Giorgio Beretta: aumenta l’export delle armi italiane

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Lo scorso anno sono state rilasciate nuove autorizzazioni per quasi € 200.000.000 e consegne definitive per € 190.000.000 verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Quasi € 25.000.000 di controvalore per centinaia di bombe sono stati sicuramente esportati da RWM Italia verso l’Arabia Saudita, nonostante che da luglio 2019 sia attiva la sospensione delle vendite di bombe d’aereo e missili verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per il coinvolgimento nel conflitto in Yemen.

Davanti queste cifre ufficiali Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace hanno commentato: “L’Italia è ancora protagonista negativa dei flussi di armi verso i Paesi coinvolti nel sanguinoso conflitto in Yemen, con altissimo tributo di vittime civili, distruzione di infrastrutture vitali e di un impatto umanitario devastante anche a causa di numerose ed accertate violazioni di diritti umani con possibili crimini di guerra. Una situazione inaccettabile e per la quale chiediamo immediati chiarimenti ed interventi a Governo e Parlamento”.

Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere – OPAL di Brescia, ha analizzato questi flussi: “Se ci concentriamo sulle nuove autorizzazioni (cioè su quello che dal 2019 in poi è possibile produrre e poi esportare) troviamo l’Arabia Saudita all’undicesimo posto con ben € 105.400.000 e gli Emirati Arabi Uniti al dodicesimo posto con € 89.900.000. Se nel secondo caso si tratta di un dimezzamento rispetto al record del 2018, per l’Arabia Saudita c’è invece una rilevante risalita dopo due anni di bassi volumi di licenze”.

Allora, come è la situazione dell’export italiano delle armi?

“E’ una situazione paradossale e davvero problematica per la pace e la sicurezza di tutti. Nonostante il calo fisiologico degli ultimi due anni (nel 2016, durante il governo Renzi, le autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari avevano raggiunto il record storico di € 14.600.000.000, la  gran parte degli oltre € 4.085.000 di operazioni autorizzate nel 2019, cioè € 2.560.000  (pari al 62,7%), è destinata a governi che non appartengono alla Nato e all’UE, che rappresentano le alleanze storiche del nostro Paese.

Non solo. Anche nel 2019, la principale zona di destinazione è stata l’area del Medio oriente dell’Africa settentrionale: nonostante il perdurare dei conflitti e delle tensioni, a quest’area sono state destinati € 1.334..000 di armamenti, pari al 32,6% di tutte le autorizzazioni. Tutto questo contrasta chiaramente con la legge n.185 del 1990 che sancisce che le esportazioni di armamenti ‘devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia’ (art.1, c.1)”.

Verso quali Paesi si orienta l’export italiano?

“Nel 2019 i primi due Paesi destinatari sono stati l’Egitto (€ 872.000.000) e il Turkmenistan (€ 446.000.000). Ma negli ultimi anni ingenti forniture di armamenti sono state destinate al Kuwait (oltre € 10.000.000.000 nel triennio 2016-18), Qatar (oltre € 6.000.000.000 nel biennio 2017-18), Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti  (oltre € 1.000.000.000 ciascuno nell’ultimo sessennio) e poi Algeria, Turchia, Marocco, Israele, Iraq.

Come dicevo, nel 2019 spiccano negativamente gli oltre € 872.000.000 all’Egitto: la gran parte riguarda 32 elicotteri della Agusta Westland del gruppo a controllo statale Leonardo. Ma tra le autorizzazioni figurano anche armi automatiche, bombe, siluri, razzi e missili, apparecchia per l’addestramento militare…: insomma, tutto l’arsenale necessario per la repressione interna e per la guerra.

Riteniamo gravissimo e offensivo, hanno commentato con un comunicato congiunto Rete italiana per il disarmo e Rete della pace, che sia stata autorizzata la vendita di un così ampio arsenale di sistemi militari all’Egitto sia a fronte delle pesanti violazioni dei diritti umani da parte del governo di Al Sisi sia per la sua riluttanza a fare chiarezza sulla terribile uccisione di Giulio Regeni”.

In quale modo i governi italiani hanno permesso alle industrie italiane di ‘aggirare’ la legge 185/90?

“Tutto quello che esportano le industrie italiane deve essere autorizzato. Sono stati i vari governi che hanno assunto un approccio che non rispecchia lo spirito e il dettato della legge. Mentre la legge è stata fatta per il controllo delle esportazioni prevedendo una serie di precisi divieti, i vari governi hanno invece cercato di incentivare e favorire le esportazioni sulla base di questa idea: tutto ciò che non è in aperta violazione (e che quindi sarebbe sanzionabile) può essere autorizzato.

E’ una logica affaristica che si è fatta strada negli anni recenti a seguito, soprattutto, della focalizzazione della principale azienda a controllo statale, Leonardo (ex Finmeccanica), nei settori militari dell’aerospazio e della difesa”.

Perchè il coronavirus non è riuscito a fermare l’export delle armi italiane?

​“Non solo il coronavirus non ha fermato l’export militare, ma addirittura il governo ha concesso alle aziende a produzione militare di continuare a lavorare nonostante l’epidemia. Ovvio hanno dovuto assumere precauzioni, ma il decreto governativo del 25 marzo scorso esplicitava che ‘sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive’. La produzione militare è dunque considerata ‘strategica’: quella di kit sanitari, tamponi, respiratori polmonari e apparecchiature mediche è lasciata alla libera iniziativa e al libero mercato. Sarebbe questa la tutela della nostra sicurezza e della nostra salute?”

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