XXIV domenica del Tempo Ordinario: Dio grande e misericordioso!

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Un’accusa contro Gesù che risulta un elogio mirabile: Scribi e farisei mormoravano accusando Gesù ‘accoglie i peccatori e mangia con loro’. Stupenda la risposta del divino Maestro: “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti, che non hanno bisogno di conversione”.

Cristo si è incarnato, è venuto al mondo per salvare i peccatori; il medico cerca l’ammalato per guarirlo, non certamente chi è sano. Davanti al peccatore pentito Gesù esclama: ‘Bbisogna far festa! questo tuo fratello era morto ed è risuscitato; era perduto ed è stato ritrovato’. Da qui le tre parabole della misericordia, che la Liturgia oggi ci presenta: a) la pecorella perduta e ritrovata, b) la moneta smarrita e ritrovata; c) il figlio prodigo, sviato e ritrovato. Tre parabole che evidenziano l’amore misericordioso di Dio verso il peccatore.

Ma, chi sono i peccatori? San Paolo risponde: il primo sono io, che ho perseguitato la Chiesa, ho procurato tanto male ai cristiani. Vogliamo l’abbraccio del Padre? Dobbiamo riconoscerci veri peccatori; è necessario rientrare dentro noi stessi e con umiltà, come il figliol prodigo, dire: Padre, ho peccato contro il cielo e contro te, non sono degno di essere chiamato tuo figlio. Allora, e solo allora, troveremo le braccia pietose e misericordiose di Dio pronte a dare il primo abbraccio.

Dio è premuroso verso tutte le creature, ma particolarmente verso l’uomo; questa sollecitudine divina corrisponde alla verità rivelata nella Bibbia, che Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. La creazione è un atto sublime di amore: Dio amando crea e creando ama; la sollecitudine divina riguarda non solo l’ordine ontologico ma anche quello etico.

E’ necessario che ogni uomo, come insegna l’apostolo Paolo, prenda coscienza della propria debolezza e fragilità e con fede ed umiltà, come il figlio prodigo, chieda perdono a Dio implorando misericordia e perdono. Diceva san Paolo: una volta anch’io ero un persecutore, un violento, un bestemmiatore, ma quando il Signore Gesù mi chiamò sulla via di Damasco sono diventato un uomo nuovo.

Il figlio prodigo, quando da ricco si ridusse a guardiano di porci, pensò a sua padre e decise: tornerò da mio padre, mi butterò ai suoi piedi dicendo: ho peccato contro il cielo e contro te, considerami come un servo ma voglio vivere nelle tua casa, accanto a te dove anche i servi vivono da signori. Il padre lo riabbracciò, fece uccidere il vitello grasso ed imbandì una festa dicendo: questo figlio era morto ed è risuscitato, era perduto e l’ho ritrovato.

Dio usa misericordia per tutti perché non vuole che il peccatore si danni ma che si converta e viva. Dio è il Dio della misericordia e del perdono. Questo amore infinito di Dio per noi peccatori è il cuore del Vangelo; quest’amore dall’uomo può anche essere rifiutato ma Dio è sempre alla porta, pronto ad abbracciare il figlio che ritorna. Gesù ci insegna nel discorso della montagna: ‘Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia’.

La misericordia, di cui parla Gesù, è la tenerezza di Dio, il perdono ne è l’espressione più importante. Il cuore misericordioso si lascia commuovere dalla misericordia altrui e rimane inquieto sino a quanto non avrà fatto quanto è in suo potere. Oggi è necessario avere un cuore non solo capace di recare conforto ma anche alleviare le sofferenze, la solitudine ed accogliere i fratelli e le sorelle meno fortunati.

Questo amore può essere talvolta male interpretato o biasimato o rifiutato: ricorda l’episodio nella parabola del figlio maggiore che non vuole entrare in casa e critica l’atteggiamento del padre amoroso. Dio non impone mai, Egli propone i mezzi della salvezza; figlio, disse il padre, quello che è mio è tuo, ma bisogna far festa perché tuo fratello era morto ed è risuscitato, era perduto e l’ho ritrovato.

La logica divina è diversa dalla logica umana, la divina è basata sull’amore e sul perdono: il figlio maggiore si credeva buono e saggio tanto da rimproverare il padre: quanta differenza tra l’agire di Dio e l’agire dell’uomo. La verità è una sola e ce lo dice Gesù: se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli.

I farisei e gli scribi mormorano, i sapienti discutono, ma solo chi ha fede, chi è come i bambini può dire a Dio: ‘Padre nostro che sei nei cieli’; nostro significa mio e di tutti i miei fratelli e sorelle.  Il Signore chiede amore e non sacrifici; la sua misericordia è segno di sicura speranza per tutti. La SS. Vergine interceda per noi, ci aiuti ad essere veri fratelli, rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi.

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