Che senso ha un Viaggio Apostolico se mette a repentaglio delle vite? Che senso hanno le riforme se sono solo da vetrina? Sulla terra le riforme le deve fare il Vicario di Cristo

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Papa Francesco, con il suo Viaggio Apostolico in Iraq, non ha esposto un popolo al solo pericolo del rischio del terrorismo, bensì anche al rischio del contagio da Covid-19. Il suo viaggio è stato motivo di inevitabili assembramenti, che di conseguenza hanno portato ad una possibile propagazione del virus tra i cristiani intervenuti in Iraq. É pacifico che nostro Signore non vuole la nostra sofferenza, ma il Papa, nel suo discernimento, ha considerato opportuno un Viaggio Apostolico del genere. Noi continuiamo a sollevare le nostre perplessità in merito [Umiltà e Santità. Il Papa e il Viaggio apostolico in Iraq (5-8 marzo 2021). Perseverare è diabolico – 4 marzo 2021].

Cambiare il nostro futuro, significa iniziare a modificare il nostro presente, consapevoli che l’unica strada da percorrere è la via del coraggio. La Chiesa va cambiata dal suo interno, se questo cambiamento non lo attua il Popolo di Dio, chi lo farà? Secondo il dogma dell’infallibilità papale il Papa non può sbagliare quando parla ex cathedra, ossia come pastore universale della Chiesa, il servus servorum Dei. Ciò significa che il dogma vale solo quando il Papa esercita il ministero petrino proclamando un nuovo dogma o definendo una dottrina in modo definitivo come rivelata. Secondo la dottrina cattolica, il magistero straordinario della Chiesa, pur esercitato esclusivamente dal Papa, in certi casi non possiede il carattere dell’infallibilità qualora il Papa stesso non usi esplicitamente e dichiaratamente (in modo da farlo comprendere subito a tutti i fedeli) questo carisma, di cui Cristo ha dotato la sua Chiesa perché sia sacramento universale di salvezza. Quindi, oltre l’ambito del dogma dell’infallibilità papale, Papa Francesco resta un essere umano con tutti i limiti della condizione umana.

Il giornalista-prete Padre Antonio Spadaro, S.I., dopo 8 anni di pontificato, generosamente ci ha illuminato, informandoci per tramite di un’intervista concessa a Vatican News, che Papa Francesco non farà le riforme, quindi non le attuerà. Probabilmente, le riforme resteranno nella vetrina di un pontificato, utile solo per un’operazione di marketing, rivolta all’esterno della Santa Sede. Alla luce delle affermazioni di Padre Spadaro, al termine dell’anno VIII del pontificato bergogliano, possiamo dire che Papa Francesco non parla per il Popolo di Dio. Papa Francesco ha usato lo strumento delle riforme solo per avere consensi. Dopo 8 anni di pontificato dobbiamo constatare, purtroppo, che questi sono fatti – non opinioni – e sono fatti che hanno il loro peso negativo. Le riforme devono inevitabilmente trovare una forma attuativa e se questa manca non possono essere messe in pratica le riforme [Mala tempora currunt sed peiora parantur | Tempora bona veniant, Pax Christi veniat, Regnum Christi veniat | Parte 3].

In una nota, Adriano Crepaldi, Presidente di Azione Cristiana Evangelica – associazione radicata in tutte le 20 regioni italiane, 35 province, in contatto con 6.007 Chiese evangeliche e che collabora con il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia – ha espresso preoccupazione con le dichiarazioni di Papa Francesco – e qualcosa vorrà pur dire: «Esprimiamo forte preoccupazione per il concetto, comunicato da Papa Francesco, nell’intervista che ha rilasciato al quotidiano La Stampa. Bergoglio sottolinea che “la via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello dello sviluppo, che ponga come indiscutibile la convivenza tra i popoli in armonia con il Creato”. La Bibbia ci ricorda invece che solo il sacrificio di Gesù sulla Croce può salvare il mondo e donare la vita eterna. Chiediamo alla Sala Stampa della Santa Sede di intervenire per precisare che cosa volesse dire realmente il Pontefice».

Riteniamo opportuno condividere questa richiesta di chiarimento, sul punto, tramite i media vaticani e gli organi preposti.

Chico Harlan, il vaticanista di The Washington Post è stato uno dei pochi giornalisti ammessi al Volo Papale (Vatican Accredited Media Personnel) a sollevare delle critiche nei confronti del Pontefice, riprese dall’autorevole vaticanista di lunga corsa Aldo Maria Valli [QUI].

Le critiche mosse da Chico Harlan si aggiungono alle rivelazioni de il Sismografo [I limiti umani di Papa Francesco: l’incapacità di dialogare, la chiusura comunicativa e la paura del confronto – 11 marzo 2021] e riguardano in particolare il fatto che Papa Francesco, durante il volo aereo di ritorno dall’Iraq, non ha concesso ai giornalisti ammessi al volo papale, di poter fare domande ulteriori di approfondimento su temi politici e altri temi attuali. Il Papa ha risposto ad 8 domande preconfezionate solo sul tema del Viaggio Apostolico in Iraq, evitando di fatto un dialogo con i 75 giornalisti accreditati, che rappresentano la voce del Popolo di Dio, che pretende risposte dal Papa su temi attuali e delicati. Uno su tutti il “caso Becciu” divenuto “caso L’Espresso”. Noi abbiamo definito questo passaggio “il punto di non ritorno comunicativo di Papa Francesco”.

Tutto ciò trova conferma nell’intervista organizzata e preconfezionata con il vaticanista de La Stampa Domenico Agasso del 14 marzo 2021 [QUI]. Sul Volo Papale di ritorno dal Viaggio Apostolico in Iraq (dal 5 all’8 marzo 2021) erano ammessi 75 giornalisti accreditati. Papa Francesco ha ritenuto opportuno di rispondere solo a 8 domande – morbide – senza concedere repliche e senza permettere ai giornalisti di fare il loro lavoro. Ma Il 14 marzo 2021 ha risposto alle domande organizzati con Agasso. Il Popolo di Dio certi atteggiamenti non può non vederli. Tali atteggiamenti rendono bene l’idea, che il punto di non ritorno comunicativo papale è superato ormai da tempo.

Abbiamo analizzato con coraggio – e senza offesa – i limiti umani di un pontifex maximus, che ha evidentemente dei limiti comunicativi, presenta una difficoltà al dialogo e nutre una particolare avversione al confronto dialettico [QUI]. Purtroppo, ci rattrista di dover rilevare delle critiche alla dimensione umana del Papa regnante, anche riguardo alla comprensione della legge e all’applicazione delle stessa. In questo delicato ambito, Papa Francesco non ha fatto nulla di nuovo, anzi si è limitato a usare – i ben noti – due pesi e due misure, applicando, senza alcun filo logico, pesanti sanzioni al Cardinale Angelo Becciu privandolo delle prerogative legate al cardinalato, legittimando, al contrario, il Vescovo emerito di Trapani, Mons. Francesco Micciché – imputato – in un imminente processo penale che avrà luogo a stretto giro temporale. Il Vescovo emerito di Trapani tuttora celebra pubblicamente la Santa Messa e amministra i sacramenti [QUI].

Ci siamo infine interrogati, se fosse opportuno segnalare i contraddittori comportamenti di Papa Francesco nella sua condotta “Covid-free”, tramite la quale, con leggerezza, affronta la situazione di emergenza sanitaria, non rispettando (e non facendo rispettare da coloro che incontra e dai suoi collaboratori) le regole emanate dal Decreto promulgato l’8 febbraio 2021 dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano [QUI]. In applicazione di questo Decreto sono previste per i lavoratori – della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano – pesanti sanzioni professionali.

In barba al Decreto dello Stato della Città del Vaticano di cui è il Capo di Stato, Monarca assoluto, Papa Francesco durante la recente Udienza concessa alla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, ha infranto nuovamente le norme anti-Covid-19 [QUI], insieme ai suoi ospiti Gualtiero Bassetti, Antonino Raspanti, Mario Meini, Giulio Brambilla e Stefano Russo.

Ricordiamo anche l’Udienza concessa alla squadra di calcio della Sampdoria, quando – nello stesso giorno – presso i Giardini Vaticani veniva inaugurata la statua di San Gregorio di Narek. Evento nel quale, laici e religiosi, intervenuti per l’occasione, indossavano le mascherine [QUI], al contrario a quanto si è potuto osservare con la Sampdoria.

Condizioni che si sono replicate in occasione dell’Udienza concessa ai Dirigenti e Giocatori della Squadra di Pallanuoto di Genova [QUI]. Altra squadra sportiva, altro incontro “Covid-free”.

Postilla

Ritengo doveroso e opportuno rispondere ad una legittima osservazione di un nostro attento lettore: «Non capisco… migliaia di cristiani perseguitati hanno gioito per questo viaggio apostolico e il problema sarebbero gli assembramenti… Proprio non capisco…».

In un primo momento – visto la necessità di essere breve sui social – ho risposto con una riga: «Ci faremo una ragione e continuiamo a pensare con la nostra testa. Dopo la gioia cosa è cambiato per i cristiani perseguitati?».

Poi, alla risposta del nostro attento lettore – «ma perché le visite apostoliche del Papa non producono frutti, e tanti, soprattutto nel tempo?», ho risposto:

«Certamente i Viaggi Apostolici posso produrre frutti, e tanti, soprattutto nel tempo, ma non sempre. Non è automatico… pensa al Viaggio Apostolico di San Giovanni Paolo II in Siria ed è sotto gli occhi di tutti dove la gioia è finita, e non si nega la gioia (potrei ricordare molti Viaggi). La gioia del momento non viene negato con quanto scritto (Korazym.org nella sua copertura del Viaggio Apostolico l’ha abbondantemente documentato).
San Giovanni Paolo II rinunciò all’ultimo momento al Viaggio Apostolico a Sarajevo perché la sicurezza della gente non era garantita (lo fece tre anni dopo con le condizioni cambiate).
Anche Chico Harlan, l’inviato del Washington Post (non un scribacchino su un foglietto qualsiasi) sul Volo Papale per il Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Iraq, ha scritto un articolo controcorrente (era lo spunto per nostro pezzo). Pur sottolineando l’importanza storica del Viaggio Apostolico, si è posto alcune domande riguardanti il Sars-CoV-2. Le folle lo hanno adorato, osserva Harlan. Ma il punto è proprio questo: quasi ovunque andasse Papa Francesco, c’erano folle (in un Paese formalmente in lockdown). Grandi folle di persone non vaccinate, spalla a spalla. Alla Santa Messa all’aperto di Papa Francesco a Erbil ha partecipato una folla quasi da Super Bowl, ma in uno stadio molto più piccolo di quello che ospita la finale del campionato americano di football, e pochissime persone indossavano la mascherina. La cosa più sorprendente è stata una Santa Messa al chiuso a Baghdad, in una chiesa gremita di gente che cantava, quasi senza ventilazione. Scrive Harlan: “Sembrava di stare in un reattore nucleare per la produzione di coronavirus”. Prima del Viaggio, ricorda l’inviato del Washington Post, il Vaticano ha offerto a tutti i giornalisti ammessi al Volo Papale (più di settanta), due dosi del vaccino Pfizer/BioNTech. “All’inizio, mi è sembrato un regalo, da parte di uno dei pochissimi Stati che hanno un’abbondanza di vaccini. Ma quando il Viaggio è iniziato, ho capito: eravamo stati vaccinati perché stavamo per abbandonare molte delle regole sulla pandemia”. In Iraq, continua Harlan, “abbiamo lavorato in mezzo alle folle, abbiamo viaggiato stretti in un pullmino, abbiano fatto sei viaggi in aereo in settantadue ore, abbiamo mangiato pasti preconfezionati in contenitori di plastica. In un hotel ci siamo accalcati per una cena a buffet, sono stato in ascensore con tre o quattro persone. Ora dopo ora, la guardia si è abbassata e siamo tornati ai comportamenti pre-Covid-19. Solo una cosa mi teneva tranquillo: il vaccino. Ecco perché i miei pensieri continuavano a tornare alle persone che non avevano la nostra stessa protezione, come i cattolici stipati per la Messa a Baghdad. Mi chiedevo: chi in mezzo a queste folle si ammalerà entro un paio di giorni? Anche una Messa può portare alla morte?”. Durante il viaggio di ritorno verso Roma Chico Harlan ha potuto chiedere direttamente al Papa come avesse soppesato i rischi del viaggio e se fosse preoccupato per la salute di quelli che si erano radunati per vederlo. La risposta è stata che aveva pensato profondamente al viaggio, aveva pregato e preso la decisione conoscendo i rischi e nella convinzione che Dio si prenderà cura degli iracheni che potrebbero essere stati esposti al virus. Harlan, tuttavia, non nasconde il suo disagio. Il Papa, vaccinato, è andato, con i suoi collaboratori e i giornalisti (tutti vaccinati) in mezzo a folle a rischio. In Vaticano nulla di simile sarebbe mai stato consentito. Se si considera che in Iraq si fanno pochissimi tamponi e si registrano migliaia di nuovi casi al giorno, con la presenza di numerose varianti, mentre una campagna vaccinale è solo ai primi passi, ciò che ha provato il giornalista è comprensibile. Il Papa che ha sempre raccomandato di rispettare le regole anti-Covid e si è vaccinato fra i primi dicendo che è un dovere etico, ha di fatto esposto al rischio moltissima gente. Nell’ultimo giorno del viaggio, scrive Harlan, finché siamo rimasti a Bagdad era come se il coronavirus non esistesse più, tanto che abbiamo fatto la solita colazione a buffet senza distanziamento sociale. Poi però, una volta tornati a Roma, la realtà è tornata. Il giornalista racconta che sul taxi ha indossato una mascherina FFP2 e poi anziché tornare a casa, in famiglia, si è recato in un bed and breakfast per una quarantena volontaria. Con il pensiero sempre rivolto alle folle dell’Iraq.
Scusami la lunghezza, ma ritenevo opportuno e giusto rispondere alla sua domanda con la sostanza, non con una battuta.
Aggiungo per inciso, che sono ben capace di interpretare questo resoconto giornalistico, visto che ho fatto con tre Papi ben 104 Viaggi Apostolici in tutto il mondo (e stavo organizzando i media per quello a Sarajevo che fu rinviato).
Buona giornata».

Vik van Brantegem
15 marzo 2021

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