Beati i puri di cuore. 55° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya. Non un castigo, ma una sfida evangelica

Don Gigi e Padre Rolando
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.03.2023 – Vik van Brantegem] – Proseguo con il racconto del 55° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina, che porta Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami in Kenya fino al 15 marzo, con l’imprevista sosta ad Addis Abeba, che ci ha raccontato nel Report N. 1 – Etiopia. Il diavolo è nei dettagli e nel Report N. 2 – Etiopia e la Chiesa Ortodossa. Dio è nei dettagli [QUI].

Ieri, ha proseguito con lo straziante (e molto istruttivo) Report N. 3 – Carbone rovente in una piccola mano e il divertentissimo (e altrettanto istruttivo) Report N. 4 – Il pollaio [QUI]. Due racconti che ci fanno capire come nella nostra vita spesso consideriamo il superfluo come l’essenziale e come è necessario di ricreare le ragioni più profonde del vivere.

Oggi, Don Gigi continua nell Report N. 5 – Rolando, con la domanda che gli scava dentro e lo ricolloca nei motivi più profondi del suo vivere.

Report N. 5 – Rolando

“Rev.mo Mons. Ginami, il volume “Kenya-Beatrice” tratto dalla collana Volti di Speranza, ha suscitato in me un grande interesse, apprezzamento e riconoscenza. Sento il dovere pertanto di esprimere a Lei, Rev.mo Monsignore, il mio vivo riconoscimento per il coraggio e la speranza che ci infonde con i Suoi racconti tratti dai Suoi numerosi viaggi e la testimonianza di solidarietà dei più poveri ed emarginati. Con rinnovati ringraziamenti, l’occasione mi è gradita per inviare a Lei i miei più cordiali saluti. Acriter et fideliter! Il Comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia Col. Christoph Graf”.

Questo inaspettato messaggio mi giunge qui in Africa a Mpeketoni in Kenya e mentre sono inginocchiato in chiesa in una sperduta parrocchia, che con fatica sopravvive agli Shabab. È vero in chiesa il cellulare non dovrebbe rimanere acceso e tanto meno si dovrebbe indulgere a guardare i messaggi WhatsApp che ricevo, ma un po’ la lontananza dall’Italia, un po’ la zona difficile in cui mi trovo, mi spingono a leggere! Terminata la lettura di questo messaggio inviatomi da Roma, mi commuovo profondamente, perché ho davvero paura in questi luoghi, dove anni fa il Vescovo di Garissa, Mons. Joseph (Joe) Alessandro, O.F.M. Cap., è stato assaltato e ferito all’anca.

Questo messaggio mi sembra inviato da Dio e suscita nel mio cuore tanta commozione e guardando il tabernacolo dico a Gesù: “Grazie che ti servi anche del Comandante delle Guardie Svizzere per farmi capire che mi sei vicino. Questo apprezzamento mi infonde coraggio e gioia, usciamo dalla chiesa e ci rechiamo a vedere un pezzo di terra di 4 kmq che ha bisogno di acqua. Il caldo è molto forte.

Il semplice progetto prevede lo scavo di un pozzo per la profondità di circa 100 metri, una pompa per aspirare l’acqua ed una grande cisterna di almeno 10.000 litri per sopperire alle necessità delle stagioni secche. Sono progetti semplici e piccoli ma dal grande valore di significato.

Ieri avevo visitato Chakama e Padre Rolando mi ha chiesto di costruire le latrine per i bambini della sua scuola. Anche questo è un progetto semplice ma di grande valore.

Proprio di Padre Rolando (foto di copertina) voglio parlare, perché questo missionario del Guatemala, ieri mi ha dato una grande lezione di vita. Lui è il superiore regionale di una piccola congregazione di 200 religiosi ed è il responsabile per il Kenya del suo ordine religioso. È un uomo semplice e schivo. Ci conosciamo da tempo e così quando vengo ci facciamo io e lui una bella chiacchierata. Rolando inizia a chiedermi come mi trovo dopo due anni che ho lasciato il Vaticano, racconto come il Vescovo Francesco mi stia permettendo di continuare a tempo pieno il lavoro della Fondazione e dell’Associazione. Dico che siamo arrivati a duecento soci, parlo dei miei viaggi, delle inaugurazioni e dei progetti futuri, tanti e pieni di valore.

Poi gli dico che nella seconda metà di maggio mi trasferirò in un appartamento più grande e luminoso nel cuore di città alta, scelto dal vescovo. Il caro amico mi ferma e mi dice: “Non sai la novità, anche io cambio casa! Il vescovo ci ha trasferito!” Rimango sorpreso. L’amico continua: “Ricordi la parrocchia di Mere? L’ avevamo presa in uno stato di estrema povertà, non vi era nulla”. “Certo mi ricordo bene, hai cominciato a portare le latrine, poi il generatore, poi la linea elettrica, hai costruito stanze, locali parrocchiali belli e spaziosi: ora è una parrocchia efficiente e bella! Ma dove ti mandano? Ti meriti certamente un parrocchione con i fiocchi, dopo avere fatto tutti quei lavori e tutto pagato. Immagino che ti abbiano proposto qualche cosa di adatto anche al Superiore regionale di questa bella ed efficiente congregazione missionaria”.

Padre Rolando sta zitto, poi mi guarda dritto negli occhi e mi dice: “Vado a Chakama!” Mi siedo, forse non ho capito bene: “Ma a Chakama non vi è nulla se non capre. Mi ricordo il Padre Chileo, l’africano che abitava li, voleva scappare da quel posto!” Padre Rolando non parla, risponde con un segno del capo di sì. “Dunque oggi, al posto di andare a Mere, andiamo a Chakama?” “Si Gigi ci tengo molto che tu venga”. “Ma certo ci vengo con immenso piacere”.

Ci mettiamo in macchina e dopo un paio di ore, eccoci al villaggio. Davvero un ambiente spettrale, pieno di somali e di cespugli secchi, capre puzzolenti e mucche. Un villaggio diviso tra contadini e pastori, spesso in lotta tra di loro, come spesso da queste parti accade.

Giungiamo a quella che potremmo definire canonica. Mi commuovo: all’interno vi è un luogo per il fuoco dove una donna prepara cibo elementare e di pessimo gusto, almeno nel vedere i rimasugli e nel sentire la puzza. Non vi è elettricità, solo dei piccoli pannelli solari per garantire una lampadina accesa e la ricarica del cellulare, una cisterna di acqua esterna serve per lavarsi e vicina vi è una latrina coperta da canne e frasche: una disperazione. Non vi è assolutamente nulla, sembra l’anticamera dell’inferno.

Rolando rimane zitto. E nel silenzio lentamente ripercorro i dettagli di quella stamberga: il fuoco per cucinare, nemmeno una bombola di gas, mancanza di elettricità, mancanza di servizi igienici. Arrossisco nel pensare alla bellissima e luminosa casa che mi attende dopo un faticoso trasloco e mi pento della mia stupidità. Rolando senza dire una parola mi polverizza. Passo da un bel appartamento ad un appartamento più bello e luminoso, che sicuramente non ho cercato ma non per questo meno bello. Padre Rolando ha faticato a Mere dall’anno 2014, quando l’ho conosciuto. Si è impegnato con grande passione a dare un’anima alla parrocchia ed ora che può vantare il grande lavoro svolto il vescovo locale lo castiga così?

“No Gigi, questo non è un castigo, ma una sfida evangelica. Ho dato il massimo di me in quel luogo e ci ho lasciato il cuore, ma la mia scelta è quella di essere più vicino possibile agli ultimi ed a Chakama abitano gli ultimi. Non ti posso nascondere che il cuore mi si è fermato nel vedere l’estrema miseria in cui Dio mi chiamava a vivere, non più giovane e poi mi sono detto che proprio in quel grande disagio stava una grande ed enorme sfida che con passione ho accolto. Penso che anche tu nel lasciare Roma forse abbia vissuto la stessa cosa, vero?”

Rolando mi prende impreparato: “Oggi non sono più nessuno, non ho una rendita di posizione, non ho alcun valore, ma nel mio piccolo anche io, come te, ho accettato la sfida, sorretto e confortato da un vescovo amorevole. Penso che a 60 anni abbia iniziato a vivere la vita vera a cui Dio mi aveva preparato. Sono convinto di aver lavorato con passione in Segreteria di Stato, ma questa mia nuova vita è per me una grande sfida, quella che avevo già iniziato nel 2012 con la morte di Santina. Certo, non sono chiamato a vivere in situazioni estreme come la tua, ma ogni giorno devo affrontare con umiltà le piccole sfide di ogni giorno. Guardo la cucina della parrocchia di Chakama, con il resto dei carboni su cui era stato preparato un magro pranzo e mi chiedo: ma io riuscirei a vivere come Padre Rolando? La domanda mi scava dentro e mi ricolloca nei motivi più profondi del mio vivere. Ci salutiamo con un forte abbraccio. Devo fare ritorno a Msabaha.

Arrivato in stanza mi pongo mezz’ora in preghiera per chiudere la giornata, ringrazio Dio per il dono di Padre Rolando, nella mai bibbia cerco l’inno alla carità e mi imbatto in questa frase che mi riempie di gioia e pace, una frase del mio Vescovo Francesco scrittami in una mail dieci giorni prima di sapere del mio rientro a Bergamo. Tale frase è un potente farmaco che mi riempie di pace, ecco la frase bellissima del Vescovo Francesco: “Caro Don Gigi, grazie a te per il tuo impegno missionario e soprattutto per la fede e lo spirito che lo anima. È una gioia per me. Il Signore ti benedica. Con affetto +Francesco. Giovedì 18 marzo 2021 ore 08.31”.

Mi commuovo. La giornata, iniziata con un messaggio WhatsApp mentre ero davanti a Gesù Eucaristia, si chiude con un’altra frase formidabile, che mi riempie di coraggio e per la quale ringrazio Dio. Il mio pensiero a Padre Rolando a Chakama, in una baracca senza luce ed acqua, a vivere una eroica presenza dopo essere stato strappato da una comunità come quella di Mere, che con passione aveva costruito. Ringrazio Dio perché questi giganti sono gli artefici della salvezza del mondo e Padre Rolando è uno di essi: che portento! Dio ti benedica Padre.

E tu che hai seguito fino a qui il Report, ora recita una ave Maria per lui, io l’ho già fatto. Jambo!

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