Dal Patriarcato di Gerusalemme un appello per il sostegno degli studenti

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Domenica scorsa ha riaperto ai fedeli la basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, i cui battenti erano stati chiusi il 25 marzo scorso, su disposizione delle autorità civili israeliane. Nella nota congiunta dei capi delle Tre Comunità, custodi della Basilica del Santo Sepolcro e della Resurrezione, i patriarchi greco ortodosso e armeno di Gerusalemme, Teofilo III e Nourhan Manougian, e il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, si leggono le modalità di ingresso:

“Per motivi di sicurezza e al fine di evitare il rischio di una nuova diffusione dell’infezione Covid-19, all’inizio il numero sarà limitato (a 50 persone) e la Basilica sarà accessibile solo a coloro che non hanno febbre o sintomi di infezione e indossano adeguate coperture per il viso. Sarà inoltre necessario mantenere una distanza minima di 2 metri tra ogni persona ed evitare qualsiasi atto di devozione che possa includere un contatto fisico come toccare e baciare le pietre, le icone, i paramenti e il personale della Basilica; oltre a rispettare sempre le istruzioni fornite. Da questo luogo santo, in questo periodo di Pasqua, continuiamo le nostre preghiere, chiedendo la fine di questa pandemia”.

Inoltre il patriarca mons. Pierbattista Pizzaballa ha fatto un appello per le famiglie bisognose degli studenti del patriarcato: “La Chiesa Cattolica di Terra Santa è sempre stata orgogliosa della sua solida presenza istituzionale, capace di offrire un contributo notevole soprattutto negli ambiti dell’educazione, della salute e dei servizi sociali.

La scelta precisa delle Scuole Cattoliche di servire tutti i segmenti della società, senza tener conto della provenienza religiosa e dell’appartenenza nazionale, politica, etnica o di genere non può che produrre buoni frutti sia in ambito ecumenico che interreligioso. Questo meraviglioso mosaico è possibile grazie all’insieme di valori che proviene dall’apporto di ogni studente, genitore e docente capace di insegnare il rispetto, la convivenza e la tolleranza, la pace e l’amore in una regione del mondo che è spesso ferita dalla violenza e dalle guerre. Perciò, il sostegno a questo tipo di presenza e di contributo è cosa sacra per noi di questa Chiesa Madre”.

Nella lettera il patriarca ha illustrato che gli indicatori economici generali mostrano che la Giordania stava già soffrendo di un alto tasso di disoccupazione prima del Covid-19, che raggiungeva il 19%; per i giovani sotto i 19 anni il tasso di disoccupazione  era del 49% e del 39% per quelli tra i 20 e i 24 anni.

Nella Palestina prima del Covid-19, il tasso di disoccupazione della Striscia di Gaza era del 45% (del 70% per i giovani e le donne) e del 15% nella Cisgiordania, dando un tasso di disoccupazione media del 29%. I dati più recenti non sono ancora stati pubblicati, ma si prevede che il tasso generale sia raddoppiato. Inoltre, nel 2019 il numero di palestinesi impiegati in Israele e negli insediamenti israeliani era di circa 133.000 unità.

Ed ha raccontato la situazione causata dalla pandemia, che si è ripercossa sulle famiglie: “A causa della severità della pandemia e dei suoi  effetti devastanti in tutto il mondo, della carenza di solide strutture sanitarie ed economiche sia in Palestina sia in Giordania, con la perdita in massa del lavoro e degli introiti che ne derivano, la maggior parte delle famiglie è alla ricerca di risorse disponibili per soddisfare i bisogni primari.

Perciò la solvibilità dei genitori di 12.456 studenti, che ancora devono far fronte alle rette delle nostre 38 scuole in Giordania e in Palestina, diviene pressoché impossibile. Contemporaneamente, tutte le scuole, con l’imposizione del lockdown, si sono immediatamente attrezzate per l’insegnamento a distanza, e gli insegnanti hanno risposto continuando da casa nel loro compito educativo in condizioni davvero onerose. Dal punto di vista etico e morale dovrebbero essere ricompensati per il lavoro svolto. Il totale della cifra che sarebbe loro dovuta è di $ 7.194.264, che è una somma enorme”.

Però le scuole cattoliche in Israele sono in una situazione migliore rispetto a quelle che si trovano in Palestina e Giordania: “Le nostre 5 scuole in Israele sono in una situazione completamente diversa. A differenza di quelle che si trovano nel contesto delle economie povere di Giordania e Palestina, Israele ha offerto un pacchetto di sostegno economico per i disoccupati e per le attività chiuse, e ha garantito che gli impegni finanziari presi con le scuole fossero assolti subito. Perciò non prevediamo nessun problema per queste scuole”.

Concludendo l’appello mons. Pizzaballa si rivolge ai cattolici per offrire un sostegno a queste famiglie: “Con il presente appello, ci rivolgiamo a tutti i fratelli e le sorelle del mondo per chiedere un sostegno urgente alle 12.456 famiglie bisognose degli studenti che frequentano le 38 Scuole del Patriarcato Latino in Giordania e in Palestina, per aiutarle a far fronte al loro impegno finanziario. Ciò permetterebbe a queste famiglie, durante la pandemia, di usare le limitate risorse ancora a loro disposizione per provvedere ai bisogni immediati.

Questo ci aiuterebbe indirettamente a mantenere solida, efficace e viva la nostra preziosa presenza istituzionale nel campo dell’educazione. Data la natura globale della pandemia e consapevoli che essa causa sofferenza in ogni parte del mondo, qualsiasi somma, indipendentemente dal suo ammontare, sarà grandemente apprezzata. Il vostro contributo in denaro sarà un contributo alla vita, espressione della speranza che il servire cristiano porta con sé”.

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