto deciso dai cardinali in Conclave. Commissioni successivamente nominate, consentono di adottare o rinviare una decisione, trasferendo il costo politico su una realtà impersonale. Con un vantaggio in più: acquisisce la reputazione di democratico e di manager che ha la saggezza di agire seguendo il consiglio degli esperti.

2. Il disagio con l’eccellenza

La seconda caratteristica è il disagio con l’eccellenza. In Francesco non c’è disprezzo per il denaro né desiderio di austerità. Ciò che c’è, è una resistenza o un disagio rispetto a tutto ciò che è di qualità.

Le applicazioni sono varie. Vive a Santa Marta, perché si sentirebbe a disagio in uno spazioso appartamento vaticano. Inoltre, non vuole essere isolato, il che implicherebbe una perdita di potere (per inciso, è una zona adatta per richieste informali al sovrano, fatte informalmente in quella zona). La sua liturgia è a basso costo. Usa ornamenti liturgici brutti, perché si sente a suo agio nell’indossarli. Le stole di qualità sono pesanti e scomode. Le sue vecchie scarpe sono comode, mentre quelle nuove non vanno bene. Non è andato al concerto che hanno preparato in suo onore, perché non gli piace ascoltare quel tipo di musica.

Anche se cerca di promuovere l’idea di essere un esempio di austerità, è chiaro che non è un problema di soldi. Se il criterio generale fosse l’austerità, questo verrebbe proiettato sul resto delle decisioni. Tuttavia, non vi è alcuna difficoltà economica nel portare a Roma musicisti latinoamericani di bassa qualità o docenti mediocri. Non c’è nemmeno un problema di soldi per quanto riguarda le enormi spese delle Giornate Mondiali della Gioventù o i tanti incontri di ogni genere che si svolgono in Vaticano.

Ma deve mascherarsi. Vivere a Santa Marta viene spiegato come un esempio di austerità o come mezzo per raggiungere l’equilibrio psicologico. Tutti i suoi vestiti — anche i paramenti liturgici — sono manifestazione di semplicità e povertà. Il suo rifiuto di assistere al concerto viene mostrato come un rifiuto dello sfarzo rinascimentale.

Inoltre, il suo modo di agire è la dimostrazione che il raggiungimento di obiettivi importanti non richiede strumenti di qualità. Un cambiamento rilevante nella disciplina o nella liturgia della Chiesa può essere realizzato con un testo privo di spessore teologico. Inoltre, è ancora un segno di potere che intellettuali seri effettuino analisi ponderate su documenti mediocri. Un trionfo ufficiale della sciatteria.

3. La priorità della tattica rispetto alla strategia

Oppure, che è lo stesso, anteporre il breve termine al lungo termine. La vita è breve. Il lungo termine è molto lontano e le decisioni i cui effetti influenzano davvero l’intensità del potere e la popolarità di un governante, che entra in carica in età avanzata, sono quelle prese con effetti a breve termine.

Ecco le determinazioni a cui il Papa dà priorità. Sul piano tattico il Papa cercherà di non rinunciare a nessuna decisione. A lui sono riservate la nomina dei suoi collaboratori, l’influenza nei processi elettorali immediati, l’attuale consenso dei media, la gestione economica che ritiene decisiva, le operazioni politiche che lo interessano, ecc. In generale, il Papa deve avere la possibilità di intervenire, se lo desidera, in qualsiasi tipo di determinazione.

Le consuete operazioni mediatiche sostengono la storia di un Papa riformatore, che opera cambiamenti irreversibili in tutti gli ambiti della Chiesa. E chi si oppone sono conservatori minoritari, ma potenti, ancorati a strutture sorpassate di cui beneficiano. La continua generazione di aspettative di cambiamenti drastici, che si concludono sistematicamente le montagne che partoriscono un topolino, è un po’ noiosa. Il fatto è che il rinnovamento permanente delle operazioni mediatiche rientra nel breve termine. Periodicamente devono sorgere nuovi nemici, gesti sorprendenti e attesi di grandi cambiamenti, la cui pubblicità mantiene viva l’importanza del leader.

Anche l’enfasi sulla tattica è un problema di limitazione, comune alla maggior parte degli esseri umani. Sono pochi gli uomini capaci di decisioni che lasciano un segno profondo e duraturo. La maggior parte di noi è mediocre, agiamo secondo le nostre possibilità.

Articolo collegato

“Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia”. Altroché scatti umorali. Retaggio del peronismo – 9 settembre 2022 [QUI]

Postscriptum

La verità ci farà liberi

«Il 24 settembre 2020 Papa Francesco ha punito severamente – come nessun altro prima era mai stato punito – il Cardinal Becciu, suo stretto collaboratore, senza nemmeno che lui potesse conoscere le accuse e quindi difendersi.
Secondo me, perché quella punizione – impulsiva, comminata sull’onda di un articolo de L’Espresso – risultasse anche in futuro motivata, o se non altro giustificabile, era necessario dimostrare che il Papa avesse agito avendo in mano quantomeno una prova schiacciante, certa, verificabile, atta a dimostrare incontrovertibilmente la colpevolezza di Becciu.
Ora, dopo tre anni e mezzo di brutale accanimento mediatico e giudiziario e un processo interminabile, non solo non s’è vista la “pistola fumante”, ma non è emersa nemmeno l’ombra di una prova che possa dirsi tale. Solo insinuazioni, congetture, calunnie, e leggi modificate a procedimento in corso, e testimoni manipolati, e pregiudicati artefici di montature costruite ad arte, e trame oscure dei servizi segreti italiani. Insomma, il ventaglio di accuse concentriche scagliate simultaneamente e concentricamente contro Becciu si è sbriciolato al confronto con la realtà dei fatti.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che la punizione del 24 settembre 2020 era infondata, totalmente arbitraria. Becciu è stato sacrificato “sull’altare dell’ipocrisia” (come ha detto il Papa a proposito di Mons. Aupetit).
Tutto questo però, cozzando contro i fondamenti inalienabili dei diritti umani, mette a rischio la credibilità stessa dello Stato della Città del Vaticano (dove il Capo dello Stato incorpora in sé tutti e tre i poteri dello Stato). E questo non è sostenibile.
E quindi? E quindi – per la ragion di Stato e per non perdere la faccia – per affermare che il bianco è nero, per sostenere che il freddo è caldo, per dimostrare l’indimostrabile insomma, i magistrati vaticani (sottoposti al sommo magistrato) si permettono di tutto, fino a sacrificare i principi basilari del giusto processo.
In sintesi: perché la punizione del 24 settembre 2020 fosse razionalmente accettabile, era necessario che emergesse una prova indiscutibile (non certo un sospetto o una mera insinuazione o un teorema alla Diddi). Non essendo emersa tale prova, quella punizione risulta abusiva ed eticamente illecita.
Orbene: essere stati ingannati non è cosa disonorevole, come non lo è sbagliarsi. Anzi è umano. Disonorevole è non ammettere di essersi sbagliati.
I lusingatori e gli adulatori del Papa – che spesso vanno a braccetto con i calunniatori – non lo aiutano a fare il passo necessario. Necessario per lui e per la chiesa. Chi, allora, aiuta il papa?» (Andrea Paganini, il curatore della Rassegna stampa sul “caso Becciu” [QUI], sul suo diario Facebook).

Indice – Caso 60SA [QUI]

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