Dichiarazione ‘Fiducia supplicans’: meditazioni giuridico-teologiche sullo stupore suscitato in tutto il mondo                             

Condividi su...

Sommessamente cercherò di indicare le principali critiche formulate in merito da chierici e laici. Oltre ad enunciare, come sempre in tutti i miei articoli qui pubblicati, le fonti riguardanti la Sacra Scrittura, il Magistero e la Tradizione ecclesiale, desidero evidenziare (ritenendolo rilevante in quanto in alcune interviste effettuate, di seguito specificate in forma anonima, si pone tale quesito) il significato e la ratio della denominazione specifica (posta in discussione) del  documento.

Il termine Dichiarazione significa che il Documento non insegna dottrine nuove, risultato dello sviluppo e dell’esplicitazione della fede, ma riafferma e riassume la dottrina della fede cattolica definita o insegnata in precedenti Documenti del Magistero della Chiesa, indicandone la retta interpretazione, a fronte di errori e ambiguità dottrinali diffusi nell’ambiente teologico ed ecclesiale odierno. Trattandosi di un Documento dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, espressamente approvato dal Sommo Pontefice, esso è di natura magisteriale universale.

Questa peculiarità deriva dal fatto che la Congregazione  (oggi Dicastero) per la Dottrina della Fede è sempre  l’organo ausiliare prossimo del Romano Pontefice, con il mandato specifico e unico da Lui ricevuto di promuovere e tutelare in tutto l’orbe cattolico la dottrina sulla fede e sui costumi (cf. Costituzione Apostolica, Pastor Bonus, art. 48). Pertanto tali  Documenti  espressamente approvati dal Papa, partecipano del magistero ordinario del Sommo Pontefice (cf. Istruzione, Donum Veritatis, 18).

E’ bene ricordare che tali Documenti, di natura dottrinale, non sono equiparabili ad atti di natura amministrativa o puramente giurisdizionale, ma sono atti di insegnamento magisteriale, dato lo stretto ed essenziale rapporto che i Membri del Dicastero per la Dottrina della Fede hanno con il Supremo Titolare dell’Ufficio Petrino, che ha una responsabilità unica e particolarissima per la Chiesa universale nell’ambito della potestà di magistero.

Una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne ( dal papa “ex cathedra” e dal Concilio ecumenico) sia con un atto ordinario non solenne (dal Magistero ordinario e universale del Papa e dei Vescovi in comunione con lui). Entrambi questi atti sono tuttavia infallibili. E’ inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine che appartengono d’altronde alla fede della Chiesa: in questo caso, il pronunciamento del Papa, pur non avendo il carattere di una definizione solenne, ripropone alla Chiesa dottrine infallibilmente insegnate come da credersi o da tenersi definitivamente, ed esige quindi dai fedeli un assenso di fede o definitivo.

La Dichiarazione si presenta quindi, per sua propria natura, come un servizio alla fede, sia per salvaguardarla da errori e ambiguità che oscurano o addirittura alterano punti essenziali del suo patrimonio genuino, come il mistero dell’unicità e universalità salvifica di Cristo e il mistero dell’unità e dell’unicità della Chiesa sacramento universale della salvezza, sia per promuoverne una comprensione più approfondita, nella fedeltà e nella continuità con la Tradizione ecclesiale. Tale servizio, che è esattamente l’opposto di una limitazione e di un soffocamento della ricerca teologica, apre l’intelligenza dei credenti, liberandola dal rischio della deviazione e della parzialità, per ricondurla nella direzione giusta verso la comprensione della pienezza della rivelazione divina.

 In tal senso il Documento è anche un servizio alla carità, a quella che Antonio Rosmini chiamava la «carità intellettuale», poiché la salus animarum, che per la Chiesa vale più di ogni altra cosa, richiede come condizione essenziale l’annuncio e la difesa della verità di fede (INTERVENTO DI S.E. MONS. T. BERTONE,  GIA’ SEGRETARIO DELLA CDF-vatican.va “Lo scopo di questo intervento è di commentare brevemente il genere letterario della Dichiarazione Dominus Iesus e, in tale contesto, proporre alcune precisazioni circa il suo valore e il suo grado di autorità). Molti studiosi e tanti fedeli si chiedono se ed in quale misura e con quali modalità si possono proporre eventuali chiarimenti testuali di carattere teologico al Pontefice.

Aggiungo che nella BIBBIA-C.E.I. è descritto in  Galati 2:11-14 il c.d. ‘incidente di Antiochia che  ebbe luogo nella prima metà del I secolo d.C. fra gli apostoli Pietro ( primo Papa) e Paolo: “11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. 12 Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13 E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14 Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa (Pietro) in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”.

Riveduta nel 2020 in  Galati 2:11-14 così configurata Pietro ripreso pubblicamente da Paolo”

11 Ma, quando Cefa ( Pietro) fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia perché era da condannare. 12 Difatti, prima che fossero venuti alcuni provenienti da Giacomo, egli mangiava con i Gentili, ma, quando quelli furono arrivati, egli iniziò a ritrarsi e a separarsi per timore di quelli della circoncisione. 13 E gli altri Giudei si misero a simulare con lui a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia.

 14 Ma, quando vidi che non procedevano con rettitudine rispetto alla verità del vangelo, io dissi a Cefa alla presenza di tutti: “Se tu, che sei Giudeo, vivi come i Gentili e non come i Giudei, come mai costringi i Gentili a vivere alla maniera dei Giudei?”.

In tale contesto apprezzo le argomentazioni formulate magistralmente il  16/11/2016  dallo stimatissimo, eccelso ch.mo Prof. P. Consorti, Docente ordinario di Diritto canonico all’Università di Pisa:

“Un dubbioso ed autorevole cardinale canonista si è detto convinto che nel caso in cui il papa sbagli, va corretto (Vedi intervista). Qui ha ragione, perché Gesù stesso ha insegnato la pratica della correzione fraterna (Mt. 18, 15 “ Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello” ). Pertanto il principio è valido. Nemmeno il papa è esente dalla correzione evangelica. Pietro stesso è un gran peccatore, e poi gli Atti degli apostoli presentano frequenti dissidi e non poche correzioni evangeliche, che tuttavia non incidono sulla posizione coperta da ciascuno di loro.

In altre parole: il papa può sbagliare e può essere corretto. Ma la questione proposta non riguarda una fraterna correzione evangelica. Investe un giudizio più complesso. Sotto traccia serpeggia la domanda: e che cosa succede se il papa errante non accetta la correzione? Il tema è stato molto frequentato e la canonistica più risalente si diceva convinta della necessità di distinguere fra l’obbligo di reverenza e l’obbligo di obbedienza al papa errante. Il quale resta papa anche se sbaglia. Perciò i fedeli possono non seguire il papa nell’eventuale indicazione erronea, ma giammai possono deporre il papa.

Tanto meno possono farlo se egli cade in un errore che riguarda la fede. Per la verità, quest’ultima ipotesi è in genere affatto esclusa. L’idea stessa di un papa eretico assomiglia ad un’eresia. Una simile supposizione contrasta persino con la fede nell’autorità petrina. Ad esempio Paolo accusò Pietro di sbagliare e non volle seguire le sue indicazioni, tuttavia non contestò la sua autorità e tanto meno lo accusò di eresia. E anche Pietro, pur pensando che Paolo sbagliasse, non lo considerò scismatico. Per non dire di Paolo e Barnaba …La tradizione apostolica è piena di bivi, seguire strade diverse non significa necessariamente uscire dai binari. Nella successiva storia ecclesiale emergono sfumature molto diverse, che raccontano un’evoluzione che non si può sintetizzare in poche righe. Non vorrei scandalizzare nessun cardinale, ma la storia racconta parecchi cambiamenti (evoluzioni ed involuzioni), perché si sa che il Regno dei cieli è simile ad uno scriba saggio, che dal suo tesoro estrae cose nuove e cose antiche. Ma non divaghiamo.

Free Webcam Girls
151.11.48.50