Piemonte: inaugurato l’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Piemontese

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Il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Piemontese ha inaugurato l’anno giudiziario sabato 1 febbraio con il saluto dell’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, sul tema fondamentale per l’azione pastorale della Chiesa verso le coppie unite in matrimonio, ‘Dichiarazione di nullità del matrimonio e discernimento di coscienza: vie diverse e complementari per la cura pastorale delle situazioni matrimoniali irregolari’:

“In questi anni stiamo lavorando tutti per dare attuazione alle preziose indicazioni che papa Francesco ha offerto a tutta la Chiesa con l’esortazione apostolica Amoris laetitia. La via charitatis e la via veritatis, nell’affrontare le situazioni matrimoniali segnate dal dolore e dal fallimento e dai nuovi rapporti affettivi (propria del foro esterno, cioè del tribunale), non possono essere disgiunte, ma devono camminare insieme, partendo dalla considerazione che occorre tradurre in pratica i criteri che Papa Francesco in Amoris laetitia e noi Vescovi piemontesi nella nostra Nota pastorale abbiamo indicato per un vero discernimento e un’autentica integrazione dei fedeli in situazione familiare ferita”.

Riprendendo l’ultima allocuzione del papa alla Rota romana mons. Nosiglia ha sottolineato l’esigenza di prevenire le nullità matrimoniali precedentemente: “La verità cercata nei processi di nullità matrimoniale non è una verità astratta, avulsa dal bene concreto delle persone. E’ una verità che si integra nell’itinerario umano e cristiano di ogni fedele. E’ un obbligo grave quindi quello di rendere l’operato istituzionale della Chiesa nei tribunali sempre più vicino ai fedeli.

E’ pertanto assai importante che la risposta alle istanze dei fedeli che si rivolgono al tribunale arrivi in tempi ragionevoli, senza che nessuno sia impedito di rivolgersi al tribunale per motivi economici. Sono criteri e sensibilità che questa istituzione ha sempre avuto e siamo chiamati a lavorare insieme per una nuova sensibilità pastorale che deve portare la stessa Chiesa a cercare di prevenire le nullità in sede di ammissione alle nozze e ad adoperarsi affinché i coniugi risolvano i loro eventuali problemi e trovino la via della riconciliazione”.

Nel suo intervento mons. Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria-Rovigo, ha sottolineato l’opera di discernimento da parte del vescovo: “Importante per garantire la serietà del ‘discernimento pastorale’ e la sua congruenza con l’insegnamento della chiesa, è il ruolo del Vescovo. Spetta a lui dare indicazioni ai presbiteri e alle altre guide spirituali: a mio avviso non si tratta solo di ricordare dei principi ed enunciare dei criteri generali, ma di formare alla sensibilità richiesta dalla logica del discernimento e promuovere momenti di confronto e di verifica sulle concrete esperienze.

Non mi sembra invece in linea con le indicazioni di ‘Amoris Laetitia’ che il vescovo avochi a sé il discernimento delle situazioni matrimoniali irregolari o anche solo una fase di esso. Mi sembra infatti che ‘Amoris Laetitia’ presenti l’opera di accompagnamento nel discernimento come un compito ordinario di tutti i presbiteri, aperto anche ai laici più sensibili e preparati. Di conseguenza non vedrei opportuno riservare il discernimento solo ad alcuni presbiteri indicati dal vescovo. Altra cosa è invece segnalare luoghi e presbiteri disponibili per questo servizio”.

Infine don Ettore Signorile, Vicario giudiziale del Tribunale Interdiocesano Piemontese, ha illustrato l’attività svolta nello scorso anno ed ha risposto ad alcune domande sulla visione del matrimonio secondo la Chiesa: “I documenti del magistero della Chiesa, descrivono il matrimonio come un patto coniugale con cui un uomo e una donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole.

Le sue proprietà essenziali sono l’unità e l’indissolubilità. Tra due battezzati, poi, il patto coniugale è sacramento. Questa realtà matrimoniale sorge dal consenso delle parti. Il consenso è l’atto di volontà con cui l’uomo e la donna, con patto irrevocabile, danno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio. Questo patto è indissolubile.

Quando si tratta di un sacramento, cioè di un consenso valido espresso tra due battezzati, nessuna autorità umana può sciogliere questo matrimonio, il cui vincolo è stabilito da Dio. Non è in potere della Chiesa pronunciarsi contro questa disposizione della sapienza divina”.

Si può parlare di annullamento del matrimonio? “Non esiste l’annullamento del matrimonio. Infatti con il termine ‘annullamento’ si indica il togliere valore ed efficacia a un atto che per se stesso possiede questo valore ed efficacia. In riferimento al matrimonio, questo significherebbe che, di fronte a un consenso matrimoniale valido, dal quale è sorta una realtà indissolubile, come il matrimonio nel suo svolgersi, la Chiesa verrebbe meno al suo compito e non rispetterebbe l’indissolubilità del matrimonio.

Quello che comunemente è chiamato ‘annullamento del matrimonio’; in realtà, è una dichiarazione di nullità del matrimonio: la Chiesa dichiara che un matrimonio non è valido. Non scioglie il matrimonio, ma si limita semplicemente a constatare e a dichiarare che il consenso espresso da uno dei due nubendi (o da entrambi), per motivi fondati e provati, non è valido e quel legame non è mai sorto, era soltanto apparente. Il processo consiste nell’accertamento della verità e non può essere una semplice presa d’atto della volontà di chi chiede la dichiarazione di nullità o la somma delle soggettive verità delle parti”.

La dichiarazione di nullità non intacca l’indissolubilità del matrimonio? “Certamente no; anzi, rafforza la consapevolezza della Chiesa e il suo insegnamento circa l’indissolubilità del matrimonio, che se è celebrato validamente è indissolubile. Laddove, però, non ci sia un consenso valido, non c’è neppure un valido matrimonio.

Mentre infatti con la dichiarazione di nullità la Chiesa dichiara che il matrimonio non è mai esistito validamente, perché gravemente viziato all’origine, con il divorzio (non ammesso dalla Chiesa) lo Stato riconosce la volontà dei coniugi di sciogliere il proprio matrimonio. In altri termini la dichiarazione di nullità non è un ‘divorzio cattolico’, perché non scioglie il matrimonio, ma soltanto riconosce il dato di fatto che un matrimonio non è mai esistito validamente.

Se da un lato la Chiesa non può sciogliere ciò che Dio ha unito, dall’altro però non può costringere a rimanere uniti coloro che risultino solo ‘apparentemente’ sposati, perché fin dall’origine esisteva un grave difetto nel loro matrimonio”.

Quali sono le conseguenze per eventuali figli? “L’effetto principale della dichiarazione di nullità consiste nella possibilità per le parti di celebrare validamente un nuovo matrimonio, qualora lo desiderino, accedendo regolarmente a tutti i sacramenti. I figli nati nel corso di un matrimonio dichiarato nullo non hanno conseguenze da questa decisione della Chiesa. Va anche ricordato che nella Chiesa non c’è differenza tra figli nati legittimamente all’interno del sacramento del matrimonio e figli nati al di fuori di questo”.

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