Beati i puri di cuore. 55° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya. È tutto nei dettagli
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.03.2023 – Vik van Brantegem] – Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami è partito il 27 febbraio scorso per il 55° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina, che lo porta in Kenya, fino al 15 marzo. Oggi iniziamo a riportare i suoi Report che ci sta inviando, partendo con il N. 1 – Etiopia. Il diavolo è nei dettagli e il N. 2 – Etiopia e la Chiesa Ortodossa. Dio è nei dettagli.
Report N. 1 – Etiopia. Il diavolo è nei dettagli
“Il diavolo è nei dettagli” è una frase che forse conoscete e riguarda tutti noi. Elaboriamo programmi in maniera perfetta, ci impieghiamo tempo, verifichiamo ogni aspetto e poi da questa elaborazione abbiamo sicurezza: il nostro programma funzionerà. Proprio l’impegno, la cura e le revisioni scrupolose ci assorbono molto tempo…
E poi un insignificante e trascurato dettaglio ci rovina tutto! Come è successo a me questa mattina ad Addis Abeba, motivo per il quale non vi scrivo dal Kenya, ma bensì dall’ Etiopia. Perché? Per uno stupido ed insignificante dettaglio! Ecco la storia: volo Malpensa – Addis Abeba, annunciano l’atterraggio, mancano venti minuti. Atterriamo per le 07.20 e la coincidenza per Mombasa in Kenya è alle 10.10. Tempo abbondante per una bella dormita. Guardo l’orologio e porto avanti di un’ora la lancetta sul fuso orario, lo faccio in modo meccanico, assonnato e convinto, un dettaglio che non curo più di tanto, insignificante particolare, sono molto più preoccupato di un buon e meritato riposo su di una panchina che ben conosco e poi un caffè espresso in un baretto con cucina italiana.
Scendo dall’aereo, controllo l’uscita del mio volo per Mombasa delle 10.10. Controllo altresì con meticolosità visa, passaporto e boarding pass e… mi addormento profondamente. Mi sveglio, controllo l’orologio, sono solo le 08.30… Ancora un quarto d’ora e poi vado al gate che dista 4 minuti. Baratto i 15 minuti in più di sonno con il non prendere il caffè italiano. Alle 08.45 mi alzo e vado al gate con passo svelto, mancano pochi minuti alle 09.00. Eccomi al gate C3, non vi è nessuno: avranno cambiato porta. Guardo l’orologio: sono le 09.05 ho un’ora! Alzo la testa e impallidisco. Un grande orologio verde indica le ore 10.05, giro il capo e un secondo orologio mi dice 10.05, guardo il mio orologio e vedo 09.05. Davanti a me vi è una hostess che sente il mio urlo: noooo!
Penso che il mio orologio si sia rotto, e poi tornando al dettaglio in cui il diavolo si è nascosto trovo il mio errore: sono due ore e non una ora di fuso orario! Come con una moviola rivedo il mio gesto scontato di aggiungere una ora e non due. Analizzo al microscopio il dettaglio e vedo nel secondo quadrante del mio orologio che l’orario in Italia è avanti di una ora da quello che viviamo oggi 28 febbraio. Nel mio ultimo viaggio in Kenya per l’ora solare in verità vi era una sola ora di differenza e da quella volta ho pensato meccanicamente di mettere avanti solo un’ora ignorando che invece in questo momento sono due.
Mi si gela il sangue ascoltando la hostess, che mi dice che il prossimo aereo sarà il giorno dopo. Mi metto la mano nei capelli che non ho, perché rasato a zero ieri. E così inizia la litania dei casini e dello smarrimento. Primo casino: il volo del 1° marzo devo pagarlo con una penale di 208 euro. Secondo casino: Jimmy mi sta aspettando a Mombasa e dunque deve rifarsi 2 ore, tornare a casa e domani rivenire a Mombasa per altri 80 euro. Infine, terzo casino: l’albergo. La compagnia me ne suggerisce uno in convenzione per 60 euro con pranzo e cena inclusi.
Mi sento stupido ed anche umiliato, guarda quanti soldi persi per un dettaglio nel quale il diavolo si infila! Sono 348 euro che mi pesano. Nei giorni precedenti proprio per evitare queste stupidaggini avevo rivisto meticolosamente tutti i pagamenti ed ero sicuro di me. Ora togliere dalla tasca questi soldi mi disorienta. Se non avessi dormito? E poi un sonno così profondo!
Lentamente la litania della carta di credito ha inizio, faccio i pagamenti, li registro con cura sul foglio spese che sempre mi accompagna e poi chiamo Jimmy. E qui vado in pallone Jimmy non risponde. Lo chiamo diverse volte, poi finalmente anche sul telefono normale, mentre normalmente lo chiamo per WhatsApp… il buon giovane ritorna a casa e io vengo portato in albergo. Addis Abeba è una capitale di 3.200.000 abitanti e non l’ho mai visitato. Prendo la stanza verso ormai mezzogiorno. Domani alle 08.00 la navetta mi viene a prendere per il volo delle 10.10. Ho tutta una lunga giornata da riempire.
Mi raccolgo in preghiera un’ora prima di pranzo e nella meditazione penso che quanto mi è successo in verità è lo specchio di come il male si insinua dentro di me e penso dentro di noi. Attraverso il dettaglio, attraverso ciò che noi trascuriamo e poi quando ci accorgiamo del casino in cui siamo è troppo tardi! Concludo la mia preghiera imponendomi di vigilare di più su me stesso e i miei dettagli e poi scendo a pranzo, con l’amarezza in gola di 348 euro buttati per un dettaglio trascurato! Non avrei mai immaginato che nel pomeriggio avrei capito che anche Dio e soprattutto lui lavora nei dettagli.
Report N. 2 – Etiopia e la Chiesa Ortodossa. Dio è nei dettagli
Cosa fare in una città africana tanto grande? Non mi devo dimenticare che sono bianco! Faccio un primo assaggio e mi dirigo mezz’ora al supermercato per comperare acqua. Rientro con le mie bottiglie e poi alla reception chiedo dove sia la chiesa più vicina. Me ne indicano una che sta a 15 minuti a piedi. Percorro la strada senza un soldo in tasca e senza documenti, meglio uscire sicuri… ed in effetti il nugolo dei poveri che chiede o che pretende elemosina è enorme.
Cammino lentamente per questa metropoli senza sapere cosa sarebbe stato l’incontro con la Chiesa Ortodossa Etiope. Da lontano sento un richiamo alla preghiera – o almeno lo reputo tale – di un muezzin, ma avvicinandomi mi rendo conto che non è una moschea ma la chiesa ortodossa del Santissimo Salvatore. La enorme chiesa è all’ interno di un grande complesso monastico con ben 75 monaci.
Entro con grande curiosità. Incontro una giovane e grassoccia signora sui 40 anni, parla inglese fortunatamente. Chiedo di vedere il parroco e così mi porta al monastero. Il prete non vi è ma vi sono altri monaci. Vedo fuori sullo spiazzo della chiesa moltissime persone alcune con fiaccole accese in ginocchio. Stanno pregando guidate dal parroco. Rimango impressionato e fortemente edificato da questa terribile fede, di una enorme grandezza! È un giorno feriale sono le 5 di sera e la piazza è gremita di gente! Mi viene da pensare all’Italia quando addirittura la domenica le chiese non sono più piene, per non dire mezze vuote. Leggo una fede intensa, profonda radicale. La gente non si preoccupa di buttarsi in ginocchio per terra.
Attorno alla chiesa è pieno di effigi e quadri sacri, della Madonna, di Gesù e dei santi. La gente qui ci crede veramente. Mi sembra una fede ancora più forte di quella che ho incontrato nei poveri campi di riso del Vietnam! Un fatto curioso è che trovo anche una bella immagine della Madonna di Guadalupe in un contesto tutto ortodosso.
Inizio a parlare con Eleni, una donna colta che occupa un posto di rilievo nella compagnia aerea Ethiopian quella con la quale volo. Eleni mi inizia a parlare della fede ortodossa in Africa e rimango a bocca aperta: molta preghiera e devozione, una vita tutta d’un pezzo. Mentre Eleni mi parla muove leggermente il polso destro e al suo interno intravvedo un dettaglio: una piccola croce di un centimetro tatuata. Le prendo il polso la guardo negli occhi e chiedo: “Perché hai quel tatuaggio?” Lei mi guarda e mi dice queste parole bellissime: “Padre è un dettaglio indelebile della mia appartenenza a Gesù!” Quando in ufficio qualcuno lo vede come te, mi chiede perché. Devi sapere che è forte la presenza musulmana e non è sempre facile mostrare questo dettaglio. Ma quando qualcuno mi domanda, mi riempio di gioia, perché posso parlare a lui di Gesù, posso fare una catechesi su di lui, e se invece non mi chiede nulla con questa piccola croce sul polso annuncio il suo nome”.
La donna mi stupisce e mi sento così piccolo davanti alla sua poderosa fede! Iniziamo così a parlare dei tatuaggi cristiani in Etiopia. Chiedo quando il tatuaggio viene fatto e dove. E qui un’altra enorme sorpresa. “Spesso sono i genitori stessi che subito dopo il battesimo e prima dei due anni fanno tatuare una croce sulla fronte per dire che quel bambino appartiene per sempre a Cristo con il battesimo”. “Non ci posso credere, quindi non è una scelta, ma una imposizione!” rispondo io. Eleni si fa seria: “Cosa vuol dire è una imposizione? Anche vivere non lo decidi tu e la vita ti viene ‘imposta’. Preferirei dire che ti viene ‘donata’”. “Grazie Eleni, hai ragione, ma tatuare un bambino di soli due anni, mi sembra troppo e poi sulla fronte!“ “Vedri padre, forse per te in Italia lo è ma per noi no, anzi siamo orgogliosi di questo!”
Nel frattempo passa vicina a noi una bella ragazza sui vent’anni. Eleni la ferma e mi mostra chiaro sulla fronte il tatuaggio della croce. Domanda a lei: “Sei contenta di questo tatuaggio sulla fronte?” La ragazza mi guarda dritta negli occhi e mi dice: “Non sono contenta, sono orgogliosa di averlo e di mostrare a tutti la gioia di essere cristiani”. Mi commuovo e le accarezzo la fronte e poi mi faccio il segno della croce e rispondo a lei: “Come vorrei che anche in Italia tanti giovani fossero orgogliosi come te della tua appartenenza a Cristo!” La ragazza sottovoce mi dice: “Questo tatuaggio è solo un dettaglio della mia vita e della mia persona, ma sono convinta che proprio in questo dettaglio Dio lavora come ha lavorato in te questa sera facendoti commuovere davanti alla mia forte e dichiarata appartenenza a Gesù. Bene ricordati che Dio è al lavoro sempre nei dettagli!“ Con queste parole la ragazza mi lascia e questa sera, mentre scrivo mi dico: forse è vero che il diavolo è nei dettagli, come lo era questa mattina, ma se è vero questo è perché scimmiotta. Chi invece con professionalità lavora nei dettagli e quello è proprio Gesù!
Una giornata intensa e con due forti dettagli e paradossi a confronto, ma comunque sfida profonda nel cuore: quella di essere sale, quel sale che non si vede o che si nota poco come un dettaglio, ma quel sale che da sapore al cibo. Con questa riflessione, che mi ha catturato nel profondo invio dall’Etiopia questi due report e domani mi imbarco sul volo per il Kenya, dove davvero dovrò cercare di rendere vera la pagina del Vangelo del sale della terra ed una giovane etiope con la croce tatuata in fronte sarà il mio esempio.
Ora scendo a cena e poi mi butto a letto, ma vi giuro che non perdo l’aereo domani!