Da Camerino un invito alla preghiera per la protezione contro il coronavirus

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“Carissimi tutti, un giusto e normale timore invade tutti a motivo dell’infezione virale presente nella nostra terra e in varie nazioni e paesi. Mentre siamo tutti grati per quanto fanno medici, ricercatori e quanti sono predisposti ad affrontare tale emergenza, ci affidiamo alla preghiera, mettendoci in ginocchio per intercedere per il mondo.

Questa situazione, infatti, ci avvolge con quel senso di smarrimento che sempre avvertiamo davanti all’imprevisto e all’ignoto, e ci consegna ancora una volta la consapevolezza della debolezza, della fragilità, della precarietà e del limite che sono propri della condizione umana. E poiché santa Camilla Battista Varano non solo ha vissuto una realtà simile, ma ne è anche stata vittima morendo di peste il 31 maggio 1524, certamente lei intercede pace e salute per tutti, lei che promise: ‘Ed io dal Cielo, non mi dimenticherò mai di voi’.

Preghiamo per quanti sono contagiati e per chi si prende cura di loro; per le nostre comunità, perché siano testimonianza di fede e di speranza in questo difficile momento, per quelle città che più sono state colpite e a cui è stato chiesto di farsi carico dell’accoglienza dei malati. Tra queste anche la nostra città di Camerino che oltre all’emergenza terremoto che ancora non ci abbandona, vive in prima linea anche l’emergenza Covid-19, in quanto individuata come punto ospedaliero di accoglienza per tutti i contagiati del nostro territorio”.

Partendo da questo appello per Camerino e per l’Italia, alla badessa del monastero ‘Santa Chiara’ della città, Madre Chiara Laura Serboli, abbiamo chiesto di spiegarci l’efficacia della preghiera in queste situazioni: “La preghiera per sua stessa natura appartiene all’ambito del desiderio e come ogni desiderio ha per oggetto qualcosa che ci manca. Per questo essa nasce da una condizione di privazione, di povertà, di fragilità, di limite.

La radice della parola ‘preghiera’ è la stessa della parola ‘precario’ che in latino significa: ‘sospeso’, ‘incerto’, ‘dipendente dalla volontà altrui’. Preghiamo, infatti, perché avvertiamo la precarietà della nostra condizione; perché ci sentiamo vacillanti, sospesi nel vuoto, nel buio; perché la vita ci viene meno e insieme ci stringe alla gola; perché abbiamo paura e ci sentiamo smarriti, perché tutto attorno a noi ci sembra insensato. La molla quindi è questo profondo desiderio di vita, di luce e di senso. Ma non una luce qualsiasi, una vita qualsiasi, un senso qualsiasi: tutte cose che abbiamo già, ma che non ci bastano.

Cosa significa essere ‘cuori oranti’?

“I contemplativi una volta erano simboleggiati dai gufi che, con i loro occhi grandi, sono capaci di vedere anche nella notte. Un cuore orante è quello di chi, custodendo dentro di sè il dolore che lo circonda, sa mantenere uno sguardo penetrante per scorgere la presenza discreta ma efficace della tenerezza del Signore anche nelle situazioni più difficili”.

Cosa significa per il fedele non poter partecipare alla celebrazione eucaristica?

“Di fatto questo contagio ci sta, volenti o nolenti, esiliando dalla terra della nostra vita. Questo ci fa pensare all’esperienza biblica dell’esilio durante il quale il popolo di Dio, perde tutto: gli rimane la fede, la preghiera e la dedicazione della propria vita agli altri, come espressione concreta della propria dedicazione a Dio.

La stessa cosa vale per noi oggi: nell’esilio derivato da questa pandemia il Signore ci indica nel silenzio e nell’ascolto della sua Parola, nella pazienza e nella perseveranza,  nella preghiera e nella carità vicendevole, le armi per affrontare questa nuova battaglia della vita e della fede. Il non poter partecipare all’Eucaristia è uno stimolo a far sì che tutta la nostra vita assuma uno stile eucaristico nella riscoperta della bellezza della comunione dei santi, ossia dell’amicizia cristiana che non è rotta neppure dalla distanza fisica, spaziale o temporale”.

Perchè chiedere a santa Camilla la protezione dal virus?

“Storicamente nelle epidemie si invocavano alcuni santi ‘speciali’: santa Rita, san Rocco, sant’Antonio abate, san Cristoforo e san Sebastiano, le cui vicende in qualche modo erano legate a situazioni di malattia o guarigioni miracolose. Al di là del santo a cui ci si rivolge, queste invocazioni sottolineano un dato comune: la fiducia nella forza della preghiera e la consapevolezza che i santi sono nostri amici.

In questo momento in cui siamo tutti costretti  a una vita in qualche modo ‘monastica’, la preghiera e la riscoperta delle relazioni, diventino una sfida e un’opportunità per re-imparare a ‘rimanere’ insieme, anche quando non ci sono possibilità di fuga ed è faticoso, perché accada che accogliendo la straordinarietà di spazi ristretti e tempi dilatati, potremo tornare a scoprire la segreta bellezza del vivere, come per Francesco e Chiara, in ‘altissima povertà e santa unità’”.

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