Il papa nella messa di Natale prega per i bambini rifutati e sfruttati e per la pace in Terra Santa

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Il canto della Kalenda, anticipato quest’anno prima dell’inizio della messa, e poi il Gloria, le letture che ricordano la nascita di un bambino che “dimora nell’alto, ma si china verso il basso…”. La messa della Notte di Natale nella basilica Vaticana, presieduta dal papa, è solenne e meditativa. E Benedetto XVI , nella notte di Dio “immensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi”, chiede amore per i bambini sfruttati e pace per Betlemme, dove si recherà a maggio. 

“Su ogni bambino c’è il riverbero del bambino di Betlemme”, ha detto il papa all’omelia. Ed ha proseguito: “Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini ai quali è rifiutato l’amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter essere portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che mediante l’industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione di questi bambini; di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli uomini. Soltanto attraverso la conversione dei cuori, soltanto attraverso un cambiamento nell’intimo dell’uomo può essere superata la causa di tutto questo male, può essere vinto il potere del maligno. Solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspettato è entrata nella nostra notte.” Ma il bambino che nasce a Betlemme per scendere vicino all’uomo, il luogo dove“ Gesù ha vissuto e che Egli ha amato profondamente”, non conosce ancora una vera pace. E per questo il papa prega “affinché lì si crei la pace. Che cessino l’odio e la violenza. Che si desti la comprensione reciproca, si realizzi un’apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la pace di cui hanno cantato gli angeli in quella notte.”

L’omelia del papa è stata dedicata tutta al “chinarsi di Dio” verso l’uomo. “Nella notte di Betlemme, essa ha acquistato un significato completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente”. La stella che accompagna alla stalla e la nube e “Dio è nella nube della miseria di un bimbo senza albergo: che nube impenetrabile e tuttavia – nube della gloria! In che modo, infatti, la sua predilezione per l’uomo, la sua preoccupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura? La nube del nascondimento, della povertà del bambino totalmente bisognoso dell’amore, è allo stesso tempo la nube della gloria. Perché niente può essere più sublime, più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme.” Un invito alla vigilanza come le persone che “veglino “ nella notte di Natale e all’ orto del Getsemani “restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati”. Perché, spiega il papa, “solo il cuore vigilante può infondere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bambino nella stalla. Preghiamo il Signore affinché aiuti anche noi a diventare persone vigilanti.”

Ma se la “venuta di Dio a Betlemme fu silenziosa”il papa ricorda che “questo venire silenzioso della gloria di Dio continua attraverso i secoli. Là dove c’è la fede, dove la sua parola viene annunciata ed ascoltata, Dio raduna gli uomini e si dona loro nel suo Corpo, li trasforma nel suo Corpo.” E il papa rilancia anche il significato dell’ Albero di Natale “ L’albero in Piazza san Pietro parla di Lui, vuole trasmettere il suo splendore e dire: Sì, Egli è venuto e gli alberi della foresta lo acclamano. Gli alberi nelle città e nelle case dovrebbero essere più di un’usanza festosa: essi indicano Colui che è la ragione della nostra gioia – il Dio che per noi si è fatto bambino. Il canto di lode, nel più profondo, parla infine di Colui che è lo stesso albero della vita ritrovato”.

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