Ricordando Marcinelle ancora si muore nel lavoro

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Ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato con un messaggio il 65° anniversario della tragedia di Marcinelle e la 20ª Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, avvenuto il giorno 8 agosto 1956, in cui morirono 262 minatori, di cui 136 italiani:

“Ricorre quest’anno anche il settantacinquesimo anniversario dalla stipula dell’Intesa Italo-Belga per l’approvvigionamento di carbone all’Italia distrutta dalla guerra. Dalle criticità di tale accordo, e da tragici eventi come quelli che si verificarono al Bois du Cazier, l’Europa ha appreso l’importante lezione di dover porre diritti e tutele al centro del processo di integrazione continentale”.

Poi il presidente della Repubblica ha ricordato che da quella tragedia sono nate nuove situazioni, anche se ancora oggi si muore nel posto di lavoro: “Oggi viviamo una nuova fase di ripresa e ripartenza. L’Unione Europea, edificata sulla base di valori condivisi e di norme e istituzioni comuni, ha saputo trovare in sé energie per aiutare i popoli degli Stati membri nel difficoltoso cammino di uscita dalla pandemia.

Gli ambiziosi traguardi che ci siamo prefissati nei piani di rilancio e resilienza non potranno essere raggiunti senza un responsabile sforzo, individuale e collettivo. Quella responsabilità esercitata dai tanti lavoratori italiani che hanno percorso le vie del mondo”.

Per le Acli ricordare Marcinelle significa non dimenticare le vittime di oggi: “Ricordare i morti di Marcinelle è un dovere. Il dovere di ricordare il passato non solo di Marcinelle, ma di tante persone che perdono la vita sul lavoro e delle loro famiglie o che sono costrette a cercare la vita altrove, e a farlo sottoponendosi a condizioni durissime e rischiose. Che con una vita di sacrifici hanno dato un futuro ai loro cari e al loro Paese.

Il dovere di ricordare quanto ancora questo sacrificio di persone e famiglie sia purtroppo una realtà che spesso ha i volti di Luana e Laila e di tanti bimbe e bimbi rimasti orfani. Che spesso ha i volti invisibili alla nostra indifferenza di chi il futuro lo perde in fondo al mare o sui sentieri drammatici di una rotta balcanica o nella violenza di un lager dei nostri alleati turchi o libici.

Per questo ricordare non basta. Ricordiamo per lottare ancora per la loro dignità e per i loro sogni. Che sono anche i nostri: che venga il tempo in cui giustizia e pace si abbracceranno”.

Nel periodo tra le due guerre mondiali gli italiani arrivarono in Belgio per lavorare nelle miniere, che già negli anni Venti iniziavano a registrare una crescente penuria di manodopera locale.

Alla vigilia dello scoppio del secondo conflitto mondiale, nel 1938, erano impiegati quasi 400.000 stranieri e la manodopera italiana rappresentava, con le sue oltre 39.000 unità, il 12% dell’intero contingente.

Dieci anni prima della tragedia, il 23 giugno del 1946, la Repubblica Italiana siglò l’accordo di scambio ‘minatore-carbone’: l’Italia si impegnava ad inviare 50.000 minatori e in cambio avrebbe dovuto ricevere 200 kg a testa di carbone, che all’epoca rappresentava ancora l’elemento chiave della modernità.

Oggi il Bois du Cazier è patrimonio dell’Unesco, il luogo di questa immane tragedia è divenuto anche grazie alla tenacia dei sopravvissuti e dei loro familiari, uno dei più importanti plessi celebrativi del lavoro italiano nel mondo.

E le morti sul lavoro non si arresta, come è testimoniato dal rapporto semestrale dell’Inail: 538 sono stati i lavoratori morti nel primo semestre dell’anno, evidenziando un aumento a livello nazionale degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (+17,9%, da 27.201 a 32.065 casi), che sono diminuiti del 33% nel primo bimestre di quest’anno e aumentati del 90% nel periodo marzo-giugno (complice il massiccio ricorso allo smart working nello scorso anno, a partire proprio dal mese di marzo), e un incremento del 7,8% (da 217.695 a 234.739) di quelli avvenuti in occasione di lavoro, calati del 9% nel primo trimestre di quest’anno e aumentati del 34% nel successivo trimestre aprile-giugno.

Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è aumentato del 6,7% nella gestione Industria e servizi (dai 209.118 casi del 2020 ai 223.162 del 2021), del 7,3% in Agricoltura (da 12.068 a 12.950) e del 29,4% nel Conto Stato (da 23.710 a 30.692). L’incremento ha interessato sia i lavoratori italiani (+8,3%) sia gli extracomunitari (+15,4%) e comunitari (+2,2%). L’analisi per classi di età mostra un calo solo tra i 15-19enni (-10,5%), con incrementi per la fascia tra i 20 e i 49 anni (+10,3%) e tra gli over 50 (+4,2%).

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