Mons. Delpini invita a ‘svegliare’ la bellezza

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Al termine della celebrazione eucaristica nella V Domenica della Quaresima ambrosiana l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini ha annunciato il suo Messaggio di speranza per la Pasqua 2020 per dare alcune indicazione ‘con quale spirito vivere la Settimana Santa’, dal titolo ‘La potenza della sua Resurrezione’, invitando i credenti ad essere ‘lieti nel Signore: “…avevamo   immaginato un’altra Pasqua e anche quanto ho scritto per il tempo pasquale proponeva attenzioni più consuete”.

In questa ‘consuetudine’ nessuno era abituato a riflettere sulla morte come avvenimento quotidiano: “Noi, vivi, sani, impegnati in molte cose siamo abituati a pensare alla morte come a un evento così lontano, così estraneo, così riservato ad altri: ci sembra persino un’espressione di cattivo gusto quando si insinua l’idea che possa riguardare anche noi, e proprio adesso. Io non so quante siano le  persone che muoiono a Milano nei tempi ‘normali’. Adesso però i numeri impressionano, anche  perché tra quei numeri c’è sempre qualcuno che conosco”.

Questo testo si affianca alla sezione della Proposta pastorale per il 2019-2020: ‘Siate sempre lieti nel Signore” (Fil 4,4), lettera per il tempo di Pasqua’, fornendo alcuni spunti per rileggere in modo più puntuale e diretto il tempo del coronavirus, perché la ‘morte è diventata vicina, interessa le persone che mi sono care’:

“La città secolare da tempo ha decretato l’assenza di Dio o, quanto meno, la sua esclusione dalla vita pubblica; ma per i devoti la presenza di Dio nella vita e nella città era una sorta di ovvietà… In questo tempo è molto cambiato l’atteggiamento verso il religioso: ne è nata una qualche nostalgia per chi non ci pensava più e persino quelli che non sanno dove siano le chiese si sono interessati per sapere se siano aperte o chiuse”.

In questo tempo si riscopre che la celebrazione eucaristica non è soltanto una consuetudine per accontentare i nonni, ma una necessità: “Andare  a  messa, il rito della domenica, è sembrato per decenni una buona abitudine facoltativa, dopo la fine di un cristianesimo governato da precetti e minacce.

Una buona abitudine da riservare a qualche festa solenne, a qualche rito di famiglia, a qualche domenica insieme per accontentare il bambino. Una buona abitudine in concorrenza con altre: la visita alla nonna, il corso di sci, le occasioni del centro commerciale, le partite di campionato”.

Eppoi l’arcivescovo di Milano ha sottolineato la concretezza della fede, che non può basarsi sulle sensazioni personali: “Poter ‘andare a messa’ sarebbe il segno che è tornata la normalità non solo nella libertà di movimento, ma nella convinzione che non si tratta di buone abitudini, ma di una questione di vita e di morte.

Il pane della vita non è infatti una bella frase, ma la rivelazione che senza Gesù non possiamo fare niente: le buone idee, la buona educazione, i buoni propositi sono tutte cose importanti. Ma  abbiamo bisogno di una parola che illumini il nostro passo, di un credere che sia vivere della relazione decisiva con Dio, di uno spezzare il pane della vita per non morire in eterno. Abbiamo bisogno di diventare un solo corpo e un solo spirito spezzando l’unico pane”.

In questa traiettoria è necessaria la Resurrezione per alimentare la vita: “La potenza della sua resurrezione9di una parola che illumini il nostro passo, di un credere che sia vivere della relazione decisiva con Dio, di uno spezzare il pane della vita per non morire in eterno. Abbiamo bisogno di diventare un solo corpo e un solo spirito spezzando l’unico pane…

La percezione del pericolo estremo costringe a una visione diversa delle cose e a una verifica più drammatica di quello che possiamo sperare. Nella vita cristiana rassicurata dalla buona salute, da un certo benessere, dalla ‘solita storia’ i temi più importanti sono le raccomandazioni di opere buone, di buoni sentimenti, di fedeltà agli impegni, di pensieri ortodossi. Ma quando si intuisce che qualcuno in casa deve affrontare il pericolo estremo, allora l’unica roccia alla quale appoggiarsi può essere solo chi ha vinto la morte”.

Il messaggio si conclude con l’augurio per la santa Pasqua, vissuta in casa più che in chiesa,  rivivendo quella sera dopo il sabato: “La nostra Pasqua, vissuta più in casa che in chiesa, è la cena secondo Giovanni: i suoi segni espressivi sono la lavanda dei piedi, la rivelazione intensa agli amici dei pensieri più profondi, la preghiera più accorata al Padre… Incomincia così una storia nuova… Buona Pasqua”.

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