San Paolo VI rende omaggio al culto di Maria

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Oggi, 29 maggio, la Chiesa Cattolica celebra la memoria liturgica di San Paolo VI, papa dal 1963 al 1968: il 29 maggio 1920 Giovanni Battista Montini era ordinato sacerdote per l’imposizione delle mani del Vescovo di Brescia Giacinto Gaggia. Nel suo pontificato particolare attenzione fu rivolta al culto mariano, culminata con la pubblicazione nel giorno della Presentazione al Tempio, 2 febbraio 1974, con l’enciclica ‘Marialis cultus’, avvertita come ‘la parola giusta, detta al momento giusto, nel modo giusto’, in quanto è stata redatta con uno stile semplice, pur affrontando argomenti complessi, ed aveva attraversato cinque stesure, tre anni di lavoro, il parere di numerosi esperti coordinati da Ignazio M. Calabuig, e soprattutto il diretto coinvolgimento del papa in ogni sua fase:

“Lo sviluppo, da Noi auspicato, della devozione verso la Vergine Maria, inserita (come sopra abbiamo accennato) nell’alveo dell’unico culto che a buon diritto è chiamato cristiano, perché da Cristo trae origine ed efficacia, in Cristo trova compiuta espressione e per mezzo di Cristo, nello Spirito, conduce al Padre, è elemento qualificante della genuina pietà della Chiesa. Per intima necessità, infatti, essa rispecchia nella prassi cultuale il piano redentivo di Dio, per cui al posto singolare, che in esso ha avuto Maria, corrisponde un culto singolare per Lei; come pure, ad ogni sviluppo autentico del culto cristiano consegue necessariamente un corretto incremento della venerazione alla Madre del Signore.

Del resto, la storia della pietà dimostra come le varie forme di devozione verso la Madre di Dio, che la Chiesa ha approvato entro i limiti della sana e ortodossa dottrina5 si sviluppino in armonica subordinazione al culto che si presta a Cristo e intorno ad esso gravitino come a loro naturale e necessario punto di riferimento. Anche nella nostra epoca avviene così.

La riflessione della Chiesa contemporanea sul mistero del Cristo e sulla sua propria natura l’ha condotta a trovare, alla radice del primo e a coronamento della seconda, la stessa figura di Donna: la Vergine Maria, Madre appunto di Cristo e Madre della Chiesa.

E l’accresciuta conoscenza della missione di Maria si è tramutata in gioiosa venerazione verso di lei e in adorante rispetto per il sapiente disegno di Dio, il quale ha collocato nella sua Famiglia, la Chiesa, come in ogni focolare domestico, la figura di Donna, che nascostamente e in spirito di servizio veglia per essa e benignamente ne protegge il cammino verso la patria, finché giunga il giorno glorioso del Signore”.

Per san Paolo VI la Madre di Dio è modello di vita spirituale per la Chiesa: “Modello di tutta la Chiesa nell’esercizio del culto divino, Maria è anche, evidentemente, maestra di vita spirituale per i singoli cristiani. Ben presto i fedeli cominciarono a guardare a Maria per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita.

Già nel IV secolo, sant’Ambrogio, parlando ai fedeli, auspicava che in ognuno di essi fosse l’anima di Maria per glorificare Dio: Deve essere in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore, deve essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio. Maria, però, è soprattutto modello di quel culto che consiste nel fare della propria vita un’offerta a Dio:

dottrina antica, perenne, che ognuno può riascoltare, ponendo mente all’insegnamento della Chiesa, ma anche porgendo l’orecchio alla voce stessa della Vergine, allorché essa, anticipando in sé la stupenda domanda della preghiera del Signore: Sia fatta la tua volontà, rispose al messaggero di Dio: Ecco la serva del Signore: sia fatto di me secondo la tua parola. E il ‘sì’ di Maria è per tutti i cristiani lezione ed esempio per fare dell’obbedienza alla volontà del Padre la via e il mezzo della propria santificazione”.

Nell’enciclica il papa aveva sottolineato il valore degli esercizi di ‘pietà’ verso la Madre di Dio: “E’ necessario, poi, che gli esercizi di pietà con cui i fedeli esprimono la loro venerazione alla Madre del Signore, manifestino in modo perspicuo il posto che essa occupa nella Chiesa:

dopo Cristo il più alto e il più vicino a noi; un posto che negli edifici cultuali di Rito Bizantino è plasticamente espresso nella stessa disposizione dei membri architettonici e degli elementi iconografici (nella porta centrale dell’iconostasi la raffigurazione dell’Annuncio a Maria, nell’abside la rappresentazione della Theotócos gloriosa) sì che da essi risulta manifesto come dal consenso dell’Ancella del Signore l’umanità inizi il ritorno a Dio e nella gloria della Tuttasanta veda la meta del suo cammino.

Il simbolismo con cui l’edificio della Chiesa esprime il posto di Maria nel mistero della Chiesa contiene un’indicazione feconda e costituisce un auspicio perché dappertutto le varie forme di venerazione alla Beata Vergine si aprano verso prospettive ecclesiali”.

Ed un particolare risalto è dato al Rosario: “Si è pure sentita con maggiore urgenza la necessità di ribadire, accanto al valore dell’elemento della lode e dell’implorazione, l’importanza di un altro elemento essenziale del Rosario: la contemplazione.

Senza di essa il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all’ammonimento di Gesù: ‘Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità’.

Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano all’orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il cuore di colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze…

Riaffermato quindi il valore preminente delle azioni liturgiche, non sarà difficile riconoscere come il Rosario sia un pio esercizio che si accorda facilmente con la sacra Liturgia. Come la Liturgia, infatti, esso ha un’indole comunitaria, si nutre della Sacra Scrittura e gravita intorno al mistero di Cristo. Sia pure su piani di realtà essenzialmente diversi, l’anamnesi della Liturgia e la memoria contemplativa del Rosario hanno per oggetto i medesimi eventi salvifici compiuti da Cristo”.

L’enciclica si chiude con un invito ad accrescere la devozione per la Madre di Dio: “La pietà verso la Madre del Signore diviene per il fedele occasione di crescita nella grazia divina: scopo ultimo, questo, di ogni azione pastorale.

Perché è impossibile onorare la Piena di grazia senza onorare in se stessi lo stato di grazia, cioè l’amicizia con Dio, la comunione con lui, l’inabitazione dello Spirito. Questa grazia divina investe tutto l’uomo e lo rende conforme all’immagine del figlio di Dio.

La Chiesa cattolica, basandosi sull’esperienza di secoli, riconosce nella devozione alla Vergine un aiuto potente per l’uomo in cammino verso la conquista della sua pienezza. Ella, la Donna nuova, è accanto a Cristo, l’Uomo nuovo, nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell’uomo, e vi è come pegno e garanzia che in una pura creatura, cioè in lei, si è già avverato il progetto di Dio, in Cristo, per la salvezza di tutto l’uomo”.

Questa nuova visione mariana offre all’uomo la ‘vittoria’ della speranza della vita: “All’uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l’angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell’animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall’enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la Beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte”.

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