Tag Archives: perdono

Papa Francesco: le stimmate di san Francesco siano segno di perdono e di pace

“San Francesco, uomo piagato dall’amore Crocifisso nel corpo e nello spirito, guardiamo a te, decorato delle sacre stimmate, per imparare ad amare il Signore Gesù, i fratelli e le sorelle con il tuo amore, con la tua passione. Con te è più facile contemplare e seguire Cristo povero e Crocifisso. Donaci, Francesco, la freschezza della tua fede, la certezza della tua speranza, la dolcezza della tua carità. Intercedi per noi, perché ci sia dolce portare i pesi della vita e nelle prove possiamo sperimentare la tenerezza del Padre e il balsamo dello Spirito. Le nostre ferite siano sanate dal Cuore di Cristo, per diventare, come te, testimoni della sua misericordia, che continua a guarire e a rinnovare la vita di quanti lo cercano con cuore sincero. O Francesco, reso somigliante al Crocifisso, fa’ che le tue stimmate siano per noi e per il mondo segni splendenti di vita e di risurrezione, che indichino vie nuove di pace e di riconciliazione. Amen”.

Con questa preghiera e con la benedizione con la reliquia di san Francesco papa Francesco ha concluso l’udienza ai i frati minori del santuario di La Verna e della provincia toscana in occasione dell’VIII centenario del dono delle stimmate ricevute dal santo di Assisi nel 1224, con una riflessione sul significato dei segni che ricordano il dolore sofferto da Gesù:

“E proprio di questa conformazione le stimmate sono uno dei segni più eloquenti che il Signore abbia concesso, lungo il corso dei secoli, a fratelli e sorelle nella fede di varia condizione, stato e provenienza. A tutti, nel Popolo santo di Dio, ricordano il dolore sofferto per nostro amore e per la nostra salvezza da Gesù nella sua carne; ma sono anche un segno della vittoria pasquale: è proprio attraverso le piaghe che la misericordia del Crocifisso Risorto, come attraverso dei canali, scorre verso di noi. Fermiamoci a riflettere sul significato delle stimmate, dapprima nella vita del cristiano e poi nella vita del francescano”.

Il papa ha ricordato il valore delle stimmate nella vita di ogni cristiano: “Il discepolo di Gesù trova in san Francesco stimmatizzato uno specchio della sua identità. Il credente, infatti, non appartiene a un gruppo di pensiero o di azione tenuto insieme dalle sole forze umane, ma ad un Corpo vivente, il Corpo di Cristo che è la Chiesa.

E questa appartenenza non è nominale, ma reale: è stata impressa nel cristiano dal Battesimo, che ci ha segnati con la Pasqua del Signore. Così, nella comunione d’amore della Chiesa, ciascuno di noi riscopre chi è: un figlio amato, benedetto, e riconciliato, inviato per testimoniare i prodigi della grazia ed essere artigiano di fraternità”.

Per questo il cristiano è chiamato a fare attenzione a tutti coloro che incontra: “Perciò il cristiano è chiamato a rivolgersi in modo speciale agli ‘stimmatizzati’ che incontra: ai ‘segnati’ dalla vita, che portano le cicatrici di sofferenze e ingiustizie subite o di errori commessi. E in questa missione il Santo della Verna è un compagno di cammino, che sostiene e aiuta a non lasciarsi schiacciare da difficoltà, paure e contraddizioni, proprie e altrui”.

Seguendo le orme di san Francesco il cristiano deve testimoniare la povertà evangelica: “E’ ciò che Francesco ha fatto ogni giorno, dall’incontro con il lebbroso in poi, dimenticando sé stesso nel dono e nel servizio, arrivando perfino, negli ultimi anni, a ‘disappropriarsi’ (questa parola è chiave) in un certo senso di ciò a cui aveva dato inizio, aprendosi con coraggio e umiltà a vie nuove, docile al Signore e ai fratelli. Nella sua povertà di spirito (sottolineiamo questo: Francesco, la povertà di spirito) e nel suo affidamento al Padre ha lasciato a tutti una testimonianza sempre attuale del Vangelo. Se vuoi conoscere bene il Cristo addolorato, cerca un francescano. E voi, pensate se siete testimoni di questo”.

Eppoi anche nella vita di ogni francescano le stimmate sono importanti: “Il vostro Santo fondatore vi offre un potente richiamo a fare unità in voi stessi e nella vostra storia. Infatti, il Crocifisso che gli appare alla Verna, segnando il suo corpo, è lo stesso che gli si era impresso nel cuore all’inizio della sua “conversione” e che gli aveva indicato la missione di ‘riparare la sua casa’. In questo punto del ‘riparare’, vorrei inserire la capacità di perdono. Voi siete bravi confessori: il francescano ha fama di questo. Perdonate tutto, perdonate sempre!”

Le stimmate sono un ammonimento ad un ritorno all’essenzialità del messaggio francescano: “In Francesco, uomo pacificato nel segno della croce, con il quale benediceva i fratelli, le stimmate rappresentano il sigillo dell’essenziale. Ciò richiama anche voi a tornare all’essenziale nei vari aspetti del vostro vissuto: nei percorsi formativi, nelle attività apostoliche e nella presenza in mezzo alla gente; ad essere perdonati portatori di perdono, guariti portatori di guarigione, lieti e semplici nella fraternità; con la forza dell’amore che sgorga dal costato di Cristo e che si alimenta nel vostro personale incontro con Lui, da rinnovare ogni giorno con un serafico ardore che bruci il cuore”.

Il messaggio del papa è un invito ad essere testimoni del Regno di Dio: “Sentitevi chiamati a portare nelle vostre comunità e fraternità, nella Chiesa e nel mondo, un po’ di quell’amore immenso che spinse Gesù a morire in croce per noi. L’intimità con Lui, come avvenne per Francesco, vi renda sempre più umili, più uniti, più gioiosi ed essenziali, amanti della croce e attenti ai poveri, testimoni di pace e profeti di speranza in questo nostro tempo che tanto fatica a riconoscere la presenza del Signore. Possiate essere sempre più segno e testimonianza, con la vostra vita consacrata, del Regno di Dio che vive e cresce in mezzo agli uomini”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: Dio non si stanca mai a perdonare

Nel pomeriggio il reparto femminile della Casa Circondariale di Rebibbia ha accolto papa Francesco per la Messa in Coena Domini, che ha salutato le donne presenti, lavando i piedi a 12 detenute. Nella cerimonia sobria ha spiegato i due episodi essenziali del Vangelo:

“La lavanda dei piedi di Gesù: Gesù si umilia, e con questo gesto ci fa capire quello che aveva detto: ‘Io non sono venuto per essere servito, ma per servire’. Ci insegna il cammino del servizio.

L’altro episodio, triste, è il tradimento di Giuda che non è capace di portare avanti l’amore, e poi i soldi, l’egoismo lo portano a questa cosa brutta. Ma Gesù perdona tutto. Gesù perdona sempre. Soltanto chiede che noi chiediamo il perdono”.

Nella breve omelia ha raccontato un episodio avvenuto a Buenos Aires: “Una volta, ho sentito una vecchietta, saggia, una vecchietta nonna, del popolo … Ha detto così: ‘Gesù non si stanca mai di perdonare: siamo noi a stancarci di chiedere perdono’. Chiediamo oggi al Signore la grazia di non stancarci”.

Però Dio non si stanca di attendere: “Sempre, tutti noi abbiamo piccoli fallimenti, grandi fallimenti: ognuno ha la propria storia. Ma il Signore ci aspetta sempre, con le braccia aperte, e non si stanca mai di perdonare. Adesso faremo lo stesso gesto che ha fatto Gesù: lavare i piedi. E’ un gesto che attira l’attenzione sulla vocazione del servizio. Chiediamo al Signore che ci faccia crescere, tutti noi, nella vocazione del servizio”.

Questa non è la prima volta che papa Francesco celebra in un carcere: la prima Lavanda dei piedi papa Francesco la celebrò il 28 marzo 2013 nell’Istituto penale per minori di Casal del Marmo, dove è tornato per il Giovedì Santo del 2023, il 6 aprile. Nel 2015 papa Francesco era già stato a Rebibbia, nel Nuovo Complesso.

(Foto: Santa Sede)

Domenica delle Palme: la Passione del Signore

Il cammino quaresimale oggi ci introduce nella Settimana Santa nella quale la Liturgia ci propone il ricordo della passione, morte e risurrezione di Cristo Gesù. Una giornata caratterizzata  da due momenti che vanno del canto della folla ‘Osanna’ al grido blasfemo della stessa folla, aizzata dai Capi e dal Sinedrio, che grida ‘Crucifige’.

Il primo momento liturgico di oggi è gioioso: palme e rami di ulivo in segno di esultanza al grido: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore: il Re di Israele’. E’ la domenica del trionfo di Gesù che viene accolto nella città di Gerusalemme; Gesù appare il vero Messia atteso da secoli. Il secondo momento è il ricordo drammatico della sua passione e morte descritto  nel Vangelo: è l’iter del sacrificio annunziato da Gesù: “se il chicco di grano non muore, non diventerà una spiga”. Grazie infatti al sacrificio di Gesù sulla croce sono state aperte a noi  le porte del regno dei cieli; inizia la nuova Alleanza tra Dio e l’uomo, grazie al sacrificio di Cristo Gesù.

Ma la domanda è spontanea: chi sono i veri responsabili della passione e morte di Gesù? Sono stati gli Ebrei o sono stati i Romani?  Gesù ha subìto  due processi: uno religioso e l’altro politico. Due tribunali con accuse diverse; nel processo religioso è stato accusato di avere bestemmiato perché ha affermato di essere ‘figlio di Dio’: al Sommo Sacerdote, che lo aveva interrogato: “Se tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”, Gesù aveva risposto: “sì, lo sono” e tutti gridarono: “è reo di morte”. Il secondo processo è stato impiantato in chiave politica: davanti al governatore romano; a Ponzio Pilato che interroga Gesù: “Sei tu il re dei Giudei?”, Gesù risponde: “Sì, sono Re, ma il mio regno non è di questo mondo!”. Pilato si convince che Gesù è innocente, ma, dietro le grida della folla: “Se non lo condanni a morte, ti accuseremo a Cesare”, Pilato se ne lava le mani, libera Barabba ed accontenta la folla e i Capi del Sinedrio. 

Due tribunali, due accuse diverse, due condanne a morte. Chi è il vero responsabile della condanna a morte di Gesù? Nel racconto del Vangelo si inseriscono vari episodi: Giuda, che lo aveva tradito si è andato ad impiccare; Pietro che lo rinnega davanti ad una cameriera, piange il suo peccato. A questi fatti eclatanti fanno riscontro fatti positivi: Un Cireneo aiuta Gesù a portare la croce; Maria e le pie donne seguono Gesù piangendo; il Centurione romano, visto Gesù spirare, esclama: “davvero costui era figlio di Dio” mentre il velo del tempio si squarcia in due. Chi è il vero responsabile della morte in croce di Gesù? 

Certamente al di là del racconto storico, i veri responsabili, senza alcun forse, non sono né gli Ebrei, né i Romani, il vero responsabile è l’uomo e il suo peccato, sei tu, sono io, siamo tutti  perché Cristo si è offerto al sacrificio della croce per salvare l’uomo peccatore. Gesù ha portato i nostri peccati sulla croce per salvare l’uomo peccatore: “Egli è stato schiacciato per le nostre iniquità”. Dietro Giuda, che vendette Gesù per trenta denari (baratto terribile), ci sei tu, ci sono io, che tanta volte facciamo di peggio. Gesù era passato ‘sanando e beneficando tutti’, noi  barattiamo e vendiamo Gesù per molto meno di trenta denari; tradiamo l’amore di Dio per soddisfare un capriccio, per la nostra stupida superbia ed orgoglio e talvolta ci vergogniamo di apparire cristiani davanti ad avversari della fede. L’uomo peccatore è peggio di Pilato, che se ne lava le mani.

Dall’alto della Croce Gesù prega: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato (recita un salmo), non è un grido di disperazione, non è un rifiuto della Croce e le sue ultime parole sono: “Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno”. Gesù, abbassato il capo, spira; il velo del Tempio si squarcia in due mentre il centurione romano esclama: “davvero costui è Figlio di Dio”.  La quaresima acquista un senso solo se si attua l’invito di Gesù: ‘convertitevi’, cambiate testa, prendete coscienza che davanti a Dio vivere è amare, amare è servire, come il buon Pastore che dà la sua vita per salvare le sue pecorelle.                                                                                       

A Roma la Giornata mondiale dei Bambini e delle Bambine

“Si avvicina la vostra prima Giornata Mondiale: sarà a Roma il 25 e 26 maggio prossimo. Per
questo ho pensato di mandarvi un messaggio, sono felice che possiate riceverlo e ringrazio tutti
coloro che si adopereranno per farvelo avere. Lo rivolgo prima di tutto a ciascuno personalmente, a
te, cara bambina, a te, caro bambino, perché ‘sei prezioso’ agli occhi di Dio, come ci insegna la
Bibbia e come Gesù tante volte ha dimostrato.

Allo stesso tempo questo messaggio lo invio a tutti, perché tutti siete importanti, e perché insieme, vicini e lontani, manifestate il desiderio di ognuno di noi di crescere e rinnovarsi. Ci ricordate che siamo tutti figli e fratelli, e che nessuno può esistere senza qualcuno che lo metta al mondo, né crescere senza avere altri a cui donare amore e da cui ricevere amore”.

Con questa lettera papa Francesco ha invitato bambini e bambine a Roma sabato 25 e domenica 26
maggio per l’incontro internazionale organizzato dal Dicastero per la cultura e l’educazione, in cui
sono attesi più di 100.000 bambini e ragazzi da più di 100 Paesi, come ha detto p. Enzo Fortunato,
coordinatore della prima Giornata mondiale dei bambini (Gmb):

“Ad oggi abbiamo già 57.555 iscritti. E’ un dato sorprendente, che crescerà. Vorrei ringraziare il Papa per il Messaggio che ci ha donato per la Giornata, che porta dentro il segreto della felicità: l’incontro con Gesù. Sarà un messaggio per il mondo”.

Mentre Stella Cervogni, responsabile delle delegazioni estere della Gmb, ha spiegato che saranno
invitati anche i bambini di altre religioni: “Ci saranno bimbi musulmani e buddisti, presenze che
saranno testimonianza visibile del mondo di pace che vorremmo”.


Nel messaggio papa Francesco ha sottolineato che i bambini e le bambine sono la ‘gioia’ anche
della Chiesa: “Così tutti voi, bambine e bambini, gioia dei vostri genitori e delle vostre famiglie,
siete anche gioia dell’umanità e della Chiesa, in cui ciascuno è come un anello di una lunghissima
catena, che va dal passato al futuro e che copre tutta la terra”.

E’ stato anche un invito ad ascoltare i propri familiari ed a non dimenticare chi ‘soffre’: “Per questo
vi raccomando di ascoltare sempre con attenzione i racconti dei grandi: delle vostre mamme, dei
papà, dei nonni e dei bisnonni!


E nello stesso tempo di non dimenticare chi di voi, ancora così piccolo, già si trova a lottare contro
malattie e difficoltà, all’ospedale o a casa, chi è vittima della guerra e della violenza, chi soffre la
fame e la sete, chi vive in strada, chi è costretto a fare il soldato o a fuggire come profugo, separato
dai suoi genitori, chi non può andare a scuola, chi è vittima di bande criminali, della droga o di altre
forme di schiavitù, degli abusi.


Insomma, tutti quei bambini a cui ancora oggi con crudeltà viene rubata l’infanzia. Ascoltateli, anzi
ascoltiamoli, perché nella loro sofferenza ci parlano della realtà, con gli occhi purificati dalle
lacrime e con quel desiderio tenace di bene che nasce nel cuore di chi ha veramente visto quanto è
brutto il male”.

‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’, brano dell’Apocalisse scelto come titolo dal papa per questa
giornata: “Queste parole ci invitano a diventare agili come bambini nel cogliere le novità suscitate
dallo Spirito in noi e intorno a noi. Con Gesù possiamo sognare un’umanità nuova e impegnarci per
una società più fraterna e attenta alla nostra casa comune, cominciando dalle cose semplici, come
salutare gli altri, chiedere permesso, chiedere scusa, dire grazie.

Il mondo si trasforma prima di tutto attraverso le cose piccole, senza vergognarsi di fare solo piccoli passi. Anzi, la nostra piccolezza ci ricorda che siamo fragili e che abbiamo bisogno gli uni degli altri, come membra di un unico corpo”.


Inoltre ha ricordato che la felicità deve essere condivisa: “E c’è di più. Infatti, care bambine e cari
bambini, da soli non si può neppure essere felici, perché la gioia cresce nella misura in cui la si condivide: nasce con la gratitudine per i doni che abbiamo ricevuto e che a nostra volta partecipiamo agli altri.

Quando quello che abbiamo ricevuto lo teniamo solo per noi, o addirittura facciamo i capricci per avere questo o quel regalo, in realtà ci dimentichiamo che il dono più grande siamo noi stessi, gli uni per gli altri: siamo noi il ‘regalo di Dio’. Gli altri doni servono, sì, ma solo per stare insieme. Se non li usiamo per questo saremo sempre insoddisfatti e non ci basteranno mai”.


Ed ha elencato alcuni luoghi in cui si può stare insieme felicemente: “Pensate ai vostri amici: com’è
bello stare con loro, a casa, a scuola, in parrocchia, all’oratorio, dappertutto; giocare, cantare,
scoprire cose nuove, divertirsi, tutti insieme, senza lasciare indietro nessuno. L’amicizia è
bellissima e cresce solo così, nella condivisione e nel perdono, con pazienza, coraggio, creatività e
fantasia, senza paura e senza pregiudizi”.

Infine in preparazione di questa giornata mondiale papa Francesco ha invitato a non dimenticare la
preghiera: “E adesso voglio confidarvi un segreto importante: per essere davvero felici bisogna
pregare, pregare tanto, tutti i giorni, perché la preghiera ci collega direttamente a Dio, ci riempie il
cuore di luce e di calore e ci aiuta a fare tutto con fiducia e serenità.

Anche Gesù pregava sempre il Padre. E sapete come lo chiamava? Nella sua lingua lo chiamava semplicemente Abbà, che significa Papà. Facciamolo anche noi! Lo sentiremo sempre vicino”.

In particolare la preghiera del Padre nostro: “Care bambine e cari bambini, sapete che a maggio ci
troveremo in tantissimi a Roma, proprio con voi, che verrete da tutto il mondo! E allora, per
prepararci bene, vi raccomando di pregare usando le stesse parole che Gesù ci ha insegnato: il Padre
nostro.

Recitatelo ogni mattina e ogni sera, e poi anche in famiglia, con i vostri genitori, fratelli, sorelle e nonni. Ma non come una formula, no! Pensando alle parole che Gesù ci ha insegnato. Gesù ci chiama e ci vuole protagonisti con Lui di questa Giornata Mondiale, costruttori di un mondo nuovo, più umano, giusto e pacifico”.

Papa Francesco: il perdono è vita nuova

La ‘24 Ore per il Signore’, iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta da papa Francesco, è giunta alla 11^ edizione, confessando alcuni penitenti nella parrocchia di san Pio V a Roma, promossa dal Dicastero per l’Evangelizzazione, che ogni anno si celebra nelle diocesi di tutto il mondo, alla vigilia della IV Domenica di Quaresima, ‘Domenica in Laetare’ alla presenza di 600 fedeli:

“E’ la vita che nasce dal Battesimo, il quale ci immerge nella morte e nella risurrezione di Gesù e ci fa per sempre figli di Dio, figli della risurrezione destinati alla vita eterna, orientati alle cose di lassù. E’ la vita che ci porta avanti nella nostra identità più vera, quella di essere figli amati del Padre, così che ogni tristezza e ostacolo, ogni fatica e tribolazione non possano prevalere su questa meravigliosa realtà che ci fonda: siamo figli del Dio buono”.

La vita nuova è un cammino, che non conosce la ‘pensione’, ha sottolineato il papa: “Abbiamo sentito che San Paolo associa alla vita nuova un verbo: camminare. Dunque la vita nuova, iniziata nel Battesimo, è un cammino. E non c’è pensione, in questo! Nessuno in questo cammino va in pensione, si va sempre avanti.

E dopo tanti passi nel cammino, forse abbiamo perso di vista la vita santa che scorre dentro di noi: giorno dopo giorno, immersi in un ritmo ripetitivo, presi da mille cose, frastornati da tanti messaggi, cerchiamo ovunque soddisfazioni e novità, stimoli e sensazioni positive, ma dimentichiamo che c’è già una vita nuova che scorre dentro di noi e che, come brace sotto la cenere, attende di divampare e fare luce a tutto quanto”.

E’ stato un invito a pensare allo Spirito Santo: “Quando noi siamo indaffarati in tante cose, pensiamo allo Spirito Santo che è dentro di noi e ci porta? A me succede tante volte di non pensarci, ed è brutto. Essere così, presi da tanti travagli, ci fa dimenticare il vero cammino che stiamo facendo nella vita nuova”.

E’ stato un invito a vedere i nostri peccati: “C’è una brutta abitudine: quella di trasformare i nostri compagni di cammino in avversari. E tante volte lo facciamo. I difetti del prossimo ci paiono esagerati e i loro pregi nascosti; quante volte siamo inflessibili con gli altri e indulgenti con noi stessi!

Avvertiamo una forza inarrestabile a compiere il male che vorremmo evitare. Un problema di tutti, se persino San Paolo scrive, sempre alla comunità di Roma: ‘Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio’. Anche lui era un peccatore, e anche noi tante volte facciamo il male che non vogliamo”.

E’ stato un invito a restare fermi nel proseguire il cammino: “Insomma, annebbiato il volto di Dio, offuscati quelli dei fratelli, sfocata la grandezza che ci portiamo dentro, restiamo in cammino, ma abbiamo bisogno di una segnaletica nuova, abbiamo bisogno di un cambio di passo, di una direzione che ci aiuti a ritrovare la via del Battesimo, cioè a rinnovare la nostra bellezza originaria che è lì sotto le ceneri, rinnovare il senso di andare avanti. E quante volte ci stanchiamo di camminare e perdiamo il senso di andare avanti? Restiamo tranquilli, o nemmeno tranquilli, ma fermi”.

Il cammino permette di rinnovare la vita: “Ed il perdono divino fa proprio questo: ci rimette a nuovo, come appena battezzati. Ci ripulisce dentro, facendoci tornare alla condizione della rinascita battesimale: fa scorrere di nuovo le fresche acque della grazia nel cuore, inaridito dalla tristezza e impolverato dai peccati. Il Signore toglie la cenere dalla brace dell’anima, deterge quelle macchie interiori che impediscono di confidare in Dio, di abbracciare i fratelli, di amare noi stessi”.

La certezza è che Dio perdona, ma con il nostro aiuto: “Si vede Dio solo se il cuore viene purificato: purificare il cuore per vedere Dio. Ma chi può fare questa purificazione? Il nostro impegno è necessario, ma non basta; non basta, siamo deboli, non possiamo; solo Dio conosce e guarisce il cuore. Mettetevi questo bene nella mente: solo Dio è capace di conoscere e guarire il cuore, solo Lui può liberarlo dal male. Perché ciò avvenga occorre portargli il nostro cuore aperto e contrito”.

Se c’è tale desiderio di un rinnovamento non bisogna rinviare: “Il Signore vuole questo, perché ci desidera rinnovati, liberi, leggeri dentro, felici e in cammino, non parcheggiati sulle strade della vita. Lui sa quanto è facile per noi inciampare, cadere e rimanere a terra, e vuole rialzarci. Ho visto un bel dipinto, dove c’è il Signore che si china per rialzare noi. E questo fa il Signore ogni volta che noi ci accostiamo alla Confessione.

Non rattristiamolo, non rimandiamo l’incontro con il suo perdono, perché solo se rimessi in piedi da Lui possiamo riprendere il cammino e vedere la sconfitta del nostro peccato, cancellato per sempre. Perché il peccato sempre è una sconfitta, ma Lui vince il peccato, Lui è la vittoria… E questa è la ripartenza della vita nuova: cominciata nel Battesimo, riparte dal perdono”.

E’ un invito a non rinunciare a questa speranza: “Non rinunciamo al perdono di Dio, al sacramento della Riconciliazione: non è una pratica di devozione, ma il fondamento dell’esistenza cristiana; non è questione di saper dire bene i peccati, ma di riconoscerci peccatori e di buttarci tra le braccia di Gesù crocifisso per essere liberati; non è un gesto moralistico, ma la risurrezione del cuore.

Il Signore risorto ci risuscita, tutti noi. Andiamo dunque a ricevere il perdono di Dio e noi, che lo amministriamo, sentiamoci dispensatori della gioia del Padre che ritrova il figlio smarrito; sentiamo che le nostre mani, poste sul capo dei fedeli, sono quelle forate di misericordia di Gesù, che trasforma le piaghe del peccato in canali di misericordia”.

Però è anche un invito per i sacerdoti a perdonare: “E noi che facciamo da confessori, sentiamo che ‘il perdono e la pace’ che proclamiamo sono la carezza dello Spirito Santo sul cuore dei fedeli. Cari fratelli, perdoniamo! Cari fratelli sacerdoti, perdoniamo, perdoniamo sempre come Dio che non si stanca di perdonare, e ritroveremo noi stessi.

Concediamo sempre il perdono a chi lo domanda e aiutiamo chi prova timore ad accostarsi con fiducia al sacramento della guarigione e della gioia. Rimettiamo il perdono di Dio al centro della Chiesa! E voi, cari fratelli sacerdoti, non domandate troppo: che dicano, e tu perdona tutto. Non andare a indagare, no”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco sottolinea l’importanza dell’Atto di dolore

Oggi papa Francesco, ricevendo i partecipanti al 34^ Corso sul Foro Interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, ha citato sant’Alfonso Maria de’ Liguori, autore del testo dell’atto di dolore, sottolineando che usa un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo ricco: “Nonostante il linguaggio un po’ antico, che potrebbe anche essere frainteso in alcune sue espressioni, questa preghiera conserva tutta la sua validità, sia pastorale che teologica. Del resto ne è autore il grande sant’Alfonso Maria de’ Liguori, maestro della teologia morale, pastore vicino alla gente e uomo di grande equilibrio, lontano sia dal rigorismo sia dal lassismo”.

E si è soffermato su tre atteggiamenti espressi nell’Atto di dolore, di cui il primo è il pentimento: “Esso non è il frutto di un’autoanalisi né di un senso psichico di colpa, ma sgorga tutto dalla consapevolezza della nostra miseria di fronte all’amore infinito di Dio, alla sua misericordia senza limiti. E’ questa esperienza infatti a muovere il nostro animo a chiedergli perdono, fiduciosi nella sua paternità, come recita la preghiera.. In realtà, nella persona, il senso del peccato è proporzionale proprio alla percezione dell’infinito amore di Dio: più sentiamo la sua tenerezza, più desideriamo di essere in piena comunione con Lui e più ci si mostra evidente la bruttezza del male nella nostra vita.

Ed è proprio questa consapevolezza, descritta come ‘pentimento’ e ‘dolore’, che ci spinge a riflettere su noi stessi e sui nostri atti e a convertirci. Ricordiamoci che Dio non si stanca mai di perdonarci, e da parte nostra non stanchiamoci mai di chiedergli perdono!”

Il secondo aspetto riguarda la fiducia: “Nell’Atto di dolore Dio è descritto come ‘infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa’. E’ bello sentire, sulle labbra di un penitente, il riconoscimento dell’infinita bontà di Dio e del primato, nella propria vita, dell’amore per Lui.

Amare ‘sopra ogni cosa’, significa infatti mettere Dio al centro di tutto, come luce nel cammino e fondamento di ogni ordine di valori, affidandogli ogni cosa. Ed è un primato, questo, che anima ogni altro amore: per gli uomini e per il creato, perché chi ama Dio ama il fratello e cerca il suo bene, sempre, nella giustizia e nella pace”.

Il terzo aspetto consiste nel proposito: “Esso esprime la volontà del penitente di non ricadere più nel peccato commesso, e permette l’importante passaggio dall’attrizione alla contrizione, dal dolore imperfetto a quello perfetto. Noi manifestiamo questo atteggiamento dicendo: ‘Propongo, con il tuo santo aiuto, di non offenderti mai più’. Queste parole esprimono un proposito, non una promessa.

Infatti, nessuno di noi può promettere a Dio di non peccare più, e ciò che è richiesto per ricevere il perdono non è una garanzia di impeccabilità, ma un proposito attuale, fatto con retta intenzione nel momento della confessione”.

Ed infine la chiusura della preghiera: “Qui i termini ‘Signore’ e ‘misericordia’ appaiono come sinonimi, e questo è decisivo! Dio è misericordia, la misericordia è il suo nome, il suo volto. Ci fa bene ricordarlo, sempre: in ogni atto di misericordia, in ogni atto d’amore, traspare il volto di Dio”.

(Foto: Santa Sede)

24 ore per il Signore: al centro la Misericordia

Oggi torna, per l’XI edizione, ‘24 ore per il Signore’, iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta da papa Francesco che si celebrerà nelle diocesi di tutto il mondo alla vigilia della quarta domenica di Quaresima con il tema tratto da una versetto della Lettera ai Romani di san Paolo: ‘Camminare in una vita nuova’, proponendo alle comunità ecclesiali di prevedere un’apertura straordinaria delle chiese, in modo da offrire ai fedeli l’occasione di sostare in qualsiasi momento in adorazione e l’opportunità di confessarsi.

L’edizione di quest’anno si inserisce nel percorso dell’Anno della Preghiera, e la ‘24 Ore per il Signore’ sarà l’occasione per fare esperienza della preghiera del perdono. Dallo scorso anno, per caratterizzare maggiormente la presenza nelle comunità parrocchiali, papa Francesco presiede la celebrazione nella parrocchia di San Pio V a Roma.

Nell’annunciare l’iniziativa mons. Rino Fisichella, prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha spiegato la scelta della frase ed il sussidio: “Il presente sussidio intende offrire alcuni suggerimenti per consentire alle parrocchie e alle comunità cristiane di prepararsi a vivere questa iniziativa. Si tratta, ovviamente, di proposte che possono essere adattate in base alle esigenze e alle consuetudini locali.

Lo scopo dell’evento è rimettere al centro della vita della pastorale della Chiesa, quindi delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, di tutte le realtà ecclesiali, il sacramento della riconciliazione. Questo è il centro del messaggio evangelico: la Misericordia di Dio, che ci dà la certezza che davanti al Signore nessuno troverà un giudice, ma troverà piuttosto un padre che lo accoglie, lo consola e gli indica anche il cammino per rinnovarsi”.

Il sussidio spiega il valore del perdono: “Alla luce della fede cristiana, la bellezza, la ricchezza e il vero significato del perdono possono essere compresi solo nella logica dell’amore di Dio per ogni essere umano. Infatti, se guardiamo solo al rapporto tra gli uomini, il perdono non è qualcosa di spontaneo e naturale”.

Il perdono è liberatorio ed è una grazia di Dio, come afferma il salmo 103: “Tuttavia, anche se difficile, diventa un’esperienza liberatoria se contemplato a partire da Dio. Può essere vissuto da un cuore ferito grazie al potere guaritore e rigenerante dell’amore. Ha la sua fonte primaria in Dio Amore misericordioso.

Non va confuso con una mera scarica di colpe o con un atto legale di amnistia. E’ un atto d’amore gratuito. Non lo si può meritare né comprare… Qui vediamo come il perdono di Dio sia una grazia, un dono d’amore in eccesso, al di là di tutti i calcoli e le misure umane”.

Il perdono è una grazia di vita nuova: “Gli incontri di Gesù rendono il perdono più visibile nelle situazioni concrete della vita delle persone. L’uomo paralitico guarito da Gesù è un emblema dell’uomo perdonato. La guarigione è vista come il segno del perdono: ‘Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati’; ‘alzati e cammina’.

Gesù lo solleva dal suo fallimento e gli apre la possibilità di camminare di nuovo nella vita con speranza. Nel commovente incontro della peccatrice pubblica con Gesù nella casa di un fariseo, la donna si mette ai piedi di Gesù, li bagna con le sue lacrime e li unge di profumo. Si affida completamente a Gesù con amore e venerazione. Gesù la accoglie così com’è, senza condannarla”.

In conclusione, dopo aver riportato alcune testimonianze, il sussidio riporta la catechesi di papa Francesco sul perdono dello scorso settembre: “Il messaggio di Gesù è chiaro: Dio perdona in modo incalcolabile, eccedendo ogni misura. Lui è così, agisce per amore e per gratuità. Dio non si compra, Dio è gratuito, è tutto gratuità. Noi non possiamo ripagarlo ma, quando perdoniamo il fratello o la sorella, lo imitiamo.

Perdonare non è dunque una buona azione che si può fare o non fare: perdonare è una condizione fondamentale per chi è cristiano. Ognuno di noi, infatti, è un ‘perdonato’ od una ‘perdonata’: non dimentichiamo questo, noi siamo perdonati, Dio ha dato la vita per noi e in nessun modo potremo compensare la sua misericordia, che Egli non ritira mai dal cuore”.

Papa Francesco: l’ira è un vizio ‘tenebroso’

“Domani, in Italia, si celebra la Giornata Nazionale Vittime Civili di Guerra. Al ricordo orante per quanti sono deceduti nei due conflitti mondiali, associamo anche i tanti, troppi, civili, vittime inermi delle guerre che purtroppo insanguinano ancora il nostro pianeta, come accade in Medio Oriente e in Ucraina. Il loro grido di dolore possa toccare i cuori dei responsabili delle Nazioni e suscitare progetti di pace. Quando si leggono storie di questi giorni, nella guerra, c’è tanta crudeltà, tanta! Chiediamo al Signore la pace, che è sempre mite, non è crudele”.

Papa Francesco: combattere le tentazioni conduce alla santità

“E non dimentichiamo i popoli che sono in guerra. La guerra è una pazzia, sempre la guerra è una sconfitta! Preghiamo. Preghiamo per la gente in Palestina, in Israele, in Ucraina e in tanti altri posti dove c’è la guerra. E non dimentichiamo i nostri fratelli Rohingya, che sono perseguitati”: anche nella prima udienza generale del 2024 papa Francesco ha invitato a non dimenticare i popoli che soffrono a causa della guerra e delle persecuzioni.

Festa della Sacra Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe

La liturgia oggi ci presenta la famiglia di Nazareth: la sacra famiglia al completo: Gesù, Maria e Giuseppe. La descrizione del brano del vangelo è sublime: Una coppia di sposi si recano al Tempio di Gerusalemme, conforme alla legge, per offrire il bambino Gesù al Padre. Maria tiene in braccio Gesù, Giuseppe tiene in mano due tortorelle o due colombe da offrire sull’altare a Dio: è il prezzo di riscatto, secondo la legge ebraica. I figli sono dono di Dio e vanno offerti a Dio.

151.11.48.50