Il Terzo Settore dopo la pandemia in Italia

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Nella scorsa settimana Banca Etica ha presentato alla Camera dei Deputati la ricerca intitolata ‘Il Terzo Settore in Italia dopo la pandemia’, a cura dell’Osservatorio sul Terzo Settore di Banca Etica, che fotografa il Terzo Settore italiano alla fine del 2021 e ne descrive dinamiche quantitative e qualitative grazie a una ricognizione organica dei dati ufficiali dell’Istat, di Banca d’Italia e di altri enti di ricerca, interpellando con questionari e interviste i protagonisti del non profit italiano, dai quali proviene un’analisi vista dall’interno e il sentimento sul futuro.

Attraverso l’operato di circa 360.000 organizzazioni con oltre 860.000 dipendenti e 5.000.000 di volontari, il Terzo Settore si è dimostrato, prima, durante e dopo la pandemia, un pilastro essenziale del welfare e della coesione sociale in Italia, della cittadinanza democratica e della partecipazione. Nonché del lavoro. Tra il 2011 e il 2019, periodo in cui l’occupazione nel Terzo Settore è aumentata dieci volte di più che negli altri comparti, il 27,6% della crescita occupazionale in Italia è stata generata dal non profit, che impiega soprattutto giovani e donne (il 72% della forza lavoro).

I dati raccolti da Banca Etica ha evidenziato che, durante la pandemia, la raccolta fondi per le organizzazioni intervistate ha registrato un calo anche del 7%. Guardando gli ultimi dati Istat disponibili sui bilanci delle organizzazioni del Terzo Settore (2015), e pur considerando le forti differenze tra enti, la prima voce per le entrate è rappresentata dai contributi pubblici (28,6%); seguono quelli annui degli aderenti (27,3%) e i proventi dalla vendita di beni e servizi (22,9%).

In misura minore troviamo proventi da gestione finanziaria (8%). E si mostra una netta sperequazione tra distribuzione delle organizzazioni e volumi delle entrate nelle diverse aree del Paese: le regioni del Nord-Ovest ospitano il 27% delle organizzazioni, le quali beneficiano del 35% delle entrate complessive, al Centro queste percentuali diventano 22% e 33,6%, al Sud si passa al 17% di enti che gode appena del 7% delle entrate.

Inoltre il rapporto mette in luce il valore della legge delega 106/2016, seguita da molti decreti attuativi, la cosiddetta ‘riforma del Terzo Settore’, che ha costituito un intervento legislativo importante per il riconoscimento del ruolo del comparto e l’armonizzazione delle tante norme precedenti.

E si registra che un elemento cardine della riforma, l’istituzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), a giugno scorso contava tra gli iscritti meno del 10% degli enti, con una differenza netta di adesioni tra enti medi e grandi da un lato e piccoli dall’altro. Un dato, questo, che rende concreto il rischio futuro di un ‘doppio standard’ tra soggetti iscritti e non iscritti sul piano dell’accesso a bandi e contributi.

Infine l’indagine ha acceso un faro sulle opportunità di crescita che lo scenario offre al non profit. A quanto emerge dalle interviste e dai questionari, è infatti il PNRR ad essere percepito come un’occasione da non perdere. Anche rispetto ai contributi del 5 per mille, strumento di partecipazione diretta che permette ai contribuenti di destinare una quota dell’IRPEF alle organizzazioni, il rapporto riprende quanto Banca Etica ha già evidenziato in precedenti studi dedicati a questa misura.

Le erogazioni complessive relative al 5 per mille per il 2021 saranno pari ad € 506.009.000 (-2,2% sul 2020) indirizzati da € 13.900.000 contribuenti su 72.550 organizzazioni non profit(+5,2% sul 2020). Ma due sono i fenomeni osservati, la polarizzazione e la frammentazione: 5 regioni (Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto) assorbono il 74% delle risorse disponibili tramite il 5 per mille, e le prime 100 organizzazioni (lo 0,15% del totale) capitalizza quasi il 47% della raccolta dei fondi (oltre il 27% va alle sole prime 10). Mentre il 92% delle organizzazioni raccoglie meno di 10mila euro ciascuna.

La ricerca di Banca Etica sul Terzo Settore ha messo in luce una sostanziale fiducia sul futuro delle organizzazioni di appartenenza; dopo la pandemia c’è stata una ripartenza: “Nessuno pensa di licenziare e molti vedono nei prossimi anni nuove assunzioni e crescita dei bilanci: questo è il sentimento prevalente.

La pandemia ha insegnato molto, ha fatto praticare alle organizzazioni servizi e modalità di gestioni all’insegna dell’innovazione sociale, dell’ ‘invenzione’ di nuove modalità (digitali, e non solo): la cassetta degli attrezzi delle organizzazioni si è arricchita”.

Il rapporto ha evidenziato che il Terzo Settore ha dimostrato di essere una forza importante dell’Italia, per la sua capacità di creare lavoro (anche per donne e giovani), ma anche di valorizzare la grande risorsa civica del volontariato; ha saputo erogare servizi essenziali, sviluppare relazioni e collaborazioni con la società e la pubblica amministrazione, coprendo nelle sue varie sfaccettature tutto il territorio nazionale, nonostante le difficoltà strutturali e finanziarie che si vivono soprattutto nelle aree meno sviluppate d’Italia.

Per il rapporto di Banca Etica: “La crisi pandemica ha rappresentato una grande sfida per il non profit, alle prese con improvvise chiusure e sospensione di servizi e attività con evidenti contraccolpi economici e occupazionali.

Proprio in questa fase sono emerse importanti risorse, spesso ‘immateriali’, di questi enti, spesso capaci di riorganizzare collaborazioni e attività, adeguare in corsa i processi, trovare nuove forme di lavoro e partecipazione volontaria…

Le prospettive per il Terzo Settore sono ancora di crescita e di sviluppo del suo ruolo per il cambiamento sociale, per i diritti e per l’allargamento del welfare nel nostro paese”.

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