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Luigino Bruni: il Giubileo è una ‘faccenda’ economica e sociale

“Il Giubileo biblico era soprattutto una faccenda economica e sociale. L’annuncio di un anno diverso, straordinario, quando si liberavano gli schiavi, si restituiva la terra ai proprietari originari, si rimettevano i debiti. La parola giubileo proviene dalla parola ebraica Jôbel, il suono del corno di montone con cui si aprivano alcune grandi feste. Ma forse vi è anche una eco di un’altra parola ebraica, jabal, che significava ‘restituire, mandar via’, che sottolinea le dimensioni sociali ed economiche. Il Giubileo era infatti un anno sabbatico al quadrato, che avveniva ogni sette anni sabbatici, quindi ogni 49 anni, arrotondati a 50”.

Con queste parole il prof. Luigino Bruni, docente di economia alla LUMSA di Roma e direttore scientifico di ‘The Economy of Francesco’ e presidente della Scuola di Economia civile, ha aperto l’incontro, nelle settimane scorse, sul giubileo ‘La speranza economica del Giubileo biblico tra passato e futuro’, svoltosi nelle scorse settimane nel complesso cistercense dell’Abbadia di Fiastra, nella diocesi di Macerata, invitato da don Rino Ramaccioni, in collaborazione con l’Azione Cattolica Italiana diocesana, il Sermirr di Recanati ed il Sermit di Tolentino, spiegando il significato di esso: “Per capire il Giubileo cristiano occorre dunque guardare al Giubileo biblico, e per comprendere questo occorre partire dall’anno sabbatico e quindi dallo shabbat, dal sabato. Il luogo della Scrittura fondamentale è il capitolo 25 del Levitico. Lì troviamo i tre pilastri del Giubileo: la terra, i debiti, gli schiavi. Nel Giubileo si dovevano compiere, con maggiore radicalità, i gesti di fraternità umana (debiti e schiavi) e cosmica (terra e piante) che si celebrano ogni sette anni nell’anno sabbatico. In quell’anno speciale la terra deve riposare”.

Anche Gesù si rapporta a tale concetto di giubileo: “Gesù aveva ben presente il Giubileo, come ci ricorda Luca, che ci mostra Gesù appena tornato a Nazareth che nella sinagoga legge il capitolo di Isaia relativo proprio all’anno giubilare: ‘Lo Spirito del Signore è sopra di me… e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore’. Un ‘anno di grazia del Signore’, cioè un anno di liberazione: un anno giubilare. Gesù criticava uno shabbat che stava perdendo profezia per dirci che il Regno dei cieli è uno shabbat perenne, un settimo tempo che diventa tutto il tempo nuovo”.

Allora cosa è il giubileo biblico?

“Il giubileo è la profezia della bibbia di un anno diverso ogni sette anni, cioè sabbatico, ed ogni 50 anni un anno sabbatico al quadrato, in cui si liberavano gli schiavi, si rimettevano i debiti e si ridavano i terreni ai possessori originari. E’ un dispositivo anti idolatrico che c’è nella Bibbia per evitare che l’uomo diventi padrone della storia e delle persone. Quindi non lo abbiamo mai seguito e forse non si è mai fatto nella storia; però possiamo approfittare di questo anno giubilare per ricordarci che l’anno santo non riguarda le ‘colpe’ personali, ma è una faccenda economica, sociale e civile da vivere almeno una volta ogni 25 anni”.

Si può parlare di un ‘umanesimo’ giubilare?

“L’umanesimo biblico aveva tradotto questa dimensione di radicale gratuità del tempo e della terra con la grande legge del sabato e del giubileo, con la cultura del maggese, come si legge nel libro dell’Esodo. Non siamo noi i padroni del mondo. Lo abitiamo, ci ama, ci nutre e ci fa vivere, ma siamo suoi ospiti e pellegrini, abitanti e possessori di una terra tutta nostra e tutta straniera, dove ci sentiamo a casa e viandanti. La terra è sempre terra promessa, mèta di fronte a noi e mai raggiunta. E lo è anche la terra su cui abbiamo costruito la nostra casa, quella del nostro quartiere, quella dove cresce il grano del nostro campo”.

E’ un giubileo che comprende anche la natura?

“Alle radici della cultura biblica del maggese non c’è solo una tecnica saggia e sostenibile di coltivazione della terra. Nell’Esodo il maggese lo troviamo assieme al sabato e al giubileo, ed è quindi espressione di una legge più profonda e generale che riguarda la natura, il tempo, gli animali, le relazioni sociali, è profezia radicale di fraternità umana e cosmica. Puoi usare la terra sei giorni, non il settimo; puoi farti servire dal lavoro di altri uomini per sei giorni, non il settimo. Puoi e devi lavorare, ma non sempre, perché sempre lavoravamo quando eravamo schiavi in Egitto. L’animale domestico lavora sei giorni per te, ma il settimo non è per te. Il forestiero non è forestiero tutti i giorni, nel settimo è persona di casa con e come tutti. C’è una parte della tua terra e della tua ‘roba’ che non è tua, e che devi lasciare all’animale selvatico, allo straniero, al povero. Ciò che hai non è tutto e soltanto per te. Appartiene anche all’altro da te, che non è mai così ‘altro’ da uscire dall’orizzonte del ‘noi’. Tutti i veri beni sono beni comuni”.

Giubileo richiama anche il ‘settimo giorno’ cristiano?

“E’ vero; purtroppo ci siamo lasciati rubare il settimo giorno, lo abbiamo barattato con la cultura del week-end (dove i poveri sono ancora più poveri, gli animali ancora più soggiogati, gli stranieri ancora più stranieri). E la notte del settimo giorno sta inesorabilmente abbuiando gli altri sei. La terra non respira più, e a noi manca la sua aria. Abbiamo il dovere di ridonarle e ridonarci respiro, di ridonarlo ai nostri figli che hanno diritto a vivere in un mondo con un giorno diverso in più, a rifare l’esperienza del dono del tempo e della terra. Lo shabbat è allora caparra di un altro tempo, del ‘settimo tempo’ di Gioacchino da Fiore e dei francescani, di un tempo messianico quando tutto e tutti saremo solo e sempre shabbat”.

Quindi il giubileo è annuncio della liberazione degli schiavi?

“Il giubileo è questo, anche se poi nel mondo cattolico è diventata altra cosa. Mi auguro che questo tempo sia un momento propizio per ricordarci il significato di giubileo. Il giubileo non è una faccenda ‘privata’ di passare le porte e di confessarsi. Il giubileo è molto di più”.

Nella storia i francescani nel 1425, che è anche anno giubilare, crearono i Monti di Pietà ed i Monti frumentari: il giubileo è anche un momento comunitario?

“I Monti frumentari cercavano di arginare all’usura e stiamo riscoprendo in tutta Italia queste ‘banche’ del grano ed in questo giubileo è un occasione per riscoprire l’attenzione economica del giubileo. Senza questa dimensione di gratuità e di rispetto del mistero che siamo, alla vita manca quello spazio di libertà e generosità dove vive l’humus spirituale che fa maturare il ‘già’ nel ‘non-ancora’. E’ il luogo intimo e prezioso della generatività più feconda. E’ lì, nella terra libera perché non ‘messa a reddito’ per noi, dove ci raggiungono le grandi sorprese della vita che la cambiano per sempre, dove nasce la creatività vera”.

(Tratto da Aci Stampa)

Novendiali: Dio non abbandona il popolo

“Il brano del vangelo è noto. Una scena grandiosa dal carattere universalistico: tutti i popoli, che vivono insieme nell’unico campo che è il mondo, sono radunati davanti al Figlio dell’Uomo, seduto sul trono della sua gloria per giudicare. Il messaggio è chiaro: nella vita di tutti, credenti e non credenti, indistintamente, vi è un momento di discrimine: a un certo punto alcuni iniziano a partecipare della stessa gioia di Dio, altri cominciano a patire la tremenda sofferenza della vera solitudine, perché, estromessi dal Regno, restano disperatamente soli nell’anima”: lo ha detto oggi il card. Mauro Gambetti, arciprete della Basilica Vaticana, nell’omelia del quarto novendiale celebrato in suffragio di papa Francesco e affidato ai Capitoli delle basiliche papali.

Però l’appartenenza a Gesù dipende anche dal ‘vedere’: “Nel testo greco il verbo ‘vedere’ è espresso da Matteo con òráo, che significa vedere in profondità, percepire, comprendere. Parafrasando: Signore, quando ti abbiamo ‘capito’, ‘individuato’, ‘qualificato’? La risposta di Gesù lascia intendere che non è la professione di fede, la conoscenza teologica o la prassi sacramentale a garantire la partecipazione alla gioia di Dio, ma il coinvolgimento qualitativo e quantitativo nella vicenda umana dei fratelli più piccoli. E la cifra dell’umano è la regalità di Gesù di Nazaret, che nella sua vita terrena condivise in tutto la debolezza della nostra natura, fino ad essere rifiutato, perseguitato e crocifisso”.

Ed ha ripreso un colloquio del papa con i Gesuiti avvenuto nel 2023 a Lisbona, in cui ha sottolineato l’apertura della Chiesa: “La ‘cristiana umanità’ rende la chiesa casa di tutti. Quanto sono attuali le parole di Francesco pronunciate nel colloquio con i Gesuiti a Lisbona nel 2023: Tutti tutti tutti sono chiamati a vivere nella Chiesa: non dimenticatelo mai!

Come riportano gli Atti degli Apostoli, Pietro lo aveva asserito chiaramente: In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”.

Per questo è necessaria percorrere la via della globalizzazione con un rimando a santa Caterina da Siena: “Il brano della prima lettura è la conclusione dell’incontro di Pietro con dei pagani, Cornelio e la sua famiglia (At 10); un episodio che, in un’epoca globalizzata, secolarizzata e assetata di Verità e di Amore come la nostra, attraverso l’atteggiamento di Pietro addita la via dell’evangelizzazione: l’apertura all’umano senza riserve, l’interessamento gratuito agli altri, la condivisione del vissuto e l’approfondimento per aiutare ogni uomo e ogni donna a dare credito alla vita, alla grazia creaturale, e, quando vedranno che piace a Dio (direbbe san Francesco d’Assisi), l’annuncio del vangelo, ovvero il rivelarsi dell’umanità divina di Gesù nella storia, per chiamare le genti alla fede in Cristo, ‘folle d’amore’ per l’uomo, come insegna santa Caterina da Siena di cui ricorre oggi la festa in Italia. Allora potrà dispiegarsi per tutti il pieno valore della professione di fede, della sana teologia e dei sacramenti che arricchiscono di ogni grazia la vita nello spirito”.

Mentre ieri il vicario della diocesi di Roma, card. Baldassare Reina, ha riflettuto sul pastore: “Pecore senza pastore: una metafora che ci permette di ricomporre i sentimenti di questi giorni, e di attraversare la profondità dell’immagine che abbiamo ricevuto dal Vangelo di Giovanni, il chicco di grano che deve morire per dare frutto. Una parabola che racconta l’amore del pastore per il suo gregge”.

Le pecore sono alla ricerca del proprio pastore: “Attorno a Lui ci sono gli apostoli che gli riferiscono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Le parole, i gesti, le azioni apprese dal Maestro, l’annuncio del regno del Dio veniente, la necessità del cambiamento di vita, uniti a segni capaci di dare carne alle parole: una carezza, una mano tesa, discorsi disarmati, senza giudizi, liberatori, non timorosi del contatto con l’impurità. Nel compiere questo servizio, necessario a risvegliare la fede, a suscitare speranza che il male presente nel mondo non avrebbe avuto l’ultima parola, che la vita è più forte della morte, non avevano avuto neanche il tempo di mangiare. Gesù ne avverte il peso, e questo ci conforta ora”.

Un pastore che mostra misericordia per le pecore disperse: “La compassione di Gesù è quella dei profeti che manifestano la sofferenza di Dio nel vedere il popolo disperso e abusato dai cattivi pastori, dai mercenari che si servono del gregge, e che fuggono quando vedono arrivare il lupo. Ai cattivi pastori non gliene importa nulla delle pecore, le abbandonano nel pericolo, e per questo saranno rapite e disperse. Mentre il pastore buono offre la vita per le sue pecore”.

Però anche in tempi difficili Dio non abbandona il popolo: “Ci sono tempi come il nostro in cui, come l’agricoltore a cui fa riferimento il salmista, seminare diventa un gesto estremo, mosso dalla radicalità di un atto di fede. E’ tempo di carestia, il seme gettato sulla terra è quello sottratto all’ultima scorta senza la quale si muore. Il contadino piange perché sa che questo ultimo atto gli sta chiedendo di mettere a rischio la vita.

Ma Dio non abbandona il suo popolo, non lascia soli i suoi pastori, non permetterà come per il Figlio che Egli sia abbandonato nel sepolcro, nella tomba della terra. La nostra fede custodisce la promessa di una mietitura gioiosa ma che dovrà passare dalla morte del seme che è la nostra vita.

Quel gesto estremo, totale, estenuante, del seminatore mi ha fatto ripensare al giorno di Pasqua di papa Francesco, a quel riversarsi senza risparmio nella benedizione e nell’abbraccio al suo popolo, il giorno prima di morire. Ultimo atto del suo seminare senza risparmio l’annuncio delle misericordie di Dio. Grazie papa Francesco”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: acqua, cibo e terra sono alla base della vita

“Desidero porgere i miei saluti a tutti i partecipanti a questo incontro e spero che possa essere uno spazio significativo di dibattito, studio e riflessione sulle priorità, le preoccupazioni e le giuste aspirazioni delle comunità indigene”: così ha scritto papa Francesco nel messaggio inviato agli Organizzatori e Partecipanti al VII Foro dei Popoli Indigeni, in corso a Roma fino a domani sul tema ‘Il diritto dei popoli indigeni all’autodeterminazione: un percorso verso la sicurezza alimentare e la sovranità’, a cui ha preso parte monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam, che ha letto durante i lavori il messaggio del Pontefice indirizzato a Myrna Cunningham, presidente del Comitato direttivo del Forum.

Nel messaggio il papa ha sottolineato che il tema proposto è un invito a non sottovalutare il contributo dei popoli indigeni: “Il tema scelto, Il diritto dei popoli indigeni all’autodeterminazione: una via verso la sicurezza alimentare e la sovranità, ci invita a riconoscere il valore dei popoli indigeni, così come l’eredità ancestrale di conoscenze e pratiche che arricchiscono positivamente la grande famiglia umana, colorandola con i diversi aspetti delle loro tradizioni. Tutto ciò rivela un orizzonte di speranza nel tempo presente, segnato da sfide intense e complesse e non poche tensioni”.

Quindi il papa ha denunciato il continuo depauperamento di terre da parte delle multinazionali: “La difesa del diritto a preservare la propria cultura e identità passa necessariamente dal riconoscimento del valore del proprio contributo alla società e dalla salvaguardia della propria esistenza e delle risorse naturali di cui necessitano per vivere. Qualcosa che è seriamente minacciato dal crescente accaparramento di terre da parte di multinazionali, grandi investitori e Stati. Si tratta di pratiche che causano danni e minacciano il diritto delle comunità a una vita dignitosa”.

Per questo la terra, insieme all’acqua ed al cibo, non sono merci, invitando a difendere i diritti: “Terra, acqua e cibo non sono semplici merci, ma la base stessa della vita e del legame di queste persone con la natura. Difendere questi diritti non è quindi solo una questione di giustizia, ma anche la garanzia di un futuro sostenibile per tutti. Ispirati dal senso di appartenenza alla famiglia umana, possiamo garantire alle generazioni future un mondo in armonia con la bellezza e la bontà che hanno guidato le mani di Dio nel crearlo”.

Ed in conclusione ha pregato i governanti a garantire questi diritti essenziali alla vita: “Prego Dio Onnipotente affinché questi sforzi portino frutto e servano da ispirazione a quanti sono a capo delle nazioni, affinché siano adottate misure appropriate per garantire che la famiglia umana cammini unita nella ricerca del bene comune, affinché nessuno sia escluso o lasciato indietro”.

(Foto di repertorio: Santa Sede)

XXXII Domenica Tempo Ordinario: Grazie, Dio grande e misericordioso!

Oggi la Chiesa celebra in tutto il mondo la 74^ Giornata di ringraziamento a Dio; tale ricorrenza ci sollecita a riconoscere il  creato e le sue ricchezze come dono di Dio all’uomo, creato a sua immagine; da qui il canto: ‘Laudato sii, o mio Signore’. E’ doveroso essere riconoscenti al Signore per i frutti della terra e del lavoro dell’uomo; da qui il dovere del rispetto  dell’ambiente naturale, risorsa preziosa affidata alla  responsabilità dell’uomo.

Da qui la necessità  di educare al consumo  più saggio e responsabile, promuovere la responsabilità personale in ordine alla dimensione sociale dell’uomo, fondata sull’accoglienza, la solidarietà,  la condivisione perchè a nessuno manchi il lavoro, il pane, l’acqua  e tutte le altre risorse  primarie, veri beni universali offerti da Dio all’uomo per il bene i tutti. Dal brano del Vangelo ascoltato si evidenzia come Gesù guarda e critica in modo forte quanto avviene attorno a Lui.

Aspramente evidenzia il comportamento degli scribi e dei farisei ed esorta i Suoi dicendo: ‘Guardatevi dagli Scribi e dai Farisei, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi  nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo solo per farsi vedere’. Ciò che Gesù critica è la loro arroganza, ambizione, desiderio di essere serviti, onorati e persino venerati. Gesù li paragona a sepolcri imbiancati, belli di fuori e fradici di dentro.

Gli Scribi e i Farisei erano gente che amavano apparire davanti al popolo come osservanti scrupolosi della legge; gente che si preoccupava di apparire osservante della legge ma dentro, diceva Gesù, sono veri lupi rapaci.  La loro vita è solo colma di ipocrisia: divorano il sangue della gente, vere sanguisughe dei poveri e pensano solo al loro portafogli.

Mentre Gesù stava seduto di fronte al tesoro del Tempio, dove la gente entrando gettava monete, evidenzia ai suoi discepoli come molti ricchi signori gettano grosse monete per attirare l’attenzione dei presenti; all’improvviso entrò nel Tempio una povera vedova e gettò nel Tesoro solo pochi spiccioli, frutto di risparmi e sacrifici. Gesù subito chiama i Suoi lodando questa che nella sua povertà era stata la più generosa davanti a Dio.

Gli altri avevano gettato nel tesoro del Tempio ‘parte del loro superfluo’, la vedova nella sua indigenza aveva gettato quanto aveva per vivere. Dio non guarda la quantità ma guarda il cuore. Agli occhi di Gesù quella vedova incarna una logica diversa, quella del Vangelo. Dio legge nel cuore e non sta a pesare l’offerta. Gesù invita ad imitare la povera vedova perchè ogni offerta a Dio deve essere solo espressione di amore e di sacrifici offerti a Dio.

Non fare nulla per essere visto, ammirato, additato; non basare mai la vita sull’apparenza, sull’esteriorità, nè su quello che pensa o potrà pensare la gente; preoccuparsi piuttosto di quello che pensa Dio, che legge nel cuore della sua gente. Verità e mai ipocrisia se vogliamo essere grati a Dio: non sappia la tua destra quello che compie la tua sinistra: aspetta solo da Dio la giusta ricompensa.  

Guardarsi sempre da quanti usano la religione per curare i propri affari sfruttando i poveri e gli ingenui. Tutte le parole che finiscono con gli ‘ismo’ sono pericolosi;  noi diremmo oggi. guardatevi anche dal ‘clericalismo’: da coloro i quali anche  oggi – sacerdoti o laici –  vorrebbero usare la religione per curare i propri affari politici o sociali sfruttando i poveri e gli ingenui. Gesù ancora oggi ci invita a guardare il gesto della povera vedova. 

Ringrazia sempre Dio per quello che sei, per quello che hai ricevuto dalla bontà divina; ama Dio e il prossimo in nome di Dio e sarai veramente felice. Oggi è la giornata del ringraziamento: con l’episodio della vedova povera Gesù non propone un modello di generosa carità, ma va oltre perchè ci insegna ad avere sempre immensa fiducia in Dio creatore e padre, sicuri che Dio non abbandona mai i suoi figli perchè figli dell’amore. La Vergine Maria, madre di Gesù e nostra, ci accolga sotto il suo manto e ci guidi nel nostro cammino di vita e di testimonianza cristiana.

La terra è a rischio

L’Earth day, la Giornata della Terra, è il giorno in cui si celebrano l’ambiente, le risorse naturali e la salvaguardia del pianeta Terra, nata il 22 aprile 1970. Quel giorno, parallelamente all’Earth day, nasceva anche quello che oggi è diventato il moderno movimento ambientalista.  Il movimento, che vide la luce negli Stati Uniti, contò circa 20.000.000 di cittadini americani che si mobilitarono in una storica manifestazione in difesa dell’ambiente.

Dopo 54 anni l’Earth day acquista ancora più significato: mai come oggi è di fondamentale importanza rivedere e ripensare il nostro rapporto col pianeta. Un pianeta dalle risorse finite, con ecosistemi sempre più sottopressione e con i cicli naturali che stanno cambiando in maniera così rapida, da non essere in grado di sapere quali saranno le conseguenze nel medio e lungo periodo.

E secondo Coldiretti il consumo di suolo fertile brucia in Italia € 1.000.000.000 di cibo all’anno, con cementificazione e fotovoltaico selvaggio che erodono migliaia di ettari di terreni agricoli aggravando la dipendenza alimentare dall’estero.

Guerre e pandemia non hanno fermato il consumo di suolo che, secondo l’ultimo rapporto Ispra, anzi, ha accelerato arrivando a ‘cancellare’ 76,8 km quadrati ettari di terreni, alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo. Un dato in aumento del 10% rispetto all’analisi precedente e che ci dicono che,  complessivamente, le superfici occupate ammontano a poco meno di 2.200.000 di ettari (il 7,14 % del totale nazionale):

“Ai danni causati dalla cementificazione, si stanno aggiungendo quelli del fotovoltaico selvaggio con la copertura di intere aree agricole produttive con distese di ettari di pannelli a terra. Impianti spesso realizzati da fondi di investimento speculativi e resi possibili da un far west normativo che deriva dall’assenza di regole di governo del territorio”.

La provincia di Viterbo rappresenta un caso simbolo, dove gli agricoltori della Coldiretti stanno lottando contro la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra e di pale eoliche in una situazione in cui quasi la metà della superficie agricola utilizzata in provincia è stata già occupata dai pannelli:

“L’erosione di terreni fertili mette oggi a rischio la sovranità alimentare del Paese ed è necessario invertire la rotta, mettendo finalmente dei paletti al fotovoltaico selvaggio. Un altro passo essenziale è accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”.

Per tale motivo la terra resta un richiamo irresistibile per oltre 6 italiani su dieci (61%) che a primavera dedicano parte del tempo libero alla cura di orti, giardini, balconi e terrazzi per garantirsi frutta, verdura e aromatiche da portare in tavola o fiori per abbellire la propria casa.

La forma di coltivazione più diffusa è quella nell’orto o nel giardino, seguita a breve distanza dai terrazzi e dai balconi, soprattutto nelle grandi città, dove c’è anche chi deve accontentarsi del davanzale della finestra. Una minoranza si mette al lavoro in uno degli orti pubblici messi a disposizione dalle amministrazioni locali. In Italia occupano circa 2.000.000 di metri quadrati, secondo l’analisi Coldiretti sugli ultimi dati Istat:

“Ma ci sono anche molti italiani che non si accontentano e hanno a disposizione almeno un ettaro di terreno a uso familiare. Si tratta in larga maggioranza di famiglie che hanno ereditato aziende o pezzi di terreno da genitori e parenti dei quali hanno voluto mantenere la proprietà per esercitarsi nel ruolo di coltivatori e allevatori, piuttosto che venderli come accadeva spesso nel passato.

E c’è anche chi ha acquistato terreni o piccole aziende agricole anche in aree svantaggiate per ristrutturarle e avviare piccole attività produttive, dall’olio al vino, dall’allevamento delle galline a quello dei cavalli”.

E non è un costo esoso realizzare un giardino: “L’investimento per realizzare un orto tradizionale in giardino si può stimare intorno ad € 300 per 20 metri quadrati ‘chiavi in mano’ per acquistare terriccio, vasi, concime, attrezzi, reti per delimitare le coltivazioni, sostegni vari, sementi e piantine. Individuare lo spazio giusto e, la stagionalità, conoscere la terra di cui si dispone, scegliere attentamente semi e piantine a seconda del ciclo e garantire la disponibilità di acqua sono alcune delle regole fondamentali per ottenere buoni risultati”.

Inoltre un recente studio di ActionAid ha rivelato che i finanziamenti privati alle cause della crisi climatica superano di 20 volte gli investimenti pubblici nelle soluzioni per contrastarla. Nei 7 anni successivi all’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, le principali banche private mondiali hanno investito complessivamente $ 3.200.000.000 nell’espansione dei combustibili fossili, mentre altri $ 370.000.000.000 sono stati destinati sotto forma di prestiti e garanzie all’agricoltura industriale.

Antonio Caschetto: in Quaresima con ‘Laudate Deum’

“Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti”.

Così inizia l’esortazione apostolica ‘Laudate Deum’ di papa Francesco, nella quale si ritrova alcuni  temi principali delle sue due encicliche precedenti, ‘Laudato sì’ e ‘Fratelli tutti’: l’urgenza di affrontare la crisi sociale e ambientale, l’ascolto della scienza, la critica al paradigma tecnocratico, la volontà di costruire un ‘noi’ in grado di prendersi cura della casa comune, mediante il lavoro delle istituzioni internazionali e il protagonismo della società civile. 

A Macerata la scuola missionaria della diocesi ha invitato l’architetto Antonio Caschetto, Pojecct Manager del Centro ‘Laudato Sì’ ed Advisor del Programma Globale dei Circoli ‘Laudato sì’, a cui abbiamo chiesto di spiegarci il motivo per cui papa Francesco invita a lodare Dio: “E’ nella natura dell’uomo essere creatura ed è dovere di ognuno di noi lodare il Signore attraverso le sue creature”.

Quali sono le motivazioni spirituali dell’enciclica ‘Laudate Deum’?

“L’enciclica è un documento molto pratico, perché è un invito alla transizione ecologica in maniera chiara; però all’interno di essa ci sono motivazioni spirituali molto forti, che attingono alla tradizione della Chiesa ed ai documenti del magistero. Il papa ribadisce in questo documento queste motivazioni spirituali. Con diverse citazioni da ‘Laudato sì’, è richiamata la comprensione biblica del mondo come creazione e possesso esclusivo di Dio, l’atteggiamento di Gesù che sapeva cogliere nel mondo la bellezza seminata dal Padre e la presenza del Risorto che avvolge il mondo materiale. Viene rimarcata l’opposizione tra la fede che ci fa sentire uniti alle altre creature e il paradigma tecnocratico che ci isola dalle realtà circostanti”.

Ad Assisi nascerà nel mese di maggio il Centro ‘Laudato Sì’: di cosa si tratta?

“L’idea è quella di rendere Assisi un luogo di promozione dell’ecologia integrale attraverso il ‘Cantico delle creature’ ed attraverso il creato, perché la città parla con una spiritualità particolare. Con la collaborazione della diocesi e con i francescani cerchiamo di portare avanti questi temi. Consentirà, a tutti coloro che operano nell’ambito dell’ecologia integrale e ai pellegrini in visita ad Assisi, di vivere i luoghi francescani con attività di formazione, incontro e spiritualità nel creato”.

Cosa sono i ‘luoghi Laudato sì’?

“Tutto il Movimento ‘Laudato Sì’, e coloro che hanno a cuore l’ecologia integrale, vedono in Assisi un punto di riferimento. Il cammino sinodale svolto in questi anni con la diocesi di Assisi, con i francescani, con le religiose e i religiosi, i laici, la Pro Civitate Christiana, il FAI ed il Comune, ci ha suggerito di proporre un ‘ecosistema di luoghi’ che possano rappresentare per i pellegrini e per i visitatori opportunità di sensibilizzazione, di formazione e spiritualità. ‘Terra Laudato Sì’ nasce dal desiderio di vivere luoghi dell’incontro nella città del Poverello. Soprattutto il nostro desiderio è che siano luoghi di incontro tra persone in contatto in varie parti di Italia e del mondo, ma anche luogo di incontro con Dio che ci parla attraverso il creato. San Francesco può essere un ottimo modello per entrare in dialogo con Dio attraverso questo linguaggio”.

A maggio si terrà anche la ‘Settimana Laudato Sì’ sul tema della speranza: di cosa si tratta?

“Questa settimana si celebra a fine maggio per ricordare la pubblicazione dell’enciclica, fatta il 24 maggio 2015. Non è solo un ricordo, ma un modo per attivarsi concretamente. Quest’anno il tema è la speranza. E’ molto bello, perché la Santa Sede invita tutte le comunità a camminare insieme ed a prendere impegni concreti per la tutela dell’ambiente. La speranza è uno strumento che ci consente di superare la legge naturale del decadimento. La speranza ci è data da Dio come protezione e guardia contro la futilità. Solo attraverso la speranza possiamo realizzare in pienezza il dono della libertà. Libertà di agire non solo per raggiungere divertimento e prosperità, ma per raggiungere la fase in cui siamo liberi e responsabili”.

Per quale motivo sperare per la terra è sperare per l’umanità?

“La speranza è quell’ancora che dà senso alla vita. Molto spesso il mondo sembra dirci che non abbiamo speranza; invece abbiamo bisogno di riprendere quest’ancora con maggior consapevolezza. C’è una frase comunemente attribuita a sant’Agostino che dice: ‘La speranza ha due belle figlie; i loro nomi sono Rabbia e Coraggio. Rabbia per come stanno le cose e coraggio di vedere che non rimangano come sono’. Mentre assistiamo alle grida e alle sofferenze della terra e di tutte le creature, lasciamo che la santa rabbia ci spinga verso il coraggio di essere fiduciosi e attivi per la giustizia. Crediamo che l’incarnazione del Figlio di Dio offra una guida che ci consenta di affrontare questo mondo inquietante. Dio è con noi nel tentativo di rispondere alle sfide del mondo in cui viviamo”.

Con mercoledì delle ceneri è iniziato il tempo quaresimale: cosa propongono i circoli ‘Laudato sì’ per vivere questo tempo?

“A livello internazionale il movimento propone un cammino con l’invito a fermarsi ad ascoltare. E’ un invito a rallentare i ritmi della propria vita ed a vivere nel creato la quaresima come tempo di ascolto attraverso un impegno concreto per un mondo migliore. Lo facciamo con la preghiera e con l’aiuto dei sussidi, che sono inviati quotidianamente attraverso whattsap a chi si iscrive nel sito del movimento”.

La Giornata del Ringraziamento nello stile cooperativo

“La Festa del Ringraziamento ha radici molto antiche e vuole valorizzare l’importanza del mondo agricolo attraverso un momento di riflessione e preghiera comune. La Giornata nazionale è itinerante e quest’anno è toccato a Vercelli l’onore di ospitarla. La celebrazione in cattedrale di domenica saraà preceduta da un convegno che si terrà nel salone dell’Istituto Sacro Cuore di corso Italia”:

Presentata l’enciclica ‘Laudate Deum’

Dopo la pubblicazione dell’esortazione ‘Laudato Sì’ nei giorni scorsi è stata presentata l’esortazione apostolica ‘Laudate Deum’, pubblicata nel giorno della festa di san Francesco d’Assisi dal premio Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi, dall’attivista ambientale indiana Vandana Shiva, dal fondatore di ‘Slow food’ Carlo Petrini, che insieme ad altri ambientalisti e studiosi hanno partecipato alla conferenza organizzata dalla Sala Stampa Vaticana e dal Dicastero per la comunicazione sul tema: ‘Laudate Deum: voci e testimonianze sulla crisi climatica’.

Papa Francesco: solo Cristo disseta

“La Messa è azione di grazie, ‘Eucaristia’. Celebrarla in questa terra mi ha fatto ricordare la preghiera del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin, elevata a Dio esattamente 100 anni fa, nel deserto di Ordos, non molto lontano da qui… Padre Teilhard era impegnato in ricerche geologiche. Desiderava ardentemente celebrare la Santa Messa, ma non aveva con sé né pane né vino. Ecco, allora, che compose la sua ‘Messa sul mondo’, esprimendo così la sua offerta: ‘Ricevi, o Signore, questa Ostia totale che la Creazione, mossa dalla tua attrazione, presenta a Te nell’alba nuova’. E una preghiera simile era già nata in lui mentre si trovava al fronte durante la Prima guerra mondiale, dove operava come barelliere”.

Ad Amelia ‘Madre Terra, Sorelle Stelle’

Dal 1 al 10 settembre avrà luogo ad Amelia la terza edizione del festival ‘Madre Terra, Sorelle Stelle’, dedicato a temi culturali, scientifici ed artistici essenzialmente incentrati sull’ecologia integrale, la ricerca scientifica, l’astronomia e il dialogo fra scienza e fede.

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