Nel mondo continuano gli attacchi ai cristiani

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In queste settimane si sono susseguiti nel mondo violenti attacchi contro cristiani, come è successo in Nigeria, secondo il racconto all’Agenzia Fides p. Lawrence Emehel, direttore per lo sviluppo della diocesi di Sokoto: “I banditi in azione hanno vari background. Alcuni sono allevatori Fulani locali in cerca di vendetta per le recenti uccisioni a opera di gruppi di contadini nel corso degli scontri tra questi due gruppi nella zona.

Altri invece sono Fulani stranieri giunti in soccorso dei loro ‘fratelli’ in lotta contro le comunità di contadini. Sono arrivati da noi dalle zone del Sahel, dal Burkina Faso, la Mauritania o altre aree. Poi c’è un’area grigia composta da banditi locali che si uniscono a Boko Haram che sta approfittando del vuoto creato dall’insicurezza generalizzata”.

Per il direttore per lo sviluppo diocesano questi banditi uccidono per vendetta: “I terroristi che usano l’ideologia islamica si inseriscono nel caos e realizzano rapimenti o chiedono tasse agli abitanti dei villaggi, ai viaggiatori.

Naturalmente tutte queste categorie professano la religione islamica ma dalle testimonianze che ci vengono da chi è stato rapito e rilasciato, non sono particolarmente interessati a questo aspetto e non agiscono in nome della fede. In genere uccidono per vendetta. Oppure, quando sono in fuga dall’esercito che dà loro la caccia, per frustrazione danno fuoco o sparano ai civili al loro passaggio a prescindere da chi essi siano”.

In tale cornice si moltiplicano gli appelli dei vescovi: “Il Vescovo cattolico di Sokoto, Mons Matthew Hassan Kukah, è una delle voci che denunciano i gravi rischi che il sistema sta correndo. Ha parlato coraggiosamente attraverso messaggi diretti al Presidente della Nigeria, e i suoi interventi hanno suscitato un ampio dibattito.

Attraverso le Commissioni dello Sviluppo, del Dialogo e dell’Ecumenismo, dell’Educazione e dello sviluppo agricolo, ha continuato a incoraggiare buone relazioni tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana nell’area”.

Invece dall’Irak Aiuto alla Chiesa che Soffre ha raccontato l’apertura di una scuola a  Qaraqosh, la più grande fra le tredici città irachene a maggioranza cristiana della Piana di Ninive. La struttura, con una capacità di 625 studenti, ha richiesto cinque anni di lavoro e rappresenta uno dei più importanti progetti sostenuti da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) in Iraq.

Thomas Heine-Geldern, presidente esecutivo di ACS Internazionale, presente all’inaugurazione della struttura, ha ricordato che “ACS è stata coinvolta sin dall’inizio nell’iniziativa ed è stato un privilegio lavorare con così tante persone e organizzazioni impegnate a portare a compimento questo progetto, inclusa la Conferenza episcopale austriaca, sostenuta dal governo austriaco”.

Secondo suor Huda la scuola contribuirà a garantire un futuro ai cristiani in un Paese in cui il loro numero è sceso da oltre 1.000.000 (stima riferita al 2003) ai circa 150.000 attuali: “Diamo forma al carattere degli studenti in modo che diventino leader nella società, si assumano le loro responsabilità e abbiano un progetto per rimanere in questo Paese”.

Mentre a Jenin, in Cisgiordania, la morte di Shireen Abu Akleh, giornalista dell’emittente radiotelevisiva Al Jazeera, ha suscitato molto sdegno, tantoché il Patriarcato Latino di Gerusalemme ha espresso il proprio rammarico per la morte della reporter palestinese:

“Chiediamo un’indagine approfondita e urgente su tutte le circostanze della sua uccisione e di assicurare i responsabili alla giustizia. Questa palese tragedia riporta alla coscienza umana la necessità di trovare una giusta soluzione al conflitto palestinese, che si rifiuta di entrare nell’oblio nonostante siano passati 74 anni dalla Nakba.

Preghiamo per il riposo dell’anima di Shereen, che è stata un esempio di dovere e una voce forte per il suo popolo, e chiediamo a Dio di concedere al fratello e ai parenti la consolazione della fede. Preghiamo affinché il popolo palestinese trovi la sua strada verso la libertà e la pace. Preghiamo per la guarigione del giornalista Ali Samouri, anch’egli ferito mentre svolgeva il suo dovere, e per tutti i giornalisti del mondo che svolgono con coraggio il loro lavoro”.

E dal sito di Asianews p. Ibrahim Faltas, direttore delle scuole cristiane di Terra Santa, ha tracciato un ricordo della giornalista uccisa: “Un’intera generazione di giovani è cresciuta ascoltando, attraverso i suoi reportage, le storie di chi rivendica il diritto di vivere nella proprio terra, il diritto di avere una casa, il diritto di vivere in libertà.

Shereen ci raccontava anche il volto bello della Palestina, della bellezza della terra e dei suoi luoghi santi, dei successi di giovani palestinesi nella ricerca, nell’arte, nella musica, diventando così un modo d’incoraggiare i giovani palestinesi a non abbandonarla, ma di continuare a viverci pur nelle difficoltà, costruendo una via di dialogo.

La forza di Shereen era questa sua libertà intellettuale, la passione di stare tra la gente e di trasmettere la notizia in tempo reale; con la sua voce lasciava trapelare l’amore e l’appartenenza alla propria terra, ci aiutava a comprendere e ad entrare nella notizia, perché entravamo nella realtà dei fatti di cui parlava.

Moltissime donne, in questi ultimi giorni, hanno raccontato di quanto siano state aiutate da Shereen, recitando delle poesie che venivano dal loro cuore. Una donna che si è messa al servizio di altre donne in difficoltà”.

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