Il ddl De Zan verso l’approvazione non senza critiche

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La Camera dei deputati ha approvato in prima lettura il ddl Zan per il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere, ottenendo 265 voti a favore da parte dell’Aula di Montecitorio, 193 contrari e un solo astenuto. A votare a favore del provvedimento non solo la maggioranza, ma anche cinque deputati di Forza Italia che si sono espressi in dissenso dal loro gruppo.

Il testo era inizialmente stato pensato per introdurre misure di prevenzione e contrasto solamente per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Durante l’esame in Aula le tutele sono state estese anche alla disabilità, con l’accordo anche delle opposizioni, che però criticano quella che definiscono una legge ‘liberticida’, perché introdurrebbe ‘il reato di opinione’ su questioni legate al sesso e al genere.

La legge definisce ciò che si deve intende per sesso biologico o anagrafico; per genere; per orientamento sessuale; per identità di genere. La legge modifica la Legge Mancino (‘Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa’) e, quindi, l’articolo 604 bis del codice penale, aggiungendo tra i reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, punibili con la detenzione, anche gli atti di violenza o incitamento alla violenza e alla discriminazione ‘fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità’.

A tal proposito Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha affermato la propria contrarietà: “Nelle nostre case accogliamo, oggi come in passato, persone omosessuali e transessuali, favorendo la loro integrazione attraverso il dialogo e l’incontro delle diversità. L’orientamento sessuale non è motivo di discriminazione per noi. Al contrario riteniamo controproducente ai fini della stessa integrazione una legge che, basandosi sulla difesa delle persone con orientamento omosessuale, attacca la libertà di espressione e di educazione”.

In un’intervista all’Agenzia Sir, il prof. Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore vicario dell’Università europea di Roma, ha affermato alcune perplessità: “L’intento di garantire il rispetto di tutte le persone, indipendentemente dal loro sentire o dalle loro opinioni in tema di affettività o sessualità, risulta del tutto condivisibile e va perseguito con impegno unanime.

L’interrogativo che si pone, tuttavia, è se le modifiche normative proposte (e in particolare l’enfatizzazione dell’intervento penale rispetto a condotte già penalmente sanzionate) risultino ragionevoli rispetto all’obiettivo, o finiscano per produrre, invece, effetti problematici in merito alla certezza del diritto e all’esigenza di non incrinare il principio cardine per qualsiasi ordinamento democratico-liberale costituito, ai sensi dell’art. 21 della Costituzione, dalla libera espressione di opinioni su qualsiasi tema. Nel nostro stesso ordinamento penale sono già previste sanzioni applicabili sia per atti di violenza, sia per altri tipi di offesa perpetrati nei confronti di chiunque”.

Mentre Mario Adinolfi si è scagliato contro: “Non ci si rende conto della gravità di una legge che obbliga i bambini di sei anni a vedersi ‘educati’ all’ideologia gradita alla lobby Lgbt. Bimbi che hanno come riferimento il papà e la mamma dovranno sentirsi dire che è uguale se la mamma non c’è e si è “figli” di due maschi”.

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