10 ottobre: giornata della salute mentale e delle persone con sindrome di down

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Domenica 10 ottobre si è celebrata la Giornata Mondiale della Salute Mentale, un’occasione per porre l’accento su un problema che ancora troppo spesso viene sottovalutato e su cui sempre più sportivi stanno cercando di sensibilizzare il pubblico, essendo stati spesso essi stessi vittime di problemi di natura psicologica che ne hanno fortemente condizionato le prestazioni e in alcuni casi li hanno costretti a prendersi delle pause per guarire prima di poter riprendere a gareggiare.

Questa è un’edizione particolare perché giunge nella fase finale della pandemia di Covid-19, che negli ultimi due anni ha provocato non pochi disagi a chi soffre di disturbi psichici. Infatti molte persone che sono alle prese con una malattia mentale, a causa delle restrizioni per il coronavirus, non hanno ricevuto gli adeguati trattamenti sia dal punto di vista farmacologico, sia soprattutto da quello riabilitativo. E a tutto questo si aggiunge anche il fatto che la stessa pandemia ha avuto un forte impatto psicologico anche in chi prima del 2020 stava bene.

In Italia, secondo quanto riportato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, l’Aifa, ci sono circa 3.000.000 di persone che soffrono di depressione e nel 2020 circa il 6,5% degli italiani, ossia più di 3.850.000 persone, ha dovuto ricorrere a farmaci antidepressivi: si è registrato un aumento del 6,6% di farmaci ipnotici e ansiolitici, le benzodiazepine anche a causa della depressione da Covid-19.

Il tema di questa Giornata è ‘Salute mentale in un mondo ineguale’ e punta a sottolineare la discriminazione che è ancora molto diffusa nell’affrontare problemi di natura fisica e problemi di natura psichica. In tale occasione l’Ipsos ha condotto un sondaggio in 30 Paesi per indagare su cosa pensano i cittadini riguardo la propria salute fisica e mentale e quali sono le percezioni sull’impronta attribuita alla salute mentale dal sistema sanitario del proprio Paese.

Dal sondaggio è emerso che facendo una media di tutti i Paesi coinvolti il 79% delle persone intervistate considera la salute fisica e mentale ugualmente importanti, ma solo il 35% pensa che il sistema sanitario del proprio Paese attribuisca alla salute fisica e mentale la stessa importanza. Inoltre, la salute mentale rappresenta il terzo problema di salute più importante che le persone devono affrontare in patria ed è leggermente dietro il cancro, mentre al primo posto al momento c’è la paura del Covid-19.

In Italia l’81% delle persone intervistate assegna a salute fisica e mentale la stessa importanza, il 43% pensa che esse siano trattate allo stesso modo dal Sistema Sanitario Nazionale, mentre il 39% ritiene che alla salute fisica sia attribuita più importanza e solo il 9% ritiene che sia la salute mentale a essere ritenuta più importante dal personale sanitario.

Per quest’occasione il card. Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, con un messaggio ha messo in luce come la pandemia abbia accresciuto il fenomeno dei disturbi mentali: “In realtà, il sopraggiungere della pandemia, con profonde conseguenze per l’intera popolazione mondiale, è solo il fattore precipitante di una crisi a più dimensioni che ha radici nell’inadeguatezza delle politiche sociali, sanitarie ed economiche.

Politiche che spesso hanno generato nuove povertà ed emarginazioni, che continuano a creare condizioni di ingiustizia e iniquità nella distribuzione delle risorse, a danno di milioni di persone. Una crisi alimentata dall’indebolimento diffuso dei valori spirituali, del senso di responsabilità e del valore della solidarietà. Il divario tra ricchi e poveri è aumentato. Con l’emergenza sanitaria sono emerse nuove povertà che si sono aggiunte alle già note fragilità sociali, soprattutto a causa della mancanza di lavoro.

In particolare, nei Paesi più vulnerabili sempre più persone perdono il lavoro entrando in una condizione di povertà; sono soprattutto le donne a patire di più le conseguenze della pandemia e delle diseguaglianze sociali”.

In conclusione il card. Turkson ha lanciato un appello “per adottare un modello culturale che rimetta al centro la dignità dell’uomo e promuova il bene per i singoli individui e per l’intera umanità. E’ tempo di tornare a prendersi cura della fragilità di ogni uomo e ogni donna, di ogni bambino e ogni anziano, con l’atteggiamento attento e solidale del buon samaritano”.

Ed ha auspicato il potenziamento del sistema sanitario con un pensiero ai ‘samaritani nascosti’: “Si auspica dunque il potenziamento del sistema sanitario a tutela della salute mentale, anche mediante il sostegno alle realtà impegnate nella ricerca scientifica sulle malattie mentali e la promozione di modelli di inclusione sociale. E’ importante coinvolgere la comunità nella quale è inserita la persona con disagio mentale, affinché le sia assicurata presenza e affetto”.

Inoltre domenica 10 ottobre è stata anche la Giornata nazionale delle persone con sindrome di down e CoorDown ha lanciato la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi ‘Più ci assumi, più ci assumeranno’, perché, come mostrato nel video musicale ‘The Hiring Chain’ interpretato da Sting, più persone con disabilità intellettiva vengono viste al lavoro dimostrando le loro capacità e competenze, più verranno riconosciute come dipendenti di valore, più si apriranno nuove opportunità per molti altri.  

L’inserimento di una persona con disabilità sui luoghi di lavoro porta benefici non solo al diretto interessato ma a tutta l’azienda, con un impatto positivo sullo spirito di squadra, la motivazione dei colleghi e la soddisfazione dei clienti, come ha spiegato Antonella Falugiani, presidente di CoorDown:

“Oggi possiamo sfatare i pregiudizi sulle potenzialità delle persone con sindrome di Down e sui benefici dell’inclusione lavorativa grazie alle storie e alle esperienze di aziende, di datori di lavoro e adulti con sindrome di Down impiegati.

C’è però ancora molta strada da fare per far sì che si eliminino barriere e si creino occasioni per tutti e su tutti i territori. Ogni persona con la sindrome di Down ha la capacità di lavorare secondo le sue possibilità, quando viene data la giusta opportunità, possono raggiungere grandi risultati.

Per questo ci auguriamo che in Italia sempre più aziende entrino a far parte della catena delle assunzioni e decidano di dare un’occasione ad altri adulti con sindrome di Down e disabilità intellettiva”.

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