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Quinta Domenica di Quaresima: Gesù e la Nuova Alleanza
Il brano del Vangelo è un preludio alla passione e morte di Gesù; siamo ormai vicini alla festa di Pasqua. L’occasione è data da alcuni greci che chiedono di incontrare Gesù e si rivolgono ai discepoli. Li spinge forse la curiosità perché Gesù aveva risuscitato Lazzaro o perché pensavano di assistere a qualche miracolo. Gesù non si è incarnato per dare spettacolo di sé ma per rivelare all’uomo il senso vero della vita e quanto essa è preziosa al cospetto di Dio; questa nostra vita per la quale Gesù si è incarnato ed istituisce un’alleanza nuova con l’umanità, sancita a prezzo del suo sangue.
L’antica Alleanza era stata sancita tra Dio e Abramo; con Mosè era stata estesa a tutto il popolo ebreo e lo stesso Mosè ne aveva promulgato la legge: i dieci comandamenti, ‘osserva la mia legge, allora tu sarai il mio popolo, io sarò il tuo Dio’. L’Alleanza nuova, sancita da Gesù, è nuova perché scritta nel cuore dell’uomo: ‘Dio darà un cuore nuovo e uno spirito nuovo perché ogni uomo possa osservare la legge e i termini dell’alleanza’.
In questa dimensione acquista senso anche il soffrire, il patire: soffrire per il marito, per la moglie, per i figli, per il prossimo; soffrire a causa della giustizia, per la comunione, per la solidarietà, per il bene comune. Grazie alla nuova Alleanza Gesù diventa la vite e noi i tralci; Gesù è il Capo, noi le membra; Gesù è il buon pastore, noi le sue pecorelle. Un’Alleanza sancita con il sangue di Cristo in croce e non su due tavole di pietra; da qui l’espressione di Gesù: ‘Se il chicco di grano , caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto’.
Chi ama la propria vita e cerca solo di salvaguardarla, la perde; ma chi la perde in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Conoscere Gesù, cercare Gesù significa accettare e servire il suo progetto di amore; e Gesù aggiunge: laddove sono Io, là sarà anche il mio servitore e il Padre mio lo onorerà come onora me. L’invito di Gesù non mira a dover scegliere la sofferenza per la sofferenza, ma è invito a vivere, qualunque circostanza offra la vita, con amore vero: e Dio è amore.
Nel brano del Vangelo si evince che Gesù stava vivendo un momento cruciale e decisivo della sua vita; riconosce che ‘è venuta l’ora’ ed ha la certezza di quello che succederà: ‘Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me’: anche i pagani siano essi greci o romani. Però se il chicco di grano non muore non può diventare una rigogliosa spiga. Sul capo di Gesù si addensano: l’ora delle tenebre e l’ora della luce, l’ora del Padre e l’ora dei nemici. Dal cielo allora arriva una voce: ‘L’ho glorificato e lo glorificherò ancora’, è la voce del Padre.
Alla folla presente Gesù chiarisce: ‘Questa voce non è venuta per me ma per voi’. L’ora di Cristo Gesù segna la nascita di un mondo nuovo; dalla croce scaturirà la vita eterna per i credenti. Il cristianesimo, come vedi, non è una recita da teatro, ma è operare ogni giorno la guarigione o rinascita che si effettua con la purificazione del cuore. Quei Greci del Vangelo avevano chiesto: possiamo vedere Gesù?
Questo Gesù, ieri come oggi, anche se non fisicamente, è presente tra di noi: è presente nella Parola di Dio; è presente nei fratelli piccoli o grandi, sofferenti nel corpo o nello spirito, è presente nell’assemblea; è presente nell’Eucaristia: ‘Prendete e mangiate, questo è il mio corpo’. Oggi è facile incontrare Gesù: bisogna solo avere fede, fede viva. Bisogna vedere quale Gesù vogliamo vedere: se un Gesù, frutto di fantasia, come Erode e rimase deluso; o il Gesù inviato dal Padre: quel Gesù che ‘pur essendo Dio, imparò l’ubbidienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna’.
Amico, forse ti fa paura la croce o ti spaventa il sacrificio; dimentichi che non si sale senza sforzo, non si raccoglie il frutto senza prima gettare il seme. Abbi fiducia nel Signore; dice infatti Gesù alla samaritana: ‘Chi beve di quest’acqua tornerà ad aver sete, ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà sete in eterno’. A me, a te la scelta con l’aiuto di Dio, ma ricordati sempre che la croce esprime sempre: amore, servizio, dono di sé senza riserve; solo essa è l’albero della vita.
Elogio della paternità
Il Comitato Nazionale per la Salvaguardia della Patria, in breve CNSP, esiste nel Niger dal 26 luglio passato, giorno in cui è stato fatto prigioniero il presidente Mohamed Bazoum. Passano i mesi e il tema della Patria non accenna a diminuire, anzi, il patriottismo e i patrioti sono ormai i cittadini modello da imitare.
Assunzione al cielo della Vergine: ‘un segno grandioso’ di speranza
La solennità della Vergine Maria, assunta in cielo in anima e corpo, infonde speranza e ci incita a guardare il cielo, vera patria dell’uomo redento da Cristo Gesù. Maria indica la meta ultima del nostro pellegrinaggio terreno; ci ricorda che tutto il nostro essere: anima e corpo, è destinato non a marcire in una fossa ma a risplendere nel regno dei cieli; questo è il vero ‘tesoro nascosto o la perla preziosa’ per la quale Gesù esorta a trascurare tutto per entrarne in possesso.
Papa Francesco: la croce è l’amore più grande di Gesù
A Lisbona la giornata si è conclusa al parco Edoardo VII’ con la Via Crucis, animata dai giovani, che hanno rappresentato le scene con riflessioni con tutte le sensazioni dei giovani, dal bullismo alla paura della solitudine all’intolleranza e anche alla depressione, al problema del clima, della fama di molti paesi o alla tirannia del ‘corpo perfetto’ fino alla questione dei rifugiati, della disabilità o alla paura per una mancanza di futuro. A loro papa Francesco ha detto di non lasciarsi condizionare dal mondo, perché Gesù è il cammino, ‘Gesù cammina per me’:
Le radici francescane della missione in Cina di Matteo Ricci
Uno dei migliori amici d’infanzia di padre Matteo Ricci fu il suo concittadino nonché confratello gesuita Gerolamo Costa. Questo permise che nell’epistolario tra i due appaiano anche notizie circa le rispettive famiglie. Così nella lettera scritta dalla Cina il 14 agosto 1599 al padre Gerolamo, rettore del noviziato dei gesuiti a Roma afferma:
Solennità del Corpus Domini: Santissimo Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo
Con la Pentecoste si conclude il tempo forte dell’anno liturgico durante il quale si è chiamati a meditare sul grande mistero delle nostra redenzione. Le due domeniche successive sono riservate rispettivamente a celebrare il mistero dell’unità e trinità di Dio e la festa del Corpus Domini: Dio ci ha amato da restare in modo visibile in mezzo a noi sotto le apparenze del pane e del vino come cibo e nutrimento delle nostre anime.
Da Narni un invito alla preghiera come san Giovenale
Martedì 2 maggio, alla vigilia della festa del patrono di Narni san Giovenale, si è svolta la cerimonia ‘De Cereis et Palii Offerendi’, l’offerta dei ceri e dei palii, con alcuni rappresentanti delle autorità comunali e pontificie, delle corporazioni, dei castelli, che hanno porto il proprio omaggio al vescovo della diocesi di Terni, Narni e Amelia, mons. Francesco Antonio Soddu, rinnovando così il gesto delle autorità comunali della città di Narni, delle sue contrade e dei rappresentanti delle arti, per l’offerta dei ceri a san Giovenale nelle mani del vescovo suo successore secondo gli statuti della città del 1371, come invito all’accoglienza, alla solidarietà e all’unità che trova la sua origine proprio nella testimonianza di san Giovenale primo vescovo di Narni vissuto nel IV secolo.
Papa Francesco: illazioni contro la memoria di san Giovanni Paolo II
“E purtroppo, in stridente contrasto con il messaggio pasquale, le guerre continuano, e continuano a seminare morte in forme raccapriccianti. Addoloriamoci per queste atrocità e preghiamo per le loro vittime, chiedendo a Dio che il mondo non debba più vivere lo sgomento della morte violenta per mano dell’uomo, ma lo stupore della vita che Lui dà e che rinnova con la sua grazia! Seguo con preoccupazione gli avvenimenti che si stanno verificando in Sudan. Sono vicino al popolo sudanese, già tanto provato, e invito a pregare affinché si depongano le armi e prevalga il dialogo, per riprendere insieme il cammino della pace e della concordia. E penso anche ai nostri fratelli e sorelle che in Russia e in Ucraina oggi celebrano la Pasqua. Che il Signore sia loro vicino e li aiuti a fare la pace!”
La Chiesa nordica invita al dialogo sulla sessualità
Nelle settimane precedenti la Pasqua la Conferenza episcopale dei Paesi nordici ha diffuso una lettera pastorale sulla sessualità umana in cui si precisa la posizione della Chiesa sulle questioni che ruotano attorno a quel movimento ‘politico e culturale’ che assume come proprio simbolo l’arcobaleno, riprendendo il racconto della Genesi del patto che Dio fece con Noè, confutando le tesi dell’ideologia ‘gender’, che vuole annullare il corpo sessuato:
“Quando Noè e i suoi parenti tornarono in un mondo ripulito dall’acqua, Dio fece il suo primo patto con ‘ogni carne’. Promise che mai più il diluvio avrebbe distrutto la terra. Agli uomini chiese giustizia: onorare Dio, costruire la pace, essere fecondi. Siamo chiamati a vivere beati sulla terra, a trovare gioia gli uni negli altri.
Il nostro potenziale è meraviglioso finché ricordiamo chi siamo: ‘perché a immagine di Dio, Egli ha fatto l’uomo’. Siamo chiamati a dare compimento a questa immagine attraverso le scelte di vita che facciamo”.
E per ratificare tale ‘patto’ fece l’arcobaleno: “Il segno dell’alleanza, l’arcobaleno, oggi è rivendicato come simbolo di un movimento allo stesso tempo politico e culturale. Riconosciamo quanto c’è di nobile nelle aspirazioni di questo movimento. Le condividiamo nella misura in cui parlano della dignità di tutti gli esseri umani e del loro desiderio di visibilità. La Chiesa condanna ogni ingiusta discriminazione, qualunque sia, anche quella che si fonda sul genere o sull’orientamento sessuale”.
Però la Chiesa nordica invita a non travisare la realtà della natura attraverso il rifiuto del corpo, specialmente nei bambini: “Dissentiamo da esso, tuttavia, quando il movimento propone una visione della natura umana che astrae dall’integrità incarnata della persona, come se il sesso fosse qualcosa di accidentale.
E ci opponiamo quando tale visione viene imposta ai bambini come una verità provata e non un’ipotesi ardita, e imposta ai minori come un pesante carico di autodeterminazione al quale non sono preparati.
E’ curioso: la nostra società tanto preoccupata per il corpo, di fatto lo prende alla leggera, rifiutando di vedere il corpo come segno di identità, e supponendo di conseguenza che l’unica individualità sia quella prodotta dall’autopercezione soggettiva, costruendo noi stessi a nostra immagine”.
Per questo l’immagine divina del corpo non riguarda solo l’anima: “Quando professiamo che Dio ci ha fatti a sua immagine, questa non si riferisce solo all’anima. Appartiene misteriosamente anche al corpo. Per noi cristiani il corpo è legato intrinsecamente alla personalità. Noi crediamo alla risurrezione del corpo.
Naturalmente, ‘saremo tutti trasformati’. Cosa sarà il nostro corpo nell’eternità è difficile immaginarlo. Crediamo nell’affermazione biblica, fondata sulla tradizione, che l’unità di mente, anima e corpo durerà per sempre. Nell’eternità saremo riconoscibili per quello che già ora siamo, però gli aspetti conflittuali che ancora impediscono lo sviluppo armonioso del nostro vero sé saranno stati risolti”.
L’accettazione di se stesso è una lotta, come ha affermato san Paolo: “San Paolo ha dovuto lottare con se stesso per fare in fede questa affermazione. Così, abbastanza spesso, anche noi. Siamo consapevoli di tutto ciò che non siamo; ci concentriamo sui doni che non abbiamo ricevuto, sull’affetto o sull’affermazione che manca nella nostra vita.
Queste cose ci rattristano. Vogliamo rimediare. A volte è ragionevole. Spesso è inutile. Il cammino dell’accettazione di noi stessi passa attraverso il nostro impegno con ciò che è reale. La realtà della nostra vita abbraccia le nostre contraddizioni e ferite. La Bibbia e le vite dei santi mostrano che le nostre ferite possono, per grazia, diventare fonti di guarigione per noi stessi e per gli altri”.
E Dio si manifesta sia nel maschile che nel femminile; importante è accettarsi: “San Paolo ha dovuto lottare con se stesso per fare in fede questa affermazione. Così, abbastanza spesso, anche noi. Siamo consapevoli di tutto ciò che non siamo; ci concentriamo sui doni che non abbiamo ricevuto, sull’affetto o sull’affermazione che manca nella nostra vita. Queste cose ci rattristano.
Vogliamo rimediare. A volte è ragionevole. Spesso è inutile. Il cammino dell’accettazione di noi stessi passa attraverso il nostro impegno con ciò che è reale. La realtà della nostra vita abbraccia le nostre contraddizioni e ferite. La Bibbia e le vite dei santi mostrano che le nostre ferite possono, per grazia, diventare fonti di guarigione per noi stessi e per gli altri”.
Ma la Chiesa non esclude nessuno ed accompagna tutti lungo il cammino della vita, perché è misericordiosa: “Nell’ospitale fraternità della Chiesa c’è posto per tutti… Questa misericordia non esclude nessuno, ma stabilisce un alto ideale. L’ideale è enunciato nei comandamenti, che ci aiutano a crescere rispetto a concezioni di sé troppo anguste.
Siamo chiamati a diventare donne e uomini nuovi. In tutti noi ci sono elementi caotici che vanno messi in ordine. La comunione sacramentale presuppone un consenso coerentemente vissuto alle condizioni poste dall’alleanza sigillata nel sangue di Cristo. Può accadere che le circostanze rendano impossibile a un cattolico ricevere i sacramenti per un certo periodo.
Non è per questo che cessa di essere membro della Chiesa. L’esperienza d’esilio interiore abbracciato nella fede può portare a un più profondo senso di appartenenza. Nelle Scritture gli esili spesso ci rivelano questo. Ognuno di noi ha un esodo da fare, ma non camminiamo soli”.
Ed a chi nutre perplessità sull’insegnamento cristiano riguardo la sessualità la Chiesa nordica invita al dialogo ed alla partecipazione della vita ecclesiale: “A questi offriamo un’amichevole parola di consiglio. Innanzitutto: cercate di familiarizzare con la chiamata e la promessa di Cristo, di conoscerlo meglio attraverso le Scritture e nella preghiera, attraverso la liturgia e lo studio di tutto l’insegnamento della Chiesa, non solo attraverso frammenti presi qua e là. Partecipate alla vita della Chiesa.
Così si amplierà l’orizzonte delle domande dalle quali siete partiti, e anche la vostra mente e il vostro cuore. In secondo luogo, consideriamo i limiti di un discorso puramente laico sulla sessualità. Ha bisogno di essere arricchito.
Abbiamo bisogno di termini adeguati per parlare di queste cose importanti. Avremo un contributo prezioso da offrire se recupereremo la natura sacramentale della sessualità nel disegno di Dio, la bellezza della castità cristiana e la gioia dell’amicizia, che mostra quale grande intimità liberatrice si può trovare anche nelle relazioni non sessuali”.
Infatti l’insegnamento della Chiesa è la realizzazione dell’amore, che si realizza nel periodo pasquale: “Da questo amore è stato fatto il mondo, e ha preso forma la nostra natura. Questo amore si è reso manifesto nell’esemplarità di Cristo, nel suo insegnamento, nella sua passione salvifica e nella sua morte.
L’amore ha trionfato nella sua gloriosa risurrezione, che celebreremo con gioia durante i cinquanta giorni della Pasqua. La nostra comunità cattolica, dalle molte sfaccettature e dai tanti colori, possa testimoniare questo amore nella verità”.
Papa Francesco invita a fare rete per la cura del prossimo
In occasione della Giornata mondiale del Malato, che si celebra oggi, nei giorni scorsi papa Francesco ha ricevuto in udienza una delegazione di esponenti dell’Area Medica dell’Ufficio di Pastorale Sanitaria della diocesi di Roma, richiamando la figura evangelica del ‘buon samaritano’, al centro del suo messaggio, che invita ad avere cura: