Sulla scia del Processo Rugolo ad Enna, nella Diocesi di Piazza Armerina si allarga lo scandalo dei preti abusanti sessuali di minori

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.03.2023 – Ivo Pincara] – È emblematico il caso di Don Giuseppe Rugolo, arrestato nell’aprile del 2021 con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danno di minori, secondo gli articoli 81 e 609 del codice penale (per non dimenticare che l’abuso sessuale su minore è un crimine), per fatti risalenti al periodo 2009-2013 presso la chiesa di San Giovanni Battista a Enna, dove aveva anche fondato l’Associazione 360 con 200 giovani. Il 14 marzo si è svolta la decima udienza del processo penale a suo carico, iniziato il 7 ottobre 2021, che dovrebbe concludersi nel mese di luglio.

Tra i testi sono stati ascoltati tre sacerdoti della Diocesi di Piazza Armerina:

  • I Monsignori Vincenzo Murgano [1] e Pietro Spina [2] e, che sono stati chiamati a chiarire il motivo per cui, nonostante sapessero delle violenze subite dal giovane quando aveva 15 anni e dalle cui denunce sono partite le indagini, non abbiano agito di conseguenza.
  • Don Giuseppe Fausciana [3], il sacerdote che subito ha sostenuto il giovane vittima degli abusi sessuali e segnalò il caso al Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana. Tale modo di procedere, rispettoso dei protocolli vigenti della Santa Sede, avrebbe procurato il rancore da parte di altri sacerdoti, ed in particolare del Vicario Generale della Diocesi, Mons. Nino Rivoli, che nelle intercettazioni lette in aula lo definisce “bestia”. È emerso anche che il Vescovo Gisana, malgrado fosse a conoscenza della vicenda, non chiese mai a Don Fausciana di metterlo in contatto con la famiglia e con la vittima. Secondo alcuni tra il clero diocesano, Don Fausciana avrebbe dovuto lavarsi le mani della vicenda.

Poi sono stati escussi anche:

  • Due giovani che hanno riferito di comportamenti inadeguati di Rugolo nei contesti giovanili.
  • La Dott.ssa Anna Maria Fazio, consulente psicologa, la quale ha spiegato le tipiche dinamiche dei soggetti abusanti, che rivestono ruoli di autorità o che costituiscono punti di riferimento per i minori.

Sin da subito, i genitori della vittima, Antonio Messina, hanno denunciato che: «La diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio». Accuse a cui il Vescovo Gisana ha risposto sostenendo che, invece, proprio dai genitori del giovane sarebbe arrivata una richiesta di denaro (e di questa affermazione stiamo ancora aspettando le prove). Mons. Gisano fu eletto Vescovo di Piazza Armerina il 27 febbraio 2014 da Papa Francesco. Nel 2017 ha riformato la Caritas diocesana assumendone di persona la direzione.

Mons. Rosario Gisana, che sarebbe stato informato soltanto nel 2016 degli abusi sessuali di cui è accusato Don Rugolo, decide di spedirlo nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. Lì viene nuovamente incaricato di seguire i ragazzi nella parrocchia di Vigarano Mainarda in provincia dì Ferrara e nell’estate del 2020 organizza pure un campo per adolescenti. A luglio 2022, l’Arcivescovo metropolita Gian Carlo Perego candidamente dichiara che era stato informato dal Vescovo Gisana di un procedimento a carico di Don Giuseppe per un episodio precedente la sua ordinazione, ma che gli mostrò che tale vicenda era già stata valutata dalla Congregazione per a Dottrina della Fede, e che non costituiva assolutamente una limitazione alla sua presenza a Ferrara.

Il comportamento dei due vescovi coinvolti nel caso, nel valutare i fatti, per i quali Don Rugolo è sotto processo, rappresenta bene la consuetudine delle autorità diocesane nel caso di abusi sessuali dei loro preti, di cui vengono informato: da un lato la Diocesi di Piazza Armerina avvia un’indagine canonica sulla condotta del prete accusato di abusi sessuali, offrendo comunque alla famiglia della vittima 25 mila euro, purché non risulti da nessuna parte che si tratti di una sorta di risarcimento. Poi, insabbia. In un’intercettazione pubblicata integralmente sui media, Mons. Gisana rivela: “Il problema è anche mio perché io ho insabbiato questa storia… eh vabbè, pazienza, vedremo come poterne uscire!”  Ma la cosa più agghiacciante è il gruppo di fedeli che firma la petizione di solidarietà a favore del prete accusato di abuso sessuale su un minore e il vescovo che lo protegge e che insabbia. Infine, allo scandalo già ben grosso, si aggiunge il Papa tiene Mons. Gisana al suo posto a governare la Diocesi di Piazza Armerino.

Nel giorno prima della decima udienza del processo a carico di Don Rugolo al Tribunale di Enna, il 13 marzo apprendiamo da un dispaccio dell’agenzia ANSA che il Presidente di Rete l’Abuso, Francesco Zanardi, è stato denunciato per diffamazione a mezzo stampa, proprio da Don Giuseppe Rugolo, il sacerdote accusato di violenza sessuale ai danni di minori. “È l’ennesimo tentativo di provare ad imbavagliare chi denuncia e racconta cosa sia avvenuto e sta avvenendo ad Enna – ha detto Zanardi, che da anni si batte con la sua associazione per dare giustizia alle tante vittime di abusi sessuali da parte di preti –. Dopo la giornalista Pierelisa Rizzo [4] ora tocca a me. La procura di Savona, dove ha sede l’associazione, aveva chiesto l’archiviazione per l’infondatezza della notizia di reato, ma i legali di Rugolo hanno fatto opposizione e, dunque, il prossimo 4 ottobre si svolgerà l’udienza”.

“Queste sono vere e proprie intimidazioni – ha detto Zanardi al sito Meridio News -. Sono stato denunciato due anni fa ma ne sono venuto a conoscenza soltanto adesso, che la procura di Savona ha chiesto l’archiviazione per l’infondatezza della querela, ma i legali difensori di Rugolo hanno presentato ricorso”. La denuncia di Rugolo sarebbe per gli articoli di giornale che Zanardi ha pubblicato sul sito dell’associazione. “Tornando indietro, comunque, rifarei tutto quello che ho fatto e per cui, in questi tredici anni di attività, ho già avuto più di settanta querele. Del resto è per questo che è nata Rete l’Abuso”, ha aggiunto Zanardi, che all’età di undici anni è stato lui stesso vittima degli abusi di un sacerdote e che con la sua associazione è parte civile nel processo Rugolo.

Nella decima udienza è arrivata alla luce una fitta rete di messaggi e telefonate tra Don Rugolo e Mons. Vincenzo Murgano [1], che aveva assunto il ruolo di consigliere personale dell’imputato, nella gestione della vicenda che vedeva Rugolo accusato di violenza sessuale ai danni di un minore all’interno della parrocchia. Risulta che Mons. Murgano, con cadenza quotidiana, forniva indicazioni e consigli strategici, avallando anche l’attività di controllo attraverso i social attivata da Rugolo ai danni del giovane vittime dell’abuso sessuale, colpevole, a dire dei due, di collaborare con il parroco di Sant’Anna nelle attività pastorali, nonché di svolgere attività professionali nel contesto della città di Enna, “chiama incazzato il vescovo e fai una foto della schermata e gliela mandi, ma proprio incazzato”, ribadisce Mons. Murgano a Rugolo. A fronte delle contestazioni del difensore di parte civile, Eleanna Parasiliti, Mons. Murgano si contraddice, fino a negare circostanze documentate, tanto da essere ammonito a dire la verità. È emerso come Mons. Murgano fosse a conoscenza di alcuni casi di abuso su minori a opera di altri sacerdoti della Diocesi di Piazza Armerina, per la quale era responsabile del Servizio per la Tutela dei Minori sino a dicembre del 2022, senza avere adottato mai alcun provvedimento. Per altri casi di abuso sessuale, il Vescovo Rosario Gisana, pur avendone contezza, lo avrebbe tenuto all’oscuro, come nel caso di un catechista di Gela.

Giuseppe Rugolo godeva del sostegno anche di Mons. Vincenzo Spina [2], disposto a dargli fiducia anche qualora fosse risultato colpevole, convinto della prescrizione del reato e minimizzando sugli episodi di abuso, definendoli ammiccamenti o affettuosità.

[1] Mons. Vincenzo Murgano
Vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Siculo, fino alla sua trasformazione in Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Siculo il 30 novembre 2017, Membro del Collegio dei Consultori della Diocesi si Piazza Armerina
Nell’aprile del 2015, Antonio Messina incontra un altro prete della diocesi, Monsignor Vincenzo Murgano: «Mi chiese come mai non ero più andato in parrocchia, a San Giovanni. All’epoca, non sapevo se entrare in seminario, mi propose di iniziare un percorso spirituale per capire se fossi pronto. Al secondo incontro, gli confidai quanto mi era accaduto, non riuscivo a tenere quel peso dentro». Il giovane gli disse che suo padre avrebbe voluto denunciare tutto alla procura: «Il monsignore mi consigliò di non procedere e di tentare di dimenticare quanto accaduto. Mi disse pure di non informare neanche il nuovo vescovo, Gisana» [QUI].
Il 18 marzo 2015, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Siculo [QUI], Mons. Murgano spiega: «Nel nostro quotidiano impegno in Tribunale constatiamo le profonde contraddizioni che segnano l’uomo di oggi; constatiamo, con preoccupazione, come la mentalità odierna segni il sorgere di tanti matrimoni e il loro facile sgretolarsi. Alla base vi sono fragilità personali, ma vi è anche una errata concezione dell’amore legata solo al sentimento e scissa dall’orientamento di vita verso il bonum coniugum: “l’amor coniugalis […] non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l’altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà».

[2] Mons. Pietro Spina
Vicario parrocchiale della parrocchia San Giovanni Battista in Enna
Nel novembre del 2014, Antonio Messina, il giovane che per primo ha avuto la forza di rivolgersi alla polizia (la sua denuncia è nel dicembre 2020) si confida con un sacerdote, Monsignor Pietro Spina: «Gli raccontai tutto — dice la vittima ai poliziotti della squadra mobile — ma dopo l’incontro, invece di allontanare Rugolo, decise di incontrarlo da solo. Poi, mi offrì un confronto a tre. Rugolo negò tutto, fu un incontro da toni molto accesi. Visto che continuava a negare gli dissi di giurare davanti a Dio e sul santissimo sacramento, ma lui si rifiutò. Alla fine, Monsignor Spina appoggiò Rugolo e io venni visto come un visionario, un pazzo che aveva inventato tutto. Credo che per questo, all’epoca, non venne informato neanche il Vescovo Pennisi [*]» [QUI].
[*] Mons. Michele Pennisi, Vescovo di Piazza Armerina dal 12 aprile 2002 all’8 febbraio 2013, attualmente è Arcivescovo emerito di Monreale, dal 31 luglio 2022.

[3] Don Giuseppe Fausciana
Vicario foraneo, Membro di nomina vescovile del Consiglio presbiteriale [*] e Direttore diocesano del settore Educazione cattolica, Scuola e Università della Diocesi di Piazza Armerina
Solo nel maggio 2016, un semplice parroco, Don Giuseppe Fausciana, si attiva subito dopo aver saputo da Antonio Messina della storia di violenze sessuali di cui era stato vittima. Avverte il Vescovo Gisana, che incontra i genitori del giovane. Però, solo nell’agosto 2018, come ricorda la GIP Bruno nel provvedimento, avviene l’incontro fra il giovane e Mons. Gisana, «il quale lo invitava — scrive la giudice — a presentare una denuncia agli organi ecclesiastici e di lì a poco avviava un’indagine previa, affidandola a due preti del tribunale ecclesiastico di Palermo». Un’indagine piuttosto blanda [QUI].
[*] Il Consiglio presbiterale è il senato del Vescovo (can. 495), spetta al consiglio presbiterale coadiuvare il Vescovo nel governo della diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo più efficace il bene pastorale della porzione di popolo di Dio a lui affidata. Il Codice di diritto canonico prevede che sia costituito in ogni Diocesi e che sia formato da un gruppo di presbiteri in rappresentanza di tutto il presbiterio [QUI].

[4] A maggio 2022, il GIP di Enna aveva disposto l’oscuramento di un post pubblicato sul suo profilo Facebook dalla giornalista freelance Pierelisa Rizzo. Il 10 gennaio 2023 la V sezione Penale della Corte di Cassazione, nell’udienza camerale ha accolto la richiesta della Procura di Enna, che aveva fatto ricorso per un vizio di forma, ha annullato senza rinvio il decreto del GIP. Quindi il post è tornato visibile in rete. Il post riporta alcune chat a sfondo sessuale intercorse su WhatsApp fra alcuni ragazzi, non minorenni, e il sacerdote Don Giuseppe Rugolo, imputato in un processo per violenza sessuale ai danni di un altro ragazzo, all’epoca dei fatti minorenne. Don Giuseppe Rugolo aveva perciò querelato Pierelisa Rizzo e chiesto l’oscuramento del post e il sequestro di tutti gli strumenti informatici in uso alla giornalista. Il giudice per le indagini preliminari aveva deciso di oscurare il post nonostante il parere contrario della Procura della Repubblica di Enna, che perciò aveva fatto ricorso. La Cassazione ha dato ragione alla Procura. In una memoria difensiva gli avvocati Eleanna Parasiliti Molica e Giovanni Di Giovanni, legali di Pierelisa Rizzo, avevano fatto notare che “il sequestro preventivo, a norma dell’articolo 321 c.p.p., non ricorrendo l’ipotesi dell’urgenza può essere disposto solo su iniziativa del pubblico ministero, la cui mancanza configura come nullità assoluta del provvedimento. Né possono valere la richiesta della persona offesa anche con riferimento ai reati perseguibili a querela, o iniziative ex officio del giudice”. Rizzo ha dichiarato: “Sono contenta che dalla Cassazione sia arrivato questo segnale a favore dell’informazione libera”.

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