XXX Domenica del Tempo Ordinario: il fariseo ed il pubblicano al Tempio

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Protagonisti della parabola sono un fariseo e un pubblicano in preghiera al tempio: due categorie di persone molto in voga ai tempi di Gesù, ma che si riscontrano · purtroppo ancora oggi sotto denominazioni diverse.

Il fariseo di ieri era uno che si riteneva persona per bene perché osservava la legge e tutti potevano accorgersi, pagava le tasse, digiunava, anche se poi disprezzava gli altri che riteneva diversi da lui. Nel fare questo riteneva di essere giusto e gradito a Dio. Era un uomo che in fondo mancava di umiltà e carità.

Il fariseo nella storia del popolo ebreo era generalmente un ebreo osservante ma il suo grande limite stava nella sua autoesaltazione e credeva che i suoi meriti erano sufficienti per la salvezza eterna. Il fariseo di oggi possiamo paragona rio a colui che si crede diverso degli altri; ama proclamarsi ‘un laico’, si crede onesto, ricco di valori, uomo di rispetto, va in chiesa in occasione di battesimi, funerali e matrimoni e si distingue dagli altri perché anch’egli manca di umiltà e carità.

Il pubblicano era ritenuto invece pubblico peccatore perché impiegato negli uffici dello Stato, mercenario, ladro e, in ogni caso, un manifesto peccatore; gli impiegati che riscuotevano le tasse erano considerati nemici del popolo e vivevano senza particolari scrupoli una religiosità di comodo.

L’insegnamento di Cristo segue una logica diversa: non sono le opere che aprono la via della salvezza ma l’adesione a Cristo Gesù, vero Dio e vero uomo, e l’amore verso Dio e i fratelli, conforme agli insegnamenti della Bibbia.

La giustificazione e la relativa salvezza provengono dalla fede in Cristo, animata dalla carità. Non esistono, perciò, giusti (farisei) e cattivi (pubblicani) ma esiste l’uomo che si salva se crede ed ama: amare Dio, creatore e Padre, e tutti gli uomini, fratelli in Cristo Gesù.

Nella parabola i due si trovano nel Tempio a pregare: il Fariseo prega facendo mostra di sé perché osserva la legge, digiuna, paga le tasse per il culto, e può camminare a viso alto perché amico di Dio; nello stesso tempo prede le distanze dal pubblicano, che reputa nemico di dio e del popolo.

Il Pubblicano, consapevole dei suoi limiti e difetti, consapevole di essere da tutti additato come peccatore e indegno di stare al cospetto di dio, si reputa peccatore e dice: ‘o Dio, abbi pietà di me peccatore’: è la preghiera dell’umile che invoca da Dio misericordia e perdono.

Gesù conclude: il pubblicano tornò a casa giustificato; il fariseo per la sua presunzione, disprezzo degli altri ed orgoglio tornò a casa con un peccato ancora più grave di prima. Lo evidenzia in modo assai chiaro l’apostolo Paolo, che si definisce fariseo e figlio di farisei ma, convertitosi sulla via di Damasco, invoca Dio: ‘il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno’; ciò che salva, dirà l’apostolo, è la nostra fede in Cristo e l’amore. Solo la preghiera dell’umile arriva al cuore di Dio.

Abramo credette e gli fu ascritto come giustizia, l’apostolo Paolo unisce la fede alla carità, la fede per essere autentica deve tradursi in opere di amore e di servizio. Nel cristianesimo è la logica dell’amore che ha il sopravvento sulla logica della legge. Devo amare perché sono oggetto già dell’amore di Dio. La logica farisaica era quella del ‘do ut des’, mi comporto bene così Dio mi ama e mi salva.

Le logica dell’amore: Dio mi ama e la mia risposta non può essere se non ‘amore’. Il peccato più grave, la radice di ogni peccato è ‘non amare’. Da qui le parole di Gesù: in verità il pubblicano tornò a casa giustificato a differenza del Fariseo perché ‘chi si esalta sarà umiliato, che si umilia sarà esaltato’.

La comunità cristiana in san Paolo ha trovato il suo modello: l’impegno apostolico di Paolo deve impegnare ciascuno di noi ad essere forti nelle sconfitte, ad essere gagliardi con l’aiuto di Dio nel vivere la nostra adesione a Cristo: avere il coraggio di essere alternativi ai poveri e ai vacillanti; avere il coraggio di lottare con l’aiuto di Dio, sicuri della vittoria finale; avere il coraggio di testimoniare a voce alta e forte la nostra fede perché Dio abbia pietà di noi e si realizzi il progetto divino di ‘un solo ovile sotto un solo pastore’.

La Santissima Vergine Maria, madre nostra e regina degli Apostoli ci sostenga a vivere il nostro Battesimo e ad essere ‘Chiesa in uscita’ per invocare Dio ‘Padre nostro che sei nei cieli’.      

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