Giornata per eliminare la violenza contro le donne: femminicidio in aumento

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Oggi si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999.

Ed ieri, prima dell’udienza generale nell’aula ‘Paolo VI’, papa Francesco ha rivolto un ringraziamento all’Associazione Italiana Vittime della violenza: “Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per l’opera di assistenza e di supporto a coloro che hanno subito maltrattamenti e vivono in situazione di angoscia e di disagio.

E’ brutta la violenza, è brutta; è  molto brutto l’atteggiamento violento. Con la vostra importante attività, voi contribuite a costruire una società più giusta e solidale. Il vostro esempio susciti in tutti un rinnovato impegno, affinché le vittime della violenza vengano protette e le loro sofferenze prese in considerazione e ascoltate”.

Intanto i risultati della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, presentati in Senato, non sono certamente edificanti, dato che nel biennio 2017-18 si sono verificati 211 femminicidi e non si può più definirlo ‘emergenza’, ma ‘condizione strutturale’:

il documento indica chiaramente che “la radice della violenza contro le donne risiede in stereotipi culturali che fissano schemi comportamentali e convinzioni profonde, frutto di un radicato retaggio storico e di un’organizzazione discriminatoria che stabilisce l’identità sociale di un uomo e di una donna e legittima le diseguaglianze che costituiscono il substrato della violenza di genere e della sua forma più estrema costituita dal femminicidio”.

Nel biennio 2017-18 si sono verificati 211 femminicidi: di cui 96 nel 2017 e 115 nel 2018. Non emergono particolari differenze né a livello territoriale né rispetto alle caratteristiche di autore e vittima. Il fenomeno, come d’altronde il fenomeno della violenza psicologica, fisica e sessuale, assume connotazioni trasversali. Le donne avevano in media 49 anni, gli uomini 50.

Il 78% delle vittime e il 78,1% degli autori ha la cittadinanza italiana, mentre il 21% delle vittime e il 18,8% degli autori ha una cittadinanza straniera. L’83,9% dei femminicidi è commesso da un autore che ha la stessa nazionalità della vittima. Quando, invece, le due nazionalità sono diverse ( il 13% dei casi), sono di più i casi in cui un femminicidio è commesso da un italiano ai danni di una straniera (14 casi) piuttosto che il contrario.

Più della metà dei casi, le donne vittime di femminicidio (il 57,4%) sono state uccise dal proprio partner (inteso come il marito, il compagno, il fidanzato, l’amante), che nel 77,9% dei casi coabitava con la donna. Il 12,7% sono state uccise, invece, dall’ex partner.

Escludendo gli autori non identificati e quelli che si sono suicidati dopo aver compiuto il femminicidio, il 30,2% degli autori (42 su 139) è fuggito dopo aver commesso il crimine, in 3 casi hanno chiamato le forze dell’ordine subito dopo il femminicidio, pur essendo fuggiti.

Il 44,6% (62 su 139), invece, si è fatto trovare sul luogo del femminicidio, e, tra questi, in 26 hanno chiamato da soli le forze dell’ordine. Nell’1,4% dei casi (2 su 139) l’autore si è presentato direttamente ai Carabinieri per costituirsi. Il 64% degli autori ha confessato.

Il 63% delle donne non aveva riferito a nessuna persona o autorità le violenze pregresse subite dall’uomo, come scrivono gli esperti: “Denota la grave difficoltà che le donne incontrano nel cercare aiuto e allo stesso tempo denuncia il forte ritardo delle istituzioni a investire sulla costruzione di contesti adeguati a favorire la ricerca di aiuto e di sostegno da parte delle donne”.

Solo il 35% aveva parlato della violenza con una persona vicina, il 9% si era rivolta ad un legale per chiedere consiglio. Solo il 15% delle donne aveva sporto denuncia/querela per precedenti violenze o altri reati compiuti dall’autore ai propri danni.

Inoltre il 58,6% delle donne che avevano sporto denuncia ne aveva sporta più d’una e, addirittura, il 34,5% 3 o più. Il numero medio di denunce/querele per femminicidio risulta pari a 2,3, e la mediana pari a 2. I reati maggiormente denunciati sono: maltrattamenti in famiglia (29%), minaccia, anche grave/con arma (27%), lesioni personali (16%), atti persecutori (11%) e violenza sessuale (7%).

Dall’analisi statistica è emerso che la più alta percentuale delle donne uccise non aveva riferito a nessuno le violenze subite dall’uomo.

Ed in occasione di questa giornata anche la Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre ha fornito un nuovo rapporto, intitolato ‘Ascolta le sue grida. Rapimenti, conversioni forzate e violenze sessuali ai danni di donne e bambine cristiane’, con la prefazione della giovane cristiana pachistana Maira Shahbaz:

“Sono stata torturata e violentata. I miei aguzzini hanno filmato le sevizie infertemi e mi hanno ricattata minacciando di diffondere il video. Mi hanno quindi costretto a firmare un documento in cui dichiaravo di essermi convertita e di aver sposato il mio rapitore. Se avessi rifiutato di farlo, avrebbero ucciso i miei familiari”.

Il Rapporto esamina sei nazioni: Egitto, Iraq, Mozambico, Nigeria, Pakistan e Siria, arricchito da casi di studio descrittivi di altrettante storie di vittime. Tre riguardano le donne in Egitto, altrettanti in Nigeria e Pakistan, due in Iraq, uno in Mozambico.

Dallo studio emergono alcuni risultati: il primo è che tra tutte le appartenenti alle minoranze religiose, le ragazze e le giovani donne cristiane sono tra le più esposte agli attacchi. Inoltre, pressione sociale, paura di gettare un’onta sulla propria famiglia, minaccia di ritorsioni da parte di rapitori e complici, resistenza da parte di tribunali e forze di polizia a seguire i casi sono fattori che spiegano la difficoltà di indagare il fenomeno.

Un altro fattore che emerge è l’incidenza della pandemia di coronavirus che ha fornito un terreno fertile per atti di violenza sulle donne. Come pure è emersa la maggiore incidenza di persecuzioni sessuali e religiose ai danni delle donne nelle situazioni di conflitto. Se questo è stato evidente durante il dominio dell’Isis in aree della Siria e dell’Iraq, se ne ha notizia anche da altri paesi, come in Mozambico.

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