La diocesi di Padova riparte da Cana

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Domenica 25 febbraio il vescovo della diocesi di Padova, mons. Claudio Cipolla, ha presieduto la celebrazione eucaristica conclusiva del Sinodo diocesano, in cui ha consegnato la lettera pastorale, in cui sono stati messi in evidenza i tre segni liturgici sottolineati e utilizzati durante gli anni del Sinodo: il libro dei Vangeli, la colletta per le necessità della Chiesa e dei poveri e la comunione agli infermi.

‘Ripartiamo da Cana’ è il titolo della Lettera post sinodale, che traccia le piste operative per il cammino della Chiesa di Padova, definito ‘un nuovo viaggio entusiasmante’, a cui si aggiungono 6 allegati: lo Strumento di lavoro 2, frutto dei Gruppi di discernimento sinodale in cui venivano rappresentati i cinque stili generativi e le 28 proposte frutto delle fasi di ascolto e discernimento;

le tre proposte ‘leve di cambiamento’ votate dall’Assemblea sinodale (relative a: ministeri battesimali, piccoli gruppi della Parola, collaborazioni tra parrocchie); altri tre testi di indirizzo che riprendono delle sperimentazioni già avviate negli scorsi anni (Famiglie in collaborazione pastorale, Percorso Simbolo, Fraternità presbiterale), che ora trovano una loro espressione identificativa di un indirizzo preciso della Chiesa padovana; una bozza di lavoro che propone un’ipotesi di riorganizzazione della Diocesi nella prospettiva delle Collaborazioni pastorali.

Il Sinodo, ha sottolineato nella lettera post-sinodale mons. Cipolla o Claudio è il contributo della Chiesa locale a questa particolare stagione storica che si sta vivendo, come Chiesa e come società: “Ci aiuta a coltivare insieme un sogno e una speranza, ci rinforza nello sforzo di dare spazio alla diversità e di trovare unità in ciò che è prioritario, ci apre al confronto libero e schietto in ascolto non di noi stessi ma del Signore, ci indica la strada del servizio agli altri”.

Nel testo mons. Cipolla ha riconosciuto nelle tre proposte votate dall’assemblea sinodale altrettante ‘leve di cambiamento’ per rinnovare la Chiesa, sottolineando ulteriori aspetti, che hanno contraddistinto i 9 anni del suo episcopato, di cui il primo è il ‘valore di ogni singola comunità parrocchiale’, nell’originalità, ma anche nella presenza capillare della Chiesa nel territorio: “lì dove ci sono le persone lì è presente Gesù, attraverso le comunità di battezzati che umilmente lo testimoniano”.

In merito alla seconda proposta votata dall’Assemblea sinodale (i piccoli ‘Gruppi della Parola’) il vescovo ha sollecitato la sperimentazione di ‘autentici laboratori di relazioni fraterne illuminate dal Vangelo’, dove in particolare possono essere una grande risorsa ‘i facilitatori e i moderatori del Sinodo: persone già formate nell’accompagnare con delicatezza i gruppi’.

Infine, rispetto alla terza proposta di una riorganizzazione della collaborazione tra parrocchie vicine, mons. Cipolla ha introdotto una nuova espressione: le ‘Collaborazioni pastorali’, che evidenziano l’unicità di ogni parrocchia e promuovono il “valore della comunione e collaborazione tra parrocchie vicine. Tutte con gradualità, entreranno in una forma di sinergia organica; nessuna parrocchia si penserà da sola, staccata dalle altre come se potesse bastare a se stessa”.

Nell’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva del cammino sinodale mons. Cipolla ha indicato le prospettive per i prossimi anni: “Siamo oggi arrivati ad un momento che risponde alle attese di tanti cristiani e di tante comunità della nostra Chiesa e che vogliamo mettere nelle mani del Signore. Lo vivo con emozione anche perché sento il peso della responsabilità per le indicazioni che al termine della celebrazione vi consegnerò.

E’ mio desiderio indicare prospettive e orizzonti comunitari, con quell’atteggiamento mariano che rende docili all’opera dello Spirito del Padre e di Gesù. Oggi, in questa chiesa dell’Opera della Provvidenza, che intendo rendere Santuario mariano della Diocesi guardiamo a Colei che per prima ha accolto Gesù, lo ha accompagnato e con la sua presenza silenziosa lo ha annunciato. Maria Vergine madre della Provvidenza, ci aiuti a vivere la missione che lo Spirito, nel battesimo ci ha affidato! Sono certo infatti che questi sono anche gli atteggiamenti interiori che lo Spirito ha messo nei nostri cuori”.

E’ stato un invito a non perdere la speranza della Trasfigurazione: “Dopo essere stati a Cana, alla festa di nozze, dove abbiamo assaporato il vino nuovo e più buono donato da Gesù, in questa seconda domenica di Quaresima siamo invitati a salire con lui, come Pietro, Giacomo e Giovanni, sul Tabor. Il trasfigurarsi di Gesù di fronte ai suoi discepoli è incoraggiamento a proseguire il cammino quaresimale verso la Pasqua”.

Al contempo la Trasfigurazione invita ad ascoltare Dio: “Insegna però anche a guardare l’invisibile, a vedere lo splendore bianchissimo, e ad ascoltare la voce che viene dal cielo. Insegna a guardare avanti, in alto, in profondità. Insegna a credere nel futuro preparato da Gesù e a non lasciarsi spaventare dalla sofferenza che caratterizza la sua croce, come anche le croci degli altri uomini e donne.

Visione ed ascolto riservati per poco tempo soltanto ai tre discepoli, nei quali potremmo riconoscerci: come loro anche noi sappiamo che scesi dal monte, dovremo passare dalla visione alla realtà della Pasqua che affida a discepoli e discepole la missione di annunciare a tutti quello che avevano sperimentato turbati ed attoniti: il Signore è risorto. Anche noi viviamo di speranza, di quella stessa speranza che è stata accesa nel cuore dei tre i discepoli”.

Ed ha ‘acceso’ tre luci: “La prima luce riguarda l’esperienza di comunità. Siamo la Chiesa unica ed universale che vive in questi territori e in questa storia, formata da tante e diverse comunità, ognuna delle quali ha una sua identità, ma soprattutto crede con fermezza che il Signore è il suo custode e da lui ha tutto origine e trova il suo compimento: ogni comunità è unica ed è irripetibile come lo sono le persone che la compongono. Oggi si manifesta il bisogno che le comunità, in particolare quelle che definiamo parrocchia, diventino luoghi di fraternità e di invio in missione: comunità fraterne e missionarie”.

La seconda luce è l’evangelizzazione: “A partire dagli adulti e dai giovani le nostre comunità sono nella necessità di rivedere i propri stili di vita perché siano ispirati al Vangelo e siano Vangelo. L’annuncio del Vangelo e la sua accoglienza nelle famiglie, nei piccoli gruppi, nelle comunità sono richiesti non per costruire élite ma per essere ricchi di quel tesoro di cui tanti nostri amici sentono il bisogno, interpretati molto bene dal salmo che dice “Come una cerva anela ai corsi d’acqua così l’anima mia anela a te o Dio”.

La terza è il discepolato, cioè l’organizzazione di una diocesi: “…i discepoli costituiscono una comunità concreta, anzi molte comunità che tra loro si riconoscono sorelle e che si trovano nella condizione di aiutarsi e sostenersi reciprocamente, condividendo, quando necessario, anche carismi e doni ministeriali. Poiché siamo molti e viviamo su territori diversi occorre che ci diamo una organizzazione per poterci aiutare reciprocamente.

Parlare di vicariati, di collaborazioni pastorali e di parrocchie, di presbiteri e diaconi, di ministeri istituiti e battesimali, di carismi presenti grazie alla vita consacrata e ai movimenti significa anche andare sul concreto, porre indicatori, stabilire tempi, darsi appuntamenti, indicare sedi di incontro. Occorre però sempre ricordarci che si tratta di strumenti, non di fini”.

Queste tre ‘luci’ sono invito ad ‘uscire’: “Dobbiamo cercare le nuove forme di sofferenza, di discriminazione, di violenza ed essere braccia pronte all’abbraccio, porta aperta all’accoglienza, fratelli e sorelle, compagni di strada. Senza pietismi o assistenzialismi, ma per giustizia e per carità. Nessuno escluso (direbbe papa Francesco) riproponendoci gli atteggiamenti evangelici di Gesù.

Ripartiamo dunque da Cana; scendiamo dal monte e con Gesù, Maestro e Signore, camminiamo senza indugio verso Gerusalemme”.

(Foto: diocesi di Padova)

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