Al Terni Film Festival il prof. Bartoli racconta il seguito inedito di ‘Fratello Sole, Sorella Luna’

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Liberamente ispirato alla vita e alle opere di san Francesco d’Assisi ‘Fratello Sole, Sorella Luna’ è il film che nel 1972 è valso a Franco Zeffirelli il David di Donatello come ‘miglior regia’ e la candidatura all’Oscar come ‘migliore scenografia’ ed un successo di pubblico.

Del seguito inedito della pellicola è stato discusso alla 17^ edizione del ‘Terni Film Festival’ in un focus francescano al quale ha preso parte il medievalista prof. Marco Bartoli, docente alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) e tra i più importanti storici francescanisti italiani, che è stato consulente di Franco Zeffirelli per ‘I Tre Anelli’, il sequel mai girato di ‘Fratello Sole, Sorella Luna’, del quale ha presentato, in esclusiva assoluta, la sceneggiatura scritta dallo stesso Zeffirelli insieme a Suso Cecchi D’Amico.

Presentando l’evento Arnaldo Casali, direttore dell’Istituto di Studi Teologici e Storico Sociali (ISTESS), ha ripercorso la storia del festival in chiave ‘francescana: “In 15 anni di festival abbiamo presentato tutti i grandi classici prodotti dal cinema su San Francesco.

Da Michael Curtiz a Roberto Rossellini. Due in anteprima mondiale, ‘Il Sogno di Francesco’ con Elio Germano e Alba Rohrwacher e ‘Il giorno, la notte. Poi l’alba’ con Francesco Salvi e Giorgio Cantarini.

La versione di ‘Fratello Sole, Sorella Luna’ proiettata è quella realizzata per il mercato anglosassone e, rispetto all’edizione italiana, sono completamente diversi sia il montaggio che le musiche. Le canzoni scritte e cantate da Donovan per la colonna sonora inglese sono rimaste del tutto sconosciute”.

Al prof. Bartoli abbiamo chiesto di spiegarci il motivo per cui san Francesco ha ispirato molti registi: “Ci sono personaggi storici che, attraverso le generazioni, riescono sempre ad affascinare. Francesco d’Assisi è certamente uno di questi. Ancora oggi non solo il cinema, ma anche la letteratura, la storia, la musica e il teatro continuano ad interessarsi e ad ispirarsi alla sua figura.

Perché Francesco attrae, dopo tanti secoli, così tante persone di ogni cultura e tradizione religiosa? Lo si vede ad Assisi, che è una città-santuario, ma speciale: mentre nei santuari normalmente si va a chiedere dei miracoli, ad Assisi ci si va solo per incontrare Francesco.

L’unica spiegazione che ho trovato per questa attrazione è nelle parole del vangelo: ‘Beati i miti perché erediteranno la terra’. I miti, cioè gli uomini pacifici, non conquistano la terra, non impongono la loro volontà sugli altri, ma la ricevono in eredità, in dono.

Lo vediamo nella vita di tutti i giorni: se si incontra un uomo mite, si sente un’attrazione verso di lui perché la sua umanità è bella e ci sembra di capire che vivere come lui renda felici. Francesco era un uomo mite, un pacifico, che aveva pacificato il suo cuore.

Milioni di uomini e donne, dopo tanti secoli, da ogni angolo del mondo vanno da lui come per imparare da lui a pacificare il loro cuore. Penso che molti registri abbiano condiviso questo fascino e questa attrazione e abbiano provato a comunicarla con le immagini”.

Per quale motivo Zeffirelli volle fare il film ‘I tre anelli’?

“Zeffirelli mi ha cercato intorno al 2001. Mi fece andare a casa sua e parlammo tutta una giornata e in seguito ci siamo sentiti diverse volte per telefono. Il suo desiderio di fare un nuovo film su Francesco d’Assisi era deciso. Doveva però essere del tutto diverso dal primo. Adesso si trattava di narrare un episodio che nel primo film era stato del tutto trascurato: quello dell’incontro con il Sultano Melek el-Kamil da Damietta nel 1219.

E’ chiaro che Zeffirelli sentiva nell’aria la nuova sensibilità che si è andata sviluppando a partire dall’incontro del 27 ottobre 1986 ad Assisi, quando papa Giovanni Paolo II aveva convocato i capi delle religioni mondiali per pregare per la pace.

Il tema del dialogo era diventato di moda, anche perché nel 1989 era crollato il muro di Berlino e il sogno di un mondo di pace si era diffuso. Zeffirelli ha lavorato a questo progetto di film tra il 2001 e il 2002, cioè a cavallo dei tragici avvenimenti dell’11 settembre 2001.

Il tema del dialogo era diventato cruciale. L’idea centrale del film, espressa anche nel titolo, richiama una novella scritta da Boccaccio nella quale un re dona ai suoi tre figli, ugualmente amati, tre anelli identici: uno solo è l’originale sigillo del regno, ma nessuno dei figli saprà la verità custodita dal padre”.

In questo incontro lei quale episodio della vita del Santo raccontò?

“Mi misi a raccontare la famosa novella di Boccaccio del re con tre figli che, per non fare preferenze, fa produrre due copie identiche dell’anello di consegna dell’eredità del regno. Il senso della novella è che per Dio siamo tutti uguali. Zeffirelli, incredibilmente, non sembrava conoscere questa novella, ma aveva letto, invece, ‘I fioretti di San Francesco’, in cui è descritta la celebre storia del Lupo di Gubbio. In essa aveva colto un doppio miracolo di Francesco, che riuscì sia a far cessare la ferocia dell’animale, sia a convertire la popolazione eugubina”.

Quali episodi colpirono il regista?

“Nel progetto di film scritto insieme a Suso Cecchi, Zeffirelli accosta subito l’incontro con il Sultano con il celebre racconto del miracolo del lupo di Gubbio. L’accostamento è molto suggestivo: in tutte e due i casi Francesco si presenta disarmato, oltrepassando una frontiera di odio e di paura, in tutti e due i casi parla al ‘nemico’ chiamandolo ‘fratello’ e questo produce un cambiamento dell’interlocutore.

In verità, come sappiamo, il Sultano non si lasciò convertire da Francesco e, in un certo senso, quello di Damietta fu un incontro fallito. Eppure è vero che qualche anno dopo lo stesso sultanto Melek el.Kamil avrebbe stipulato un importante accordo di pace con l’imperatore Federico II di Svevia. Forse, Francesco nella sua intuizione profetica, vedeva più lontano dei politici che guidavano la crociata”.

Quale influenza ha avuto nella storia l’incontro del santo assisiate con il Sultano?

“C’è un bel libro di John Tolan, intitolato ‘Il santo dal sultano’, che ripercorre tutta la storia delle interpretazioni dell’episodio di Damietta nei secoli. Fa un certo effetto capire che ci furono letture molto diverse, a volte anche contrastanti, secondo il periodo storico: al tempo delle conquiste coloniali, si vide nell’episodio un esempio della superiorità della civiltà europea, al tempo delle missioni cristiane, un’anticipazione delle attività missionarie.

Al punto che qualcuno si è domandato se poi l’episodio in sé abbia avuto o no una vera consistenza storica. La verità però piuttosto l’opposto: è proprio perché quell’incontro fu un evento storico, giudicato straordinario sin dai contemporanei, che, nei diversi secoli, non si è mai smesso di darne delle interpretazioni.

Oggi si tende a leggerlo come modello del dialogo islamo-cristiano. E’ certo che Francesco non aveva le categorie per un dialogo di questo tipo (che è maturato nel corso degli ultimi 80 anni) ma seppe parlare con il nemico e questo è forse un unicum nella storia”.

Qualche anno fa lei ha scritto il libro ‘La nudità di Francesco. Riflessioni storiche sulla spogliazione del Povero di Assisi’: quale riflessione si può fare sul significato della spoliazione di san Francesco?

“Anche il gesto della spoliazione di Francesco può essere messo in relazione con l’incontro di Damietta. Ogni incontro in effetti, per essere reale, per andare in profondità, richiede che i due interlocutori lascino una parte di sé, si spoglino delle proprie pre-comprensioni, per incontrare e lasciarsi incontrare. Anche l’incontro con il padre davanti al vescovo era per Francesco un momento difficile.

Il padre in quel momento gli era nemico: voleva impedire a tutti i costi la scelta di vita che stava facendo Francesco e, per questo, lo aveva anche rinchiuso e legato con catene. Come rispondere ad un nemico? Francesco si spoglia di tutto, anche dei suoi abiti. Presentandosi nudo si presenta senza difese, inerme, cioè senza armi.

E’ la sua condizione disarmata che disarma il padre. Non si può colpire un uomo senza armi, non si può ferire un uomo nudo. C’è qui, io credo, la riscoperta francescana della forza dell’amore disarmato del vangelo: ‘se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra’ (Mt 5,38).

Anche per andare dal Sultano Francesco scelse di non avere armi, così come, nel racconto dei Fioretti, si presentò senza armi al lupo di Gubbio. Molti secoli dopo un non cristiano come Gandhi chiamò tutto questo non-violenza, mostrando al mondo la forza dei disarmati, degli inermi. Francesco lo aveva già intuito e vissuto molto tempo prima”.

(Foto: Istess)

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