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In Italia si muore ancora per il lavoro

Un’altra morte sul lavoro scuote la diocesi di Roma, e dovrebbe interrogare l’Italia, invitando a non cedere all’indifferenza di fronte alla morte per il lavoro, che dovrebbe essere un diritto: Maurizio Di Pasquale, impiegato dell’Atac è deceduto, nella scorsa settimana, dopo la caduta in un ponte a fossa nel deposito di Tor Vergata, portando solo in questi primi cinque mesi dell’anno a 369 decessi (il 3,1% in più rispetto all’anno precedente).

Un numero molto elevato al punto che mons. Francesco Pesce, incaricato dell’Ufficio per la Pastorale Sociale, del Lavoro e della Custodia del Creato della Diocesi di Roma, ha affermato che ogni morte per il lavoro è inaccettabile: “La morte è il segno più eloquente della fragilità della nostra vita davanti alla quale curviamo il capo ed eleviamo lo Spirito. Morire sul luogo di lavoro è sempre inaccettabile e ci richiama a sempre più urgente corresponsabilità, non solo a livello istituzionale ma prima ancora sociale, come cittadini costruttori di morale sociale”.

E’ un invito a rendere indifferenti queste tragedie: “Non cada nella indifferenza questa ennesima tragedia. L’indifferenza è un problema culturale, e la cultura dell’indifferenza è l’opposto dell’amore di Dio e nessuno di noi può essere sicuro di rimanere immune da questa malattia morale e spirituale. L’indifferenza è un demone molto insidioso perché come un serpente si insinua a poco a poco, giorno dopo giorno, spesso si maschera anche di bene, e ti fa dire: io non c’entro, non mi riguarda, non è colpa mia. L’indifferenza ci ruba l’anima, ci disumanizza e ci trasforma da cittadini, ad egoistiche ed egocentriche maschere”.

Anche le Acli di Roma, attraverso la presidente Lidia Borzì, ha chiesto un serio confronto per una maggior tutela dei lavoratori, rinnovando le condoglianze alla famiglia: “Purtroppo, sono quasi quotidiane le notizie di persone che perdono la vita sul posto di lavoro, e questa è una realtà che non possiamo più accettare.

Anche in attesa che vengano comprese e chiarite le cause di questa tremenda tragedia, c’è bisogno di avviare un confronto urgente che coinvolga tutti gli attori interessati affinché andare al lavoro torni a essere un’opportunità e non un rischio, e affinché a ogni lavoratore venga garantita la possibilità di svolgere la propria mansione in piena sicurezza e con tutte le tutele previste dalla legge”.

Secondo le informazioni a disposizione dell’Inail le denunce di infortunio con esito mortale sono state nei primi 5 mesi del 2024: 369 (+3,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), nell’incremento sono stati determinanti gli incidenti mortali plurimi. In aumento le patologie di origine professionale denunciate, pari a 38.868 (+24,0%).

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate entro il quinto mese del 2024 sono state invece 251.132 (+2,1% rispetto a maggio 2023 e in diminuzione del 22,4% rispetto allo stesso periodo del 2022), con un aumento più rilevante per gli incidenti avvenuti nel tragitto casa-lavoro.

A livello nazionale l’Inail (pur nella provvisorietà dei numeri) segnala un incremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 271 a 286, ed un calo di quelli in itinere, da 87 a 83. Tra i comparti, i più toccati sono stati Industria e servizi, che passa da 310 a 312 denunce mortali, l’Agricoltura (da 36 a 40) e il Conto Stato (da 12 a 17).

Dall’analisi territoriale emergono incrementi al Sud (da 68 a 83 denunce), nelle Isole (da 31 a 37) e nel Nord-Est (da 77 a 78) e cali al Centro (da 74 a 65) e nel Nord-Ovest (da 108 a 106). Tra le regioni con i maggiori aumenti si segnalano l’Emilia-Romagna (+15), la Campania (+7), la Calabria e la Sicilia (+5 ciascuna), mentre per i cali più evidenti Veneto (-14), Marche, Abruzzo, Umbria e Friuli-Venezia Giulia (-4 ciascuna).

Il confronto con l’anno mostra aumenti sia per la componente maschile, le cui denunce mortali sono passate da 331 a 340, sia per quella femminile, da 27 a 29, con una diminuzione delle denunce dei lavoratori italiani (da 296 a 290) ed un aumento di quelle degli extracomunitari (da 52 a 61) e dei comunitari (da 10 a 18). L’analisi per classi di età evidenzia incrementi tra i 35-39enni (da 18 a 20 casi), tra i 45-59enni (da 152 a 186) e tra i 65-69enni (da 20 a 29) e riduzioni tra gli under 35 (da 69 a 55), tra i 40-44enni (da 24 a 23), tra i 60-64enni (da 58 a 39) e tra gli over 69 anni (da 17 a 16).

Secondo l’Inail, nel 2023 sono stati segnalati quasi tre morti sul lavoro al giorno: complessivamente sono state 1.041 le denunce di morti bianche giunte all’Inail in 12 mesi. Sempre nello scorso anno, l’Inail ha stimato che ci siano stati 15 incidenti mortali plurimi, vale a dire quelli in cui hanno perso la vita due o più lavoratori. Le vittime sono state in totale 36.

Mentre le denunce sugli infortuni sul lavoro, presentate all’Inail tra gennaio e dicembre dello scorso anno, sono state oltre 585.000, in calo del 16,1% rispetto alle 697.773 del 2022: “Riduzione che sembra essere dovuta quasi esclusivamente al minor impatto dei casi Covid che avevano caratterizzato i precedenti rilevamenti”. Sono risultate, invece, in aumento le denunce di malattia professionale rilevate allo scorso 31 dicembre: quasi 73.000 (+19,7% rispetto al 2022).

Nello specifico, il 73,7% delle patologie denunciate nel 2023 erano riferibili agli uomini, in sostanziale stabilità con il 2022, ed anche la distribuzione territoriale non ha registrato variazioni significative rispetto all’anno precedente, con la concentrazione maggiore delle denunce nelle regioni del Centro (36,8%), seguito da Sud (25,4%), Nord-Est (18,9%), Isole (9,5%) e Nord-Ovest (9,4%).

Mons. Lorefice: le morti sul lavoro sono una sconfitta sociale

“Le cinque vittime di Casteldaccia (ennesimo tragico incidente sul lavoro), portano alla ribalta l’urgenza della sicurezza che ‘è come l’aria che respiriamo’… Sicurezza significa un’economia e un mercato del lavoro governati dall’istanza etica, attenzione alla persona del lavoratore, alla sua dignità e ai suoi affetti familiari. In queste ore particolarmente drammatiche, sento di far giungere un forte appello alla sicurezza sui luoghi di lavoro, auspicando un maggiore impegno di quanti hanno la responsabilità (legislatori, imprese, organizzazioni e associazioni di categoria) di tutelare i lavoratori.  Queste morti, come anche gli infortuni, sono una sconfitta sociale, una profonda ferita del corpo sociale, riguarda tutti, non solo le imprese o le famiglie coinvolte”.

All’indomani dell’ennesimo incidente sul lavoro, avvenuto a Casteldaccia, in provincia di Palermo, l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, in modo chiaro ha invitato a non assuefarci a tali morti, esprimendo il dolore che ha colpito i familiari: “Desidero esprimere ai familiari delle vittime e dei feriti i miei più sentiti sentimenti di vicinanza e di cordoglio, anche a nome dell’intera Chiesa palermitana, nonché la viva partecipazione al dolore delle città coinvolte e, in particolare, di Casteldaccia.

Dobbiamo sentire queste morti, far nostro questo dolore, ‘con-patirlo’, sentirlo nelle nostre viscere, portarlo insieme a quanti ora ne sono schiacciati. Dobbiamo cambiare. Tutti. Non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro, né rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni”.

I cinque operai morti nella rete fognaria di Casteldaccia non sarebbero dovuti scendere all’interno della stazione di sollevamento, in quanto il contratto di appalto stipulato con la municipalizzata Amap, prevedeva che l’aspirazione dei liquami avvenisse dalla superficie attraverso un autospurgo e che il personale non scendesse sotto terra: nessuna delle vittime indossava la mascherina né avesse il gas alert, che è un apparecchio che misura la concentrazione dell’idrogeno solforato, il gas che poi li ha uccisi.

Anche il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, da New York, ha espresso il proprio cordoglio con l’auspicio di un impegno comune per eliminare tali morti: “Auspico che sia fatta piena luce sulle dinamiche dell’incidente. Ma l’ennesima inaccettabile strage sul lavoro, a pochi giorni dal 1^ maggio, deve riproporre con forza la necessità di un impegno comune che deve riguardare le forze sociali, gli imprenditori e le istituzioni preposte”.

Anche l’Azione Cattolica Italiana ha espresso cordoglio alle famiglie dei cinque operai morti, ma anche alle famiglie che negli anni hanno visto i loro familiari perdere la vita sul posto di lavoro: “Denunciamo la carenza di tutela e di misure di prevenzione da parte di soggetti pubblici e privati, sottolineando come i fatti di Casteldaccia ripropongano l’imperativo assoluto di interventi e controlli stringenti per la sicurezza sul lavoro e per spezzare la drammatica catena di morti bianche”.

E’ stato un richiamo ad applicare il Decreto Legislativo 81/08, che regola la salute e la sicurezza sul lavoro e prevede una formazione più vicina alle attività lavorative delle imprese: “Come il Movimento Lavoratori di Ac ha ricordato più volte c’è la necessità di piani di sicurezza e interventi standardizzati che le aziende dovrebbero implementare per legare di più la sicurezza alle attività produttive.

Occorre inoltre un impegno a ridurre la distanza tra chi fa impresa e chi può aiutare gli imprenditori (a partire dai vari istituti di ricerca specializzati) ad elaborare in modo semplice delle azioni di sicurezza efficaci e di controllo dell’effettiva applicazione di queste. Occorre far crescere una cultura della sicurezza, a partire dalla consapevolezza condivisa che investire in sicurezza non è un costo ma un investimento sul futuro dell’azienda e dei suoi lavoratori”.

La presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana ha chiesto una maggior dignità al lavoro ed ai lavoratori: “Tutti devono fare la loro parte, perché tutti sono responsabili della sicurezza dei lavoratori. Qualcuno però lo è più degli altri. È dunque necessario passare con prontezza dalle denunce ai fatti concreti, agli investimenti precauzionali, alle verifiche e ai controlli.

Tutti i soggetti devono fare la loro parte, con un supplemento di responsabilità; ma è dagli imprenditori in particolare che si attendono quelle provviste e quelle innovazioni strutturali che sole possono garantire il successo degli altri interventi. La vita è sacra, e distintamente lo è quella impegnata sul lavoro duro e rischioso”.

Ricordando Marcinelle ancora si muore nel lavoro

Ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato con un messaggio il 65° anniversario della tragedia di Marcinelle e la 20ª Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, avvenuto il giorno 8 agosto 1956, in cui morirono 262 minatori, di cui 136 italiani:

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