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Papa Francesco: la Grazia è un dono

“Ci sono due segni che caratterizzano questa celebrazione: il primo è la tradizionale “nevicata”, che avverrà tra poco, durante il Magnificat; il secondo è l’icona della Salus populi romani. Questi due segni, ben interpretati, ci possono aiutare a cogliere il messaggio della Parola di Dio che abbiamo pregato nei salmi e ascoltato nella Lettura”: lo ha detto papa Francesco nell’omelia durante la celebrazione dei Secondi Vespri nella Solennità della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore.

Infatti oggi si festeggia si festeggia la Dedicazione di questa Basilica ed una tardiva ‘leggenda’ narra che la Madonna, apparendo nella stessa notte del 5 agosto del 352 a papa Liberio ed a un patrizio romano, li avrebbe invitati a costruire una chiesa là dove al mattino avrebbero trovato la neve. Il mattino del 6 agosto una prodigiosa nevicata, ricoprendo l’area esatta dell’edificio, avrebbe confermato la visione, inducendo il papa e il ricco patrizio a metter mano alla costruzione del primo grande santuario mariano, che prese il nome di Santa Maria ‘ad nives’, della neve.

Poco meno di un secolo dopo, papa Sisto III, per ricordare la celebrazione del concilio di Efeso (431) nel quale era stata proclamata la maternità divina di Maria, ricostruì la chiesa nelle dimensioni attuali. La celebrazione liturgica della Dedicazione della basilica è entrata nel calendario romano nell’anno 1568.

Però se tale avvenimento è folclore oppure valore simbolico dipende dalla sensibilità di ciascuno, ha affermato il papa: “Dipende da noi, da come la percepiamo e dal senso che le diamo. Tutti sappiamo che essa rievoca il fenomeno prodigioso che indicò a papa Liberio il luogo dove costruire la primitiva basilica. Il fatto però che questo segno venga ripetuto nella ricorrenza della solennità odierna, all’interno della Basilica e durante la liturgia, invita a leggerlo piuttosto in chiave simbolica”.

Ma in questi casi è  importante lasciarsi guidare dalla Bibbia: “Qui il sapiente evidenzia il duplice sentimento che il fenomeno naturale suscita nell’animo umano: ammirazione e stupore. Vedendo scendere la neve, ‘l’occhio ammira’ ed ‘il cuore stupisce’. E questo ci orienta nell’interpretazione del segno della nevicata: essa può essere intesa come simbolo della grazia, cioè di una realtà che unisce la bellezza e la gratuità”.

E la Grazia è un dono: “E’ qualcosa che non si può meritare, né tanto meno comprare, si può solo ricevere in dono, e come tale è anche del tutto imprevedibile, proprio come una nevicata a Roma in piena estate. La grazia suscita ammirazione e stupore. Non dimentichiamo queste due parole: capacità di ammirare e capacità di stupirsi. E queste due capacità non dobbiamo perderle, perché entrano nell’esperienza della nostra fede”.

L’altro segno è dato dall’icona mariana della Basilica: “In essa la grazia acquista pienamente la sua forma cristiana nell’immagine della Vergine Madre col Bambino. La Santa Madre di Dio. Qui la grazia appare nella sua concretezza, spogliata di ogni rivestimento mitologico, o magico, o spiritualistico, sempre in agguato nella religione. Nell’Icona c’è solo l’essenziale: Donna e Figlio, come nel testo di San Paolo che abbiamo ascoltato poco fa: ‘Dio mandò il suo Figlio, nato da donna’.

La Donna è la piena di grazia, concepita senza peccato, immacolata come la neve appena caduta… Il Bambino regge il Libro Santo col braccio sinistro e col destro benedice; e la prima benedetta è lei, la Madre, la Benedetta fra tutte le donne. Il suo manto scuro lascia risaltare la veste dorata del Figlio: in Lui solo abita tutta la pienezza della divinità; lei, a viso scoperto, riflette la sua gloria”.

E’ un invito al popolo romano di guardare bene la Madonna: “Per questo il popolo fedele viene a chiedere la benedizione alla Santa Madre di Dio, perché lei è la mediatrice della grazia che sgorga sempre e solo da Gesù Cristo, per opera dello Spirito Santo. Specialmente nel corso del prossimo anno, Anno Santo del Giubileo, moltissimi saranno i pellegrini che verranno in questa Basilica a chiedere la benedizione alla Madre”.

Tale preghiera è un invito ad invocare l’intercessione per la pace: “Oggi, noi siamo qui radunati come una specie di avanguardia, e invochiamo la sua intercessione per la città di Roma, la nostra città, e per il mondo intero, specialmente per la pace: la pace che è vera e duratura solo se parte da cuori pentiti e da cuori perdonati; il perdono fa la pace, perché è l’atteggiamento tanto nobile del Signore, perdonare; la pace che viene dalla Croce di Cristo, dal suo Sangue, che Egli prese da Maria ed effuse in remissione dei peccati”.

(Foto: Santa Sede)

Debora Vezzani racconta l’amore per san Giuseppe

“Salve, custode del Redentore, e sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo. O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen”: è la preghiera che conclude la lettera apostolica ‘Patris corde’, che papa Francesco ha scritto nel 2020 per ricordare i 150 anni della dichiarazione di san Giuseppe patrono della Chiesa universale.

Gli ortodossi celebrano la dormizione della Madre di Dio

La Madonna è chiamata con il termine di ‘Theotokos’, cioè Colei che genera Dio, appellativo che le venne conferito il 22 giugno 431 durante il concilio di Efeso, riunito per discutere la teoria del patriarca di Costantinopoli Nestorio. Questi affermava che non si poteva chiamare Maria con il titolo di Madre di Dio ma solo con quello di Madre di Cristo (Christotokos).

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